Ho ricevuto tantissimi messaggi. Vi ringrazio collettivamente ora per il pensiero e vi rispondo pian piano.
So che mi avete pensato perché se siete qui probabilmente sapete che più volte quest'anno -il primo in cui ho lavorato come supplente- non mi sono sentita al sicuro a scuola.
Queste cose in vari modi ci toccano ogni giorno, non solo quando succedono massacri come quello di ieri.
Oggi qui è l'ultimo giorno di scuola.
Ieri c'era un'atmosfera di tale euforia che, volevo, ma non sono riuscita a spiegare a Joe e Woody cosa è successo a Uvalde. Sono appena tornata dalla cerimonia di fine delle elementari di Joe. Nessuno ha detto una parola, nè sul palco, nè privatamente.
Una normalità terrificante. Tutti felici.
Ho visto che la classe dirigente texana si è affrettata a fare dichiarazioni tipo 'adesso basta! Le scuole devono avere un ingresso unico oppure adesso basta! E' ora che gli insegnanti comincino a imparare a difendersi. Come se il problema non fosse che uno solo: la facilità con cui chiunque qui può procurarsi qualunque tipo di arma.
Non so spiegare il livello di sconforto.
Mentre le donne che decidono di abortire sono assassine, gli uomini continuano a uccidere indisturbati: asiatici, neri, ebrei, bambini, persone a caso.
Il corto circuito è evidente.
Ieri sera Woody è andato a dormire e dopo un po' è tornato indietro per un ultimo abbraccio.
Mi dice: - Mamma, ho paura.
- Di cosa?
- Che mi mancheranno i miei amici quest'estate.
E di cos'altro dovrebbe avere paura un bambino di prima elementare?
In questo momento mi chiedo davvero che senso abbia raccontargli quello che è successo. Non posso dargli una notizia del genere senza offrirgli un qualche barlume di speranza, ma adesso, mi dispiace, quel barlume di speranza non ce l'ho.
#GunControlNow
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