venerdì 25 settembre 2015

oggi

Oggi abbiamo fatto un lavoro su La grande onda di Hokusai. Erano bambini di terza elementare e facevo delle domande aperte come sempre, cercando di costringerli a guardare bene e a provare a esprimere delle idee. Siamo arrivati presto alle emozioni ovviamente. Che cosa ti suscita quest'opera?
E una bambina, alza la mano e mi risponde che forse quel pittore ha dipinto quel quadro perche' ha perso il suo papa' su una barca, sotto una grande onda come quella li'.
E lo diceva con il sorriso sulle labbra, con serenita', con calma. Sono stata io che per una frazione di secondo ho quasi ceduto alla commozione.
La scorsa primavera il papa' di quella bambina, poco piu' che trentenne e' morto per una malattia tanto rara quanto orribile. La sua sofferenza, e' durata un paio d'anni e nessuno dei suoi quattro bambini piccolissimi, tutti miei studenti, ha mai espresso in nessun modo quel dolore a scuola, almeno che io sappia.
Le altre maestre mi hanno sempre detto che era perche' si erano "abituati" alla situazione, ma io non ho mai capito, in questa come in varie altre circostanze simili che mi sono capitate a scuola in questi anni qui, come sia possibile per dei bambini andare avanti apparentemente in tutta normalita' quando cose di questo tipo succedono. Potere dell'arte che unisce un vecchio giapponese vissuto tanto tempo fa con una bambina americana che ancora probabilmente non capisce cosa le e' successo, ma in un certo senso lo vede e lo rivede dappertutto.
Poi oggi e' successa un'altra cosa, di tutt'altro tenore, ma sempre legata al concetto delle emozioni inespresse e trattenute.
C'e' questa maestra che arriva sempre in ritardo alle lezioni di arte e tende in qualche modo a sopraffarmi. Ha una mania per la disciplina, che si sa, non e' proprio il mio forte, e mi interrompe spesso per richiamare i ragazzi all'ordine o per fargli vedere correzioni che sta facendo su compiti che non c'entrano nulla con la mia materia.
Entra in classe trafelata spiegandomi il motivo del ritardo e le dico che va bene, ma e' anche la terza settimana di fila e in realta' non va bene. E non va bene nemmeno interrompere il lavoro dei ragazzi, per nessun motivo. Non ero per niente alterata, pero' le ho detto quello che pensavo con l'intenzione di poter lavorare piu' tranquillamente il resto dell'anno scolastico. Cosa avrei dovuto fare altrimenti?
E' successo che si e' offesa a morte e questo ci puo' stare. Ma poi...e' scoppiata a piangere e ha detto che ho, testualmente, ferito i suoi sentimenti. E io ero, non so come dirvi...incredula.
Era una situazione totalmente surreale. Ho avuto una sorta di esperienza ultracorporea, di quelle in cui ti sembra di vederti dal di fuori. Questa donna, molto piu' alta, molto piu' irruente e molto piu' anziana di me, mi si stava sbriciolando davanti, a causa di qualcosa che io le avevo detto. Incredibile. Io. Proprio io che mi sono sentita dire per tutta la vita che sono troppo dolce/ buona/ gentile/ comprensiva/ tollerante, e chi piu' ne ha piu' ne metta.
E mentre tutto questo succedeva, pensavo due cose.
La prima e' che forse queste cose succedono a causa del maledetto atteggiamento passivo aggressivo che va tanto per la maggiore da queste parti e di cui si e' ampiamente disquisito in passato su queste pagine. Mi sembra che a furia di trattenere le emozioni e di farsi perennemente vedere sorridenti e in forma, le persone non siano piu' in grado di esprimere quello che realmente provano e vogliono che l'altro sappia di loro. Se non siamo d'accordo su qualunque cosa, sempre, diventiamo automaticamente nemici. Ma perche'? Non si puo' discutere?
E la seconda e' che sono davvero cambiata. Una volta forse ero io quella a cui veniva da piangere o per lo meno quella che si faceva trascinare dal vortice emotivo della controparte. Ora, invece - non so, credo che sia per via di tutte le cose che mi sono successe negli ultimi mesi- mi sembra che ben poche cose importino. Non ho tempo da perdere in stupidate come queste e, non so se lo sono davvero, ma mi sento piu' forte, molto piu' forte di prima. E rido anche molto di piu' delle cose che mi succedono.
Non proprio tutti tutti i mali vengono per nuocere, forse.
(Pero' al di la' di tutto, che fatica lavorare con le donne. Bisogna ammetterlo e magari darsi anche una calmata.)

6 commenti:

Catia ha detto...

A leggere quello che è successo con la collega la prima cosa che mi è venuta in mente è che sia una persona molto falsa (maniaca della disciplina che arriva sempre in ritardo? uhmuhm, non mi sembra molto coerente la tipa!) e abbia fatto scena, un po' di vittimismo per farti sentire in colpa e continuare a fare i suoi comodi sapendo che da ora in poi prima di dirle mezza parola ci penserai cento volte.
Ma ovviamente io non c'ero e non la conosco, mi son solo venute in mente mie esperienze con persone che manipolano gli altri facendo leva sulla loro bontà e tendenza a sentirsi in colpa.
Un saluto da una che passa spesso da qui a leggerti e ti ringrazia per il punto di vista dall'interno sul mondo un po' alieno in cui vivi :)

Nonsisamai ha detto...

Ciao Catia. ..caspita. ...la tua analisi è molto interessante, non ci avevo pensato. In effetti, la sua fissa con la disciplina, riguarda i ragazzi, non lei. Sembra quasi che ne abbia paura, come se potessero sfuggirgli se non li reprime. A me se chiacchierano a bassa voce mentre lavorano, non dà nessun fastidio, lei non lo sopporta invece. Le ho detto di riposarsi invece di "aiutarmi" che forse è un attimo stanca, speriamo le sia passata! :P

Anonimo ha detto...

Mi ricorda una mia compagna del liceo, una persona falsa che non mostrava alcun rispetto per gli altri. Appena qualcuno si arrabbiava e le faceva notare la cosa, scoppiava in lacrime accusando l`altra persona di odiarla ingiustificatamente, e via di scenate...... Questa sua reazione inizialmente ci fece trattenere dal criticarla, per via di questa sua diciamo ipersensibilità; successivamente capimmo che era tutta scena, e imparammo a ignorare queste reazioni assolutamente sproporzianate da parte di una persona che era pure dalla parte del torto. Non so se è questo il caso, ma mi è venuto in mente appena ti ho letto, come pure ha fatto Catia.

Carla

Nonsisamai ha detto...

Oddio che abbia torto non c'è dubbio. I ritardi, le interruzioni. Però non era una cosa così grave, forse faceva prima ad abbozzare che a piangere...bah, che cosa poco professionale.

Solare ha detto...

Lo sai mi haifatto ripensare alle volte che qua in Australia ho visto " sbriciolarsi" davanti aimiei occhi adulti forti e in teoria maturi e risoluti per un nonnulla. Anche io sono rimasta di stucco perche' ad essere sincera nella mia vita italiana non mi e' capitato mai di vedere una/ uno sconosciuto adulto mettersi apiangere davanti a me per delle scemenze ma qui si, piu' di una volta.
Penso che Catia abbia in parte ragione e tu pure hai ragione a dire che lavorare con le donne e' difficile a volte e poi secondo me questi Americani come gli australiani si stanno un po' rammollendo, a volte hanno atteggiamenti surreali, le donne sono molte dure e aggressive e poi per niente si mettono a piangere o cercano solo una costante attenzione, come i bambini appunto.

Martacci ha detto...

Che tenerezza e che tristezza la bimba che ha perso il papa'. Chissa' come la disegnerebbe lei "l'onda" che glielo ha portato via.
Sulla collega e le difficolta' di lavorare con le donne, ti offro una prospettiva diversa rispetto ai commenti precendenti. Credo che c'entri una dose di superomismo di facciata che ci porta poi a sgretolarci quando ci viene mostrato che "non ce la fai!".
Nel senso che magari noi donne abbiamo aspettative irrealistiche per noi stesse, cerchiamo e ambiamo alla disciplina, ci vorremmo sempre efficienti, in orario, attente e collaborative. Poi, pero', non ce la facciamo, siamo in affanno e cerchiamo nondimeno di dimostrare agli altri i valori a cui ambiamo nonostante tutto (quindi si cerca di imporre la disciplina...agli altri!). E via di "fake it until you make it" e di "andra' meglio settimana prossima, giuro che metto la sveglia alle 5 e mi alzo!" e avanti tutta! Poi qualcuno ti fa sedere e ti dice "guarda che cosi' non va bene, non ce la stai facendo" e tutto il tuo castello di carte crolla: no, non ce la stai facendo e si vede, nonostante i tuoi sforzi.
C'e' una forte dose di autobiografia in questo commento...si vede? :-)
Io pero' non piango eh...e cerco anche di non rompere i maroni che i miei difetti li vedo sempre benissimo!