Oggi è il mio primo giorno di vacanza. Per quanto la mia intenzione fosse quella di buttarmi subito il lavoro e tutti i suoi problemi alle spalle, lo stress ci porta sempre il conto, no? In questo caso è arrivato sotto forma di incubi notturni e mal di schiena.Come prevedevo, l'ultimo giorno di scuola è stato particolarmente sfidante. Non ho sentito la tipica atmosfera pre-natalizia che si respira normalmente in una scuola elementare in questi casi. Ci sono stati tanti incidenti, alcuni piuttosto gravi. Sono volate parole irripetibili (non verso di me, litigano sempre fra di loro), pezzi di arredamento sono stati presi a calci e ci sono stati anche tanti furti. Qualcuno si è portato via perfino un Babbo Natale. Se i miei alunni facessero quello che fanno nella mia classe in un qualunque luogo pubblico, si ritroverebbero in un mare di guai. Devono capire questa cosa, ma non la capiscono e io al momento sono a corto di idee. Mi sento abbastanza avvilita. Non credo che questa esplosione di rabbia proprio prima della pausa sia casuale.
giovedì 22 dicembre 2022
primo giorno di vacanza
martedì 20 dicembre 2022
una questione di controllo
La stragrande maggioranza delle mie classi sono composte da alunni con abilità diverse che tante volte non hanno in comune nemmeno la lingua. Per questo sto imparando a diversificare il più possibile. In ogni lezione propongo varie attività che possono svolgere in maniera indipendente più qualcosa di nuovo che insegno a piccoli gruppi.
giovedì 1 dicembre 2022
cambiamenti
martedì 15 novembre 2022
la voce grossa
domenica 6 novembre 2022
opportunità
sabato 5 novembre 2022
tempeste all'orizzonte
lunedì 31 ottobre 2022
piccoli bagliori
Dato che me lo chiedete in tanti, vi racconto un po' come procede a scuola.
lunedì 24 ottobre 2022
quella famosa sensazione
Per la prima volta da quando è iniziata la scuola, è domenica sera e non ho quella famosa sensazione di "patibolo".
Per la prima volta da due mesi, mi sento tranquilla, mi sento io.
venerdì 21 ottobre 2022
i miei momenti di cinismo
La settimana scorsa ho regalato una corona di carta a un bambino che faceva il compleanno.
Quel bambino ha finito per indossare quella corona di carta tutti i giorni. Ce l'aveva anche quando è tornato nella classe di arte per la sua lezione settimanale.
Nei miei momenti di cinismo, mi ripeto che in fin dei conti, tutto quello che faccio non serve a niente. In un certo senso è vero. Però è vero anche il contrario.
È che è più facile fare i cinici. E' un modo per giustificare il fatto che da questa valle di lacrime in cui lavoro me ne voglio andare il più presto possibile.
È facile dire (o dirsi) che si vuole fare del bene, che si vogliono aiutare gli ultimi.
Il difficile è farlo giorno dopo giorno.
Tutti i giorni, nessuno escluso, nemmeno la domenica.
Aiutare la maggior parte delle volte non è piacevole. Privarsi di un briciolo della propria serenità per regalarla a qualcun altro non è per niente piacevole.
Lo stesso giorno della corona di carta, infatti, abbiamo anche ricevuto una visita dalla polizia che era venuta a interrogare uno studente che aveva fatto un numero proprio nella mia classe.
Anche quello studente dopo sette giorni, è tornato nella classe di arte.
Neanche buongiorno.
Per prima cosa, stacca una puntina dal muro si siede e incide il banco. L'altro adulto che era presente in quel momento corre a chiamare la sua insegnante che si precipita sul posto e si mette a negoziare con lui. Mi dice che le ha promesso che adesso si comporterà bene.
Sono allibita. Dopo la polizia e il tavolo danneggiato in modo permanente, nessuna conseguenza.
La prof esce, tempo di voltare le spalle e lui non dico nemmeno che altra assurdità combina. Vengono a prenderlo e abbandona la classe ridendo ad alta voce. Già che c'è spezza anche la matita che ha in mano.
