La settimana scorsa ho regalato una corona di carta a un bambino che faceva il compleanno.
Quel bambino ha finito per indossare quella corona di carta tutti i giorni. Ce l'aveva anche quando è tornato nella classe di arte per la sua lezione settimanale.
Nei miei momenti di cinismo, mi ripeto che in fin dei conti, tutto quello che faccio non serve a niente. In un certo senso è vero. Però è vero anche il contrario.
È che è più facile fare i cinici. E' un modo per giustificare il fatto che da questa valle di lacrime in cui lavoro me ne voglio andare il più presto possibile.
È facile dire (o dirsi) che si vuole fare del bene, che si vogliono aiutare gli ultimi.
Il difficile è farlo giorno dopo giorno.
Tutti i giorni, nessuno escluso, nemmeno la domenica.
Aiutare la maggior parte delle volte non è piacevole. Privarsi di un briciolo della propria serenità per regalarla a qualcun altro non è per niente piacevole.
Lo stesso giorno della corona di carta, infatti, abbiamo anche ricevuto una visita dalla polizia che era venuta a interrogare uno studente che aveva fatto un numero proprio nella mia classe.
Anche quello studente dopo sette giorni, è tornato nella classe di arte.
Neanche buongiorno.
Per prima cosa, stacca una puntina dal muro si siede e incide il banco. L'altro adulto che era presente in quel momento corre a chiamare la sua insegnante che si precipita sul posto e si mette a negoziare con lui. Mi dice che le ha promesso che adesso si comporterà bene.
Sono allibita. Dopo la polizia e il tavolo danneggiato in modo permanente, nessuna conseguenza.
La prof esce, tempo di voltare le spalle e lui non dico nemmeno che altra assurdità combina. Vengono a prenderlo e abbandona la classe ridendo ad alta voce. Già che c'è spezza anche la matita che ha in mano.
In questo senso definisco il mio posto di lavoro 'una valle di lacrime'.
In questo senso, sono consapevole di poter cambiare ben poco. Si può aiutare solo chi vuole essere aiutato. Si può insegnare solo a chi vuole imparare.
Non ci sono dubbi che questi comportamenti siano causati da situazioni inimmaginabili e ingiuste, ma stringi stringi, questo modo di stare al mondo è una sofferenza continua per tutti quelli coinvolti.
Se uno a casa ha un inferno, se non manifesta nessun interesse, se non c'è preside o poliziotto che tenga... come lo si aiuta?
Per questo certi giorni dopo scuola, posso solo sdraiarmi e guardare il soffitto. Rimango attonita di fronte ad alcune cose che vedo.
A volte mi chiedo se gli studenti si rendano conto che gli insegnanti più "cattivi" sono quelli più disperati.
Non sanno davvero più che pesci pigliare. Io pure non so che pesci pigliare, ma continuo per la mia strada. Piuttosto uso il microfono, ma non urlo e non mi scompongo.
Non porto rancore, ogni giorno si ricomincia da capo.
Sorrido più che posso. Ci provo.
4 commenti:
Per alcuni la scuola non è la soluzione giusta per loro. Avrebbero bisogno di lezioni individualizzate o in piccolissimi gruppi.
Quanto hai ragione Speranza! I gruppi più impossibili sono stati divisi qualche settimana fa. Ora ho una decina di studenti alla volta invece del doppio e sono "bravissimi" (più gestibili, diciamo...). Il fatto è che per fare questo le classi che andavano bene si ritrovano adesso in gruppi di 30 e non funzionano più. Non c'è una soluzione se mancano gli insegnanti.
Io pure non so che pesci pigliare, ma continuo per la mia strada. Piuttosto uso il microfono, ma non urlo e non mi scompongo.
Sei brava, e posso immaginare quanto sia difficile farlo considerate le circostanze in cui ti trovi quando insegni. Io non so se ne sarei capace...
Non so davvero darti consigli, ma penso che questo tuo modo di porti e quello che fai per loro (qui o nel post precedente ti definisci come una presenza che può dare ispirazione) sia un importante esempio, un "modello" di adulto che, appunto, non urla e non si scompone, per scelta. In un certo senso, un modello di autocontrollo, e un tipo di persona che da' loro sicurezza. Probabilmente, come dici tu, hanno subito traumi molto forti e la loro "normalità" a casa è molto diversa, e tu a scuola cerchi di fargli conoscere una realtà diversa.
Ah dimenticavo!
Sono d'accordo, si può insegnare solo a chi vuole imparare, o aiutare solo chi vuole essere aiutato. Non c'è modo di "forzare" nessuno in questo.
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