Se in italiano ha ancora parecchia strada da fare, in inglese Woody si esprime in maniera abbastanza buona per i suoi tre anni.
Ieri abbiamo incontrato per caso l'amichetta di Joe che l'anno scorso era stata discriminata perché di colore.
Ne ho scritto varie volte, qui e qui per esempio.
E' stata una di quelle esperienze che hanno cambiato profondamente la mia percezione di questa società e che più mi hanno segnato come persona da quando vivo qui.
Ecco lui, mio figlio, ha pensato bene di chiedere proprio a questa bambina in particolare:
- Are you black? Sei nera?
Avendo capito, o inconsciamente sperato, che avesse chiesto are you back? Sei tornata? gli ho detto sì, non vedi? E' tornata anche lei dalle vacanze.
Allora lui ha completato il capolavoro.
- You are ALL brown! Sei TUTTA marrone!
Le ha detto guardandole le braccia con gli occhi spalancati.
Non ditemi che non c'era un'intenzione cattiva perché lo so anch'io, è ovvio, ma sinceramente non mi ha fatto molto ridere questo siparietto.
Mi sono sentita in imbarazzo perché cosa dimostra che mio figlio si stupisca del colore della pelle di una persona? Non certo che sia razzista a tre anni o che i suoi genitori lo siano, ma che ha poche persone di colore intorno e questo viene letto da alcuni qui, a torto o a ragione, come un segno di discriminazione in sé.
Una volta conobbi un'israeliana che per prima cosa mi chiese se avessi amici ebrei in Italia. Quando le dissi di no, mi chiese il perché, come se dovesse esserci un motivo. Non ne ho mai incontrati, le risposi. Strano visto che in Italia ci sono moltissimi ebrei, mi rispose. Non so cosa intendesse, ma sentii di non aver passato un test.
Se in Italia, davvero, di ebrei non ne ho mai incontrati o se li ho incontrati, non mi hanno mai detto di essere ebrei (la religione non è uno dei miei argomenti preferiti), qui di persone di colore ce ne sono un sacco. Amici di colore, persone che vengono a casa spesso intendo, non ne abbiamo tantissimi. Il motivo non lo so, non è capitato.
E mi stupisco da sola: dopo dodici anni perché non è capitato?
La maestra di Woody l'anno scorso era di colore, probabilmente lui non ci ha mai fatto caso. Suppongo che crescendo, stia semplicemente cominciando a guardarsi più intorno, a notare quello che lo circonda. Questa bambina stessa, è venuta diverse volte a casa con sua madre, oramai siamo abbastanza amiche. Infatti, la madre che fra l'altro è simpaticissima, è scoppiata a ridere. E' la bambina che è rimasta in silenzio, con un insolito sguardo interrogativo e non sembrava per niente divertita dall'osservazione di Woody. Per questo mi sono preoccupata tantissimo, è che conosco la loro storia. So quanta sofferenza le abbia portato essere vista dagli altri bambini come diversa in qualche modo. E Woody non le ha fatto un complimento, ha solo sottolineato una differenza.
Il giorno dopo quando ci siamo riviste, la madre mi ha detto che semplicemente la figlia non aveva capito e che poi si è fatta una gran risata anche lei. Bene, lo spero, anche se insomma, il dubbio mi rimane visto che so che per quella bambina in particolare, l'argomento è veramente delicato e complesso. A volte i bambini copiano le nostre reazioni nel bene e nel male, ma chi lo sa cosa sentono dentro. Mi auguro che questo piccolo episodio non abbia aumentato le sue insicurezze.
Non si tratta di voler essere politicamente corretti a tutti i costi, è che sono questioni importanti. Succedono fatti gravi come quello capitato a questa bambina l'anno scorso e io voglio essere sicura di fare il possibile affinché i miei figli facciano parte della soluzione e non del problema.
Qual è la maniera migliore per evitare che nei bambini nasca l'intolleranza? Circondarsi di persone di tutti i colori e di tutti i tipi.
Facile a dirsi, ma non tanto a farsi.
La prima volta che questa bambina con la sua mamma, vennero a casa nostra, fu così strano per me. La madre rimase in piedi con la giacca e la borsa in mano per più di due ore, eppure stavamo benissimo insieme, abbiamo parlato in libertà di un sacco di cose serie e meno. Mi raccontò, non so perché, che aveva detto a una sua amica di colore che mi conosce di vista che veniva a casa mia e quella sua amica le aveva chiesto il motivo. Prendere un tè, conversare, dare ai bambini l'opportunità di giocare insieme, cose cosí, normalissime. Evidentemente non per loro. Mi metto in discussione e mi faccio tutte queste domande solo per capire e migliorare. Mi sforzo tantissimo, ma ci sono delle questioni che continuano a restare oscure ai miei occhi, forse è per questo che non ho tanti amici di colore, forse il mio modo di fare così aperto paradossalmente suscita diffidenza in persone che hanno avuto di sicuro molte esperienze negative. Il fatto che l'amica le abbia chiesto perché mi vedesse mi fa venire in mente che ci fosse della diffidenza da parte sua. Certo, la seconda volta che vennero si fermarono a cena e da lì in poi fu tutto rilassato e sereno.
Se si supera il muro iniziale, fila tutto liscio, siamo tutti esseri umani. Il difficile per me, ancora adesso, è imparare ad arrivare fino a quel punto senza fare qualcosa che magari a me sembra normalissimo come invitare una persona a casa, ma può venire percepito come ambiguo o eccentrico dalla controparte.
Tutti questi anni all'estero e non ho ancora capito se sia giusto che io stravolga completamente il mio modo di fare per venire incontro ad altre mentalità, ammesso che ne sia capace poi.
3 commenti:
Interessanti riflessioni! pensavo che io in America avevo molti pochi amici di colore perche' stavo in un posto dove erano tutti bianchi. Quelli che avevo spesso non erano americani, ma come me si erano trasferiti per studio o lavoro da altri paesi. Di conseguenza erano un po' una categoria "diversa", perche' comunque venivano da posti dove il colore della pelle e' vissuto in modo diverso rispetto agli stati uniti. C'e' molto da riflettere…
(comunque per essere pignoli gli ebrei in italia non sono tanti, sono meno dell'1%, quindi a meno che tu non viva in un posto come Venezia dove c'e' una grossa comunita' e' alquanto improbabile incontrarli, considerando poi che molti non sono praticanti)
Giupy: mi fa piacere che tu abbia subito colto che non mi riferivo al colore della pelle in sé ma alla mentalità degli afroamericani. Per me è scontato ma ripensandoci forse non è così chiaro. Magari dopo aggiungo un asterisco o qualcosa, grazie!
Per il numero, si. Probabilmente lei è andata in Italia, ha frequentato sinagoghe e altri ebrei e ha avuto quella sensazione...
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