Premetto che ero a cena fuori quindi fortunatamente ho perso almeno l'inizio. Che noia questi Oscar 2019. Decisamente sottotono.
I film che mi sono rimasti più impressi quest'anno (First Reformed, The Wife, Spider-man Into The Spider-verse e soprattutto il texanissimo Blaze) o non erano in gara o non hanno ricevuto grande attenzione.
Mi sono ripresa un attimo dal torpore durante Shallow di Lady Gaga e Bradley Cooper. Era successa la stessa cosa anche durante il film, in effetti.
Mi è piaciuto anche quando Diego Luna, in quello che è sembrato un fuori programma, riferendosi al fatto che Javier Bardem avesse presentato in spagnolo, ha detto, sempre in spagnolo:
- Adesso si può parlare spagnolo agli Oscar. Ci hanno aperto la porta e non ci cacciano più via.
Qui non solo tanti s'infastidiscono quando lo sentono, ma tanti si sentono perfino in imbarazzo a parlarlo lo spagnolo. Ascoltarlo su un palco così importante, potrebbe contribuire a cambiare un po' la percezione? Magari.
La premiazione di Spike Lee è stato un altro momento speciale della serata. Ecco lì, mi sono proprio risvegliata e ho cominciato ad applaudire con una pazza da sola.
Ha detto:
"Le presidenziali sono dietro l'angolo, mobilizziamoci. Mettiamoci dalla parte giusta della storia, facciamo una scelta morale fra odio e amore. Facciamo la cosa giusta!"
Il mio applauso è partito sull'autoreferenzialissimo Do the Right Thing. Per il resto era un messaggio intelligente sì, ma anche ovvio. E infatti stamattina Trump che non deve averci capito molto, ha twittato che era un attacco razzista contro di lui. Boh. E' sempre più difficile capire dove prenda certe idee. Ed è difficile ancora di più capire come un presidente che ha appena dichiarato uno stato di emergenza nazionale possa trovare il tempo di seguire la Notte degli Oscar e di twittare.
Comunque, la cosa che mi ha appassionato di più dell'edizione di quest'anno, è tutta la polemica intorno a Roma di Alfonso Cuarón. E' una polemica che non è nei media dove sembra che tutti più o meno concordino nel giudizio positivo, ma fra i messicani che conosco.
Lo avete visto? E' la storia della tata indigena del regista. E' importante perchè è la prima volta che un personaggio simile è protagonista.
L'attrice indigena che interpreta questo ruolo, Yalitza Aparicio, ha ricevuto una nomination come migliore attrice protagonista ed è un po' ovunque. Ha posato perfino per la copertina di Vogue Mexico che in passato, ha sempre puntato su modelle straniere.
Ho un'amica messicana che ha gli stessi tratti indigeni della Aparicio e di discriminazione ne sa qualcosa. Immaginavo che le avrebbe fatto piacere vedere finalmente apprezzata la bellezza di una donna che le somiglia. Invece, dalla sua bocca sono uscite solo critiche. Per lei non meritava la nomination. Secondo lei e altri messicani con cui ho parlato il personaggio della tata indigena, non ha detto abbastanza battute. Recitare non è solo una questione di lunghezza del copione, ma loro giudicano tutto il film in generale una furbata opportunistica che sfrutta la storia di queste domestiche indigene per celebrare l'esperienza autobiografica del regista messicano bianco e pieno di privilegi dalla nascita.
Ho ascoltato il regista e mi sembra che abbia raccontato questa storia proprio perchè comprende l'ingiustizia e il suo privilegio, ma chissà quante cose ci sono dietro le quinte. Di sicuro sono temi scottanti per i messicani.
Mi ha ricordato un po' quanto anche noi avessimo tutti il coltello fra i denti per la vittoria de La Grande Bellezza di Sorrentino nel 2013.
Può darsi che avessi già passato troppi anni all'estero perchè davvero non ho mai capito in che modo un film del genere avesse potuto suscitare tanta negatività in Italia. Tanti si sentirono offesi, ma ripensandoci adesso, quell'Italia lì, quella che si vedeva nel film, alla fine è proprio quella che ha vinto.
P.S. Lascio questi due link per gli appassionati di storia del cinema e tensioni razziali negli Stati Uniti.
Un articolo del Vanity Fair americano e un podcast del New York Times.
Trent'anni fa, il film a basso costo Do the Right Thing (Fa' la Cosa
Giusta) di Spike Lee, ottenne a sorpresa un successo enorme.
(Una chicca: il protagonista era Giancarlo Esposito che avremmo apprezzato moltissimi anni dopo in Breaking Bad)
Do the Right Thing non venne nemmeno candidato come miglior film. E ancora peggio: quell'anno vinse Driving Miss Daisy (A spasso con Daisy), che offese molti per la sua superficialità nel trattare la tematica del razzismo in America.
Si può capire allora, come sia stato emozionante sentire Spike Lee citare il suo film 30 anni dopo mentre finalmente riceve il suo Oscar.
Si può capire anche quanto sia avvilente che 30 anni dopo abbia vinto The Green Book che è praticamente un nuovo Driving Miss Daisy.
P.S. Lascio questi due link per gli appassionati di storia del cinema e tensioni razziali negli Stati Uniti.
Un articolo del Vanity Fair americano e un podcast del New York Times.
Trent'anni fa, il film a basso costo Do the Right Thing (Fa' la Cosa
Giusta) di Spike Lee, ottenne a sorpresa un successo enorme.
(Una chicca: il protagonista era Giancarlo Esposito che avremmo apprezzato moltissimi anni dopo in Breaking Bad)
Do the Right Thing non venne nemmeno candidato come miglior film. E ancora peggio: quell'anno vinse Driving Miss Daisy (A spasso con Daisy), che offese molti per la sua superficialità nel trattare la tematica del razzismo in America.
Si può capire allora, come sia stato emozionante sentire Spike Lee citare il suo film 30 anni dopo mentre finalmente riceve il suo Oscar.
Si può capire anche quanto sia avvilente che 30 anni dopo abbia vinto The Green Book che è praticamente un nuovo Driving Miss Daisy.
7 commenti:
Sai, di solito apprezzo i tuoi post, ma questa volta presa dalla solita foga di criticare il paese che ti ospita hai dimenticato di includere un dettaglio importantissimo di questi Oscar 2019: l'Oscar per migliore attore a Rami Malek, figlio di immigrati egiziani, first generation American, hard working parents, tutti e 3 i figli in college con grandi prospettive per il futuro, la perfetta dimostrazione che l'American Dream è reale e alla portata di tutti. Una grande storia, in questi tempi in cui l'immigrazione è un tema tanto caldo. Eppure non ha fatto tanta notizia, rispetto per esempio al discorso banale e prevedibilissimo di Spike Lee. Perché? Avrebbe potuto essere un cavallo di battaglia ideale per la sinistra. Invece niente. Perfino l'Huffington Post ha fatto finta di niente. Forse fosse stato mussulmano? O per lo meno entrato illegalmente...
Scusa, Bean ma ognuno si emoziona per quello che crede. Mi fa piacere. Bravissimo, buon per lui, ma a me tutta quell'operazione lì non ha detto molto per cui fra i momenti salienti, non mi è venuto in mente quello. Forse il motivo per cui non vedi tutto l'entusiasmo che ti aspettavi è che, bravo lui, ma il film non ha convinto la critica. Senza considerare poi che c'è stato anche tutto quello scandalo legato al regista che come avrai notato, non è mai stato nominato.
Bean: Un'ultima cosa perchè questo tuo commento mi ha lasciato abbastanza basita.
Scrivi "discorso banale e prevedibilissimo di Spike Lee".
Allora:
1. Spike Lee nel 1989 fece un film a bassissimo costo che ottenne un enorme successo 'Do the right thing" e non solo quel film non fu nominato come 'best picture' ma quell'anno vinse Driving Miss Daisy un altro film sulle tensioni razziali in America che indignò per la sua superficialità.
2. Il suo citare 'do the right thing' è stato tutt'altro che banale conoscendo la storia.
3. Quest'anno, purtroppo, 30 anni dopo, è successa esattamente la stessa cosa con 'the green book'.
4. Per finire, il discorso di Spike Lee è stato ripreso da Trump che senza essere stato citato, si è sentito parte in causa. Capisci che un presidente che dà del razzista a uno che dice semplicemente di andare a votare e scegliere fra odio e amore, è piuttosto folle e degno di attenzione.
La so la storia di do the right thing e visto che non volevo certo "basirti", concedo che il discorso non fosse banale, ma prevedibile si. Ciò non toglie che essendo l'immigrazione il tema caldo per eccellenza in questo momento e soprattutto negli Stati Uniti trattandosi del cavallo di battaglia dell'ENEMY NUMBER ONE della super liberal Hollywood, la storia personale di Rami Malek sarebbe stata un poster perfetto se ci fosse un minimo di buona fede. (Cosa c'entra poi la polemica sul regista con la storia personale degli attori veramente mi sfugge).
Hai chiesto perchè la stampa si occupasse più di Spike Lee che di Rami Malek. Penso di essere stata estremamente gentile a spiegarti tutto. Poi vedi tu.
E io ti ho spiegato perché avrebbero dovuto occuparsi per lo meno in egual misura di Rami Malek, se fossero in buona fede. Anch'io sono gentile, dai, forse meno estremamente però. Ciao!
Ciao Bean! ;)
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