In questo senso definisco il mio posto di lavoro 'una valle di lacrime'.
In questo senso, sono consapevole di poter cambiare ben poco. Si può aiutare solo chi vuole essere aiutato. Si può insegnare solo a chi vuole imparare.
Non ci sono dubbi che questi comportamenti siano causati da situazioni inimmaginabili e ingiuste, ma stringi stringi, questo modo di stare al mondo è una sofferenza continua per tutti quelli coinvolti.
Se uno a casa ha un inferno, se non manifesta nessun interesse, se non c'è preside o poliziotto che tenga... come lo si aiuta?
Per questo certi giorni dopo scuola, posso solo sdraiarmi e guardare il soffitto. Rimango attonita di fronte ad alcune cose che vedo.
A volte mi chiedo se gli studenti si rendano conto che gli insegnanti più "cattivi" sono quelli più disperati.
Non sanno davvero più che pesci pigliare. Io pure non so che pesci pigliare, ma continuo per la mia strada. Piuttosto uso il microfono, ma non urlo e non mi scompongo.
Non porto rancore, ogni giorno si ricomincia da capo.
Sorrido più che posso. Ci provo.
giovedì 20 ottobre 2022
l'onda verde
Chiaramente l'onda verde non poteva continuare.
Questa mia avventura scolastica di quest'anno non sarà mai una storia
con un lieto fine, o con una fine. Posso rallegrarmi dei progressi, ma non sarà mai una passeggiata. Questi bambini hanno situazioni troppo tragiche alle spalle.
Potranno fare dei passi avanti, e poi magari dei passi indietro e poi di nuovo avanti, ma per il resto della loro vita, avranno un bagaglio pesante da portare sulle spalle. E questo anche nel caso che tutto, ma proprio tutto, vada per il meglio.
Il mio augurio per loro è di incontrare persone comprensive, persone che valutino le circostanze e non solo i comportamenti in sé. I comportamenti che vedo molte volte non hanno niente di "carino' o di infantile.
Sono comportamenti qualche volta anche al limite dell'illegalità e dell'immoralità, sono modi di agire che allontanano gli altri, ma fanno parte di un determinato contesto.
Un collega mi ha detto una cosa che mi ha lasciato quasi un senso di sbigottimento.
Gli raccontavo che le cose vanno meglio e che sono più serena. Lui ha avuto un'esperienza molto simile alla mia appena arrivato lo scorso anno. Dice:
"Ti rendono la vita un inferno così se rimani capiscono che fai sul serio e possono fidarsi".
Non so se la sua teoria abbia delle basi, ma a livello empirico, è proprio quello che sto vedendo.
Oggi ho ricevuto una corona. A un bambino che faceva il compleanno, ho regalato una corona di carta. Qualcun altro ha deciso che dovevo averne una anche io.
Sempre oggi però abbiamo anche avuto la visita della polizia che è venuta a interrogare uno studente che ha fatto il fenomeno proprio nella mia classe.
A quanto pare questa è una delle armi disciplinari a disposizione degli adulti. Non lo sapevo quando ho riportato quello che aveva combinato.
Eppure sono serena. Per il momento gli eventi negativi sembrano non travolgermi come i primi tempi.
Forse è perché quelli positivi di eventi sono talmente superiori qualitativamente e quantitativamente che sembrano sorreggermi nelle tempeste.
Posso fare quello che sto facendo solo perché ricevo tantissimo.
Adesso che mi sono *sbloccata* ricevo forse anche più di quello che do.
In fondo io mi vedo semplicemente come una presenza che dà idee. Spero di offrire un punto di vista nuovo sulle cose, tutto qui.
Questo pomeriggio mi sono fermata fino a tardi a decorare le pareti della classe, appendere disegni, aggiungere messaggi, traduzioni... Voglio che nessuno si senta escluso.
Voglio creare un posto sicuro davvero, offrire un modello di adulto che non sbraita e che sceglie di stare con loro perché con loro si sta bene perché sono spiritosi, altruisti, intelligenti e pieni di forza e colpi di genio.
martedì 18 ottobre 2022
di lunedi
'Ciao Emanuela, non so bene che ore siano da te, ma oggi è lunedì e ti pensavo... ti abbraccio forte'.
Ho ricevuto tanti messaggi come questo nelle ultime settimane, anche da persone che non mi avevano mai scritto prima. Mi fa tantissimo piacere che mi pensiate il lunedì perchè il lunedì vado a scuola con lo stato d'animo di chi va al patibolo, almeno non mi sento sola.
Continuerete a pensarmi anche se vi dico che è il secondo lunedì che fila liscio? Sono felicissima.
Oggi è arrivata quella classe in cui si è verificato un incidente molto grave che mi ha portato quasi alle dimissioni qualche settimana fa.
Un ragazzo di quelli grandi e imbronciati, mi ha abbracciato.
Sono rimasta senza parole. Non me lo sarei mai aspettata da un tipo così. È entrato e mi ha abbracciato. E poi niente, hanno lavorato tutti benissimo. Abbiamo anche parlato di tante cose, ma sempre relative alla mia materia. Man mano che creavano nascevano domande o riferimenti a vari artisti.
Per la prima volta in assoluto ho potuto dire qualcosa di buono al loro maestro. Sia lui che io avevamo quasi le lacrime agli occhi dalla felicità e dalla sorpresa.
Non mi illudo che sia tutto risolto. Data la gravità dell'incidente, la scuola ha preso una misura eccezionale: ha diviso il gruppo problematico in due più piccoli e questo ha cambiato completamente la dinamica. Non c'è più quella tensione angosciante di prima e in più ho il tempo materiale di dedicare un po' di attenzione a tutti.
Il problema è che i gruppi dei prossimi giorni, di conseguenza, saranno molto più grandi.
Le classi grandi sono una ricetta per il disastro in generale e in questa scuola ancora di più, ma devo dire che la settimana scorsa è andato tutto abbastanza bene.
Domani scoprirò se è stato un caso. Queste classi grandi sono formate da ragazzi che hanno enormi problemi di auto regolazione e auto controllo, ma che solitamente non sono aggressivi. Anzi sono quasi sempre di una dolcezza infinita.
La settimana scorsa, ad esempio, alcuni di loro mi hanno chiesto come stavo quando sono entrati in classe e chi ha a che fare quotidianamente con i bambini sa quanto una domanda del genere non sia scontata.
I bambini per loro natura sono molto egocentrici, il fatto che si fermino a chiedere come stai tu, come sta andando la tua giornata è un gran bel segnale.
Oggi è stata una giornata meravigliosa. Quando i problemi sono così grossi, ogni buon risultato è una gioia immensa.
Ora che la tensione si è allentata, comincia a emergere la creatività. Non si può creare se non si è sereni, almeno un minimo.
La mia intuizione si è dimostrata vincente in questo caso.
Proprio ai gruppi più indisciplinati, ho dato completa libertà. Qualcuno fra gli adulti mi guardava come se fossi matta. Eppure quegli studenti per tanto tempo ingestibili, mi stanno dimostrando ora che se hanno più di una scelta davanti e se si sentono ascoltati e presi sul serio, (e se hanno dormito, mangiato e a casa non è successo nulla di terribile) lavorano.
Chiaramente so che ci saranno altre crisi. Ogni giorno c'è qualche crisi in realtà.
Ho visto che in questi casi si fa un passo avanti, poi due indietro, poi uno avanti ancora... insomma, i progressi non sono lineari.
Però fatemi godere questo momento, sono davvero contenta e sollevata. Quasi tutti i giorni dopo il lavoro, ho bisogno di sdraiarmi e fissare il soffitto per un tempo che è direttamente proporzionale alla difficoltà della giornata.
Oggi invece non sono nemmeno entrata in casa.
Ho aperto la porta, ho prelevato Joe e Woody e li ho portati al pumpkin patch.
Ho usato tutte -tutte tutte- le mie energie.
Sono stanchissima, ma felice.
Al pumpkin patch c'era tantissima gente dato che scuole della nostra zona oggi erano chiuse. C'erano un paio di furgoni dove comprare hot dogs, granite e funnel cakes. Le bibite invece, si potevano prendere self service da una serie di borse frigo dove era posizionato un bicchiere traboccante di dollari. Passo da un mondo come questo in cui ti prendi la bibita da solo e metti i soldi nel bicchiere, a un mondo in cui devo entrare e uscire da scuola più in fretta possibile perché il quartiere è troppo pericoloso. Vivo vite parallele, sul serio.
Guardavo i bambini al pumpkin patch e pensavo che tutti i bambini dovrebbero potersi divertirsi cosí. Tutti i bambini dovrebbero come minimo potersi sentire al sicuro.
Tutti i bambini dovrebbero essere lasciati liberi di essere solo bambini.
domenica 25 settembre 2022
non puoi farcela da solo
L'estate scorsa in Italia, ho comprato delle bellissime tazzine da espresso. Sono fra le poche cose che qui non si trovano. Il fatto è che appena la scuola è iniziata, ho smesso di usarle. Non dormo e la mattina una tazzina non mi basta più.
Ho cercato su Google 'come smettere di pensare al lavoro di notte'. Sorprendentemente ci sono un sacco di articoli, ma nessuno mi ha aiutato a risolvere questo mio attuale inconveniente professionale.
Lo scorso fine settimana mi sono rilassata come se me lo avesse ordinato il medico. Un po' di tempo di qualità con la famiglia, un po' con gli amici e un po' nella natura. Avessi potuto sarei stata in pigiama per due giorni, ma avevo come un presentimento. Pensavo al pulsante che abbiamo in classe per chiedere aiuto. Pensavo che era da qualche lunedì che non lo premevo più, pensavo ok, è dura, ma posso farcela a tenerli sotto controllo. Certo, posso farcela solo se sono tranquilla e riposata, ci vuole la mente fresca.
La preside ci ha spiegato che tutti gli incidenti peggiori a scuola succedono il venerdì e il lunedì. Il venerdì perchè molti studenti non vogliono andare a casa e rimanere magari senza cibo in balia di genitori problematici o abbandonati a se stessi. Il lunedì è un giorno di assestamento dopo i vari drammi familiari del fine settimana.
Lunedì scorso è stato il giorno peggiore di tutta la mia carriera e, non vorrei esagerare, ma forse anche fra i peggiori di tutta la mia vita. I ragazzi più grandi, quelli che in teoria sarebbero in quinta elementare e prima media, ma chissà quanti anni hanno, erano fuori controllo. Ci sono stati una serie di incidenti che preferisco non descrivere. Ho premuto il pulsante. Sono arrivati i rinforzi e ho avuto un attacco di panico. Sono riuscita a finire la giornata grazie al supporto dei colleghi che facevano la processione per venire a vedere come stavo e darmi coraggio.
Preciso che le aggressioni non erano rivolte a me. Ho sempre sentito tanto affetto da parte degli studenti.
I problemi ce li hanno fra di loro o per meglio dire, dentro di loro.
Per la prima volta mi sono sentita in pericolo a scuola. Credo che tutti noi abbiamo dei limiti, assistere a gravi aggressioni fisiche e verbali nella mia classe deve essere il mio.
La cosa più devastante è che non faccio questo lavoro per caso. Avevo altre offerte e possibilità. Sto lavorando in questo tipo di scuola perchè l'ho desiderato intensamente e nonostante ciò, non ne posso più. Il carico psicologico per me al momento è insostenibile. Non sono ancora capace a essere distaccata, a non farmi coinvolgere.
Una collega nella mia stessa situazione mi ha detto 'sento che sto assorbendo il loro trauma'. Assorbendo. Accidenti se