mercoledì 14 agosto 2013

ore 9: ripasso di ottimismo e buoni sentimenti

L’altro giorno sono tornata al lavoro.

Come ogni anno per prima cosa si fa una riunione che comincia con un giro del tavolo per raccontarsi brevemente come e’ andata l’estate. A me questa cosa serve molto per rientrare nel famoso spirito della scuola Flanders (che ho soprannominato cosi’ non a caso, se avete presente il personaggio dei Simpson…) che puntualmente perdo per strada dopo neanche una settimana che non la frequento.

Quest’anno purtroppo, molti dei miei colleghi hanno avuto un’estate davvero orribile – chi ha scoperto che la madre ha un tumore al cervello, chi si e’ rotto la gamba il giorno dopo la fine delle lezioni, chi ha quattro figli sotto i sei anni e un marito che soffre di amnesie e nessun medico riesce a curare…-  eppure si sforzavano tutti disperatamente di mostrare agli altri che non anadava poi cosi’ male, che c’era almeno un lato positivo.

A me quello che dicevano sembrava cosi’ surreale.

E come al solito mi chiedevo se fossi l’unica ad avere quella sensazione. In un altro contesto avrei pensato a copioso uso di sarcasmo.

Mi sono rotta la gamba, ma non mi sono mai riposata tanto, forse il Signore ha voluto dirmi questo perche’ ne avevo proprio bisogno! [n.b. E’ ancora in sedia a rotelle dopo due mesi]

Stamattina ho lasciato la mia neonata con la babysitter perche’ mio marito e’ troppo malato per stare da solo con lei, ma –e’ andata bene- non ho pianto, anzi nessuno ha pianto, l’abbiamo solo abbracciata tutti a lungo a turni. [A quel punto stavo per piangere io]

Ragazzi scherzate, vero? Pensavo fra me e me, ma sapevo benissimo che loro cercavano davvero di convincersi di quello che dicevano, che sono cosi’ cercano sempre del buono in ogni situazione. Mi piacerebbe un po’ forse essere come loro, ma il problema e’ che fondamentalmente continuo a chiedermi perche’ e non trovo nessuna risposta soddisfacente. Voglio dire la sofferenza era palpabile. Alcuni di loro hanno dovuto fare delle piccole pause per riprendere fiato e tornare a parlare con il sorriso invece di scoppiare a piangere davanti a tutti, si vedeva, non sono supereroi. Davvero li fa sentire meglio nascondere sempre e comunque il dolore, buttarlo sotto il tappeto come se fosse qualcosa di sporco di cui vergognarsi? Insomma, va bene l’ottimismo americano, la fede e tutto e non dico di trasformare una banale riunione del consiglio degli insegnanti in una seduta psicanalitica (anche se sarebbe il mio sogno) ma se ti cade una o un’incredibile serie di tegole in testa, avrai pure il diritto di asserire che non e’ proprio l’esperienza piu’ piacevole che ti sia capitata? O no?

C’e’ da sperare che non capiti mai nulla del genere a me, anche perche’ gia’ ve lo dico: non sarei mai in grado di offrire uno spettacolo allo stesso modo edificante.

21 commenti:

Anonimo ha detto...

John Wayne non ha mai pianto è cosi che funziona l'America.

Lara Rizzotto @craft.and.shine ha detto...

Anche a me lascia sempre molto stupita la loro totale negazione del dolore, come un cosa di cui vergognarsi, di cui non si parla. Pensa solo a quando la cassiera ti chiede "how are you doing?" e di come resti completamente spiazzata se le dici che va male e inizi a raccontare. Come se il suo cervello non fosse programmato per ascoltare qualcosa di diverso da "tutto bene".

Jack ha detto...

Pare che non solo la GB sia il paese del "mustn't grumble".

ero Lucy ha detto...

Gia'. Una mia amica giapponese mi racconto' col sorriso sulle labbra la sua esperienza di stalking, per concludere che grazie a quel persecutore lei ora si trovava in Usa e avrebbe potuto studiare nella culla del jazz.

nonsisamai ha detto...

ero lucy: ecco, quello della cultura giapponese e' un altro mondo ancora. io ho famigliari stretti laggiu' e non li ho mai capiti, cioe' proprio ancora peggio di cosi', sono monoespressivi. mi piacerebbe fare un viaggio e farmi un'idea piu' approfondita un giorno.

Sabina ha detto...

Dicesi ostentazione dell'ottimismo?

nonsisamai ha detto...

forse si' e anche della forza d'animo.

Nessuno ha detto...


Credo che l’idea di fondo stia nell’interpretare le sfide come un’opportunità di crescita. Perché il senso della vita sta anche nella crescita individuale e le difficoltà sono occasioni per riflettere ed imparare. Viverle guardando il bicchiere mezzo vuoto, pensando a quanto più bello sarebbe stato se il fatto x non fosse successo non fa che rendere il tutto più difficile da sopportare. In pratica le sfide arricchiscono e la prima regola per superarle è avere la giusta attitudine nei loro confronti. Inoltre c’è anche l’aspetto dei rapporti umani, io mi son sentita dire più volte che “nessuno vuole stare a contatto con una persona depressa”. Quindi tanto vale stamparsi addosso un sorriso e dare l’esempio concreto agli altri che alle difficoltà si sopravvive. Penso che ci sia molto di questo nell’ottimismo americano. Possiamo obiettare che sia un modo di fare un po’ falso e arrogante ma di certo non controproducente. A volte mi piacerebbe saperlo mettere in pratica!

Luciano ha detto...

No, non l'approvo proprio questo atteggiamento!
Se qualcuno chiede "come va" e la risposta deve essere obbligatoriamente "tutto bene" questa serie di finte cortesie si può anche evitare. Le ho viste anche qui in Italia le persone così e la mia impressione è: questi qui non hanno nulla da dirsi. I rapporti sono belli quando i sentimenti buoni e cattivi si condividono.
Mi capita, come adesso, di avere un amico che vive un momento difficile, di grande dolore, e gli dico di vivere questo dolore fino in fondo, di non cercare di rialzarsi di fretta, prima del tempo. Il momento di reagire arriva dopo.
Ho visto anche quelli che pretendono che, uscendo in compagnia, gli amici abbiano sempre il sorriso e che considerano l'esser tristi come maleducazione. E ho allontanato queste persone. In una situazione così, di finti sorrisi, probabilmente mi sarei inimicato più di qualcuno dicendogli di non sorridere per forza, mostrando un interesse vero, anche offrendo una mano. Penso che queste cose non sarebbero state gradite.

Brunhilde ha detto...

Stavo per scriverti: “magari penseranno ad Ironic di Alanis Morissette, per farsi coraggio”. Poi, però, ho ripensato meglio al testo e, inoltre, mi sono ricordata che Alanis è canadese.
Mah.

Anonimo ha detto...

Trovo "interessanti" i commenti di chi in ha proprio idea di cosa dice. Come i preti che dispensano consigli teorizzati su cose di cui non hanno idea. O come i "giustizialisti" in Italia che non sanno come funzionano i tribunali e pensano che siano come nei telefilm americani. La verità è che se non vivi in prima persona il dolore, non quello fisico, potrai mai teorizzarlo o conoscere come reagirai? Gli esseri umani sono diversi tra loro, le reazioni agli eventi sono soggettive come sono soggettive le risposte ai farmaci. È sempre biochimica......:-)

Anonimo ha detto...

..... by the way sereno ferragosto a tutti!

Anonimo ha detto...

Credo che l'atteggiamento abbia a che fare con la visione "religiosa" (di cui e' imbevuto anche chi reeligioso non e') che hanno della vita: ti capitano cose brutte? Tu sei responsabile / te la sei voluta, oppure e' un segno che Dio non ti ama, che sarai condannato a bruciare in eterno (predestinazione), e quindi nessuno ti puo' salvare e nessuno nemmeno ti stara' vicino.

Sembra brutto da dire, ma a me sembra probabile che questo c'entri in tutto l'atteggiaamento di negare/nascondere il dolore.

Spero di sbagliarmi.

B.

silvia ha detto...

Non ci sarà un fondamento concreto a questo atteggiamento così generalizzato ? Negli Stati Uniti spesso famiglia e Stato sono assenti e quindi abbattersi in una grave difficoltà vorrebbe dire soccombere.

Luciano ha detto...

Non penso che affrontare il dolore significhi abbattersi. Quello che fanno queste persone è nasconderlo, negarlo. Riconoscere che si è in difficoltà è il primo passo per affrontare i problemi. Come vivono allora le amicizie gli americani? Senza confidarsi mai nulla? O con gli amici si mostrano più sinceri? Confesso di conoscere gli usa solo dai films, ma da lì non sembrerebbe così

nonsisamai ha detto...

franci90: non credo che sia falso o arrogante, mi chiedo solo se serva ai fini di superare un dolore.

luciano: capisco, ma credo proprio che avresti dei problemi da queste parti...

nonsisamai ha detto...

anonimo: non giudico le reazioni al dolore, sono tutte leggittime. cerco solo di capire quale sia quella piu' costruttiva e noto le differenze. tutto qui.

B: si ma la visione religiosa che tu citi non e' quella che hanno i miei colleghi. lavoro in una scuola cristiana, ma loro hanno altri valori.



nonsisamai ha detto...

silvia: credo anch'io che l'individualismo c'entri...

luciano: per quanto riguarda la mia esperienza, mi sembra ci voglia tanto tempo per entrare in confidenza e parlare di cose personali, questo non e' proprio come nei film purtroppo.

Luciano ha detto...

Stavo rileggendo ora il mio commento e mi sono reso conto di essermi espresso in maniera piuttosto drastica. Certamente ognuno ha diritto di reagire come preferisce alle difficoltà, come di fare amicizia con le persone che più gli piacciono. Ti chiedo scusa e ti ringrazio per la pazienza.

Luciano ha detto...

Scusa se invado così il tuo blog con tanti commenti. È che sono due giorni che penso a questo post.
E poi che ci posso fare se fai dei posr così interessanti?
Pensavo che forse la situazione in cui vi siete trovate è un po' forzata. È stato chiesto a tutti di raccontare obbligatoriamente come è andata e molti non l'avrebbero fatto lì, con i colleghi, ma magari a tu per tu con una sola persona. Per questo poi chi ha raccontato l'ha fatto in questo modo. Poi, certo, raccontare le proprie sventure alla cassiera del supermercato, non lo vedi fare nemmeno qui

nonsisamai ha detto...

luciano: non devi scusarti, ci mancherebbe! anzi mi fa piacere averti dato qualche spunto di riflessione. gia', di sicuro era una situazione forzata. la tua ultima frase mi fa tornare in mente un qualche episodio divertente capitato in italia quest'estate, ma forse e' successo perche' non mi si vede spesso in giro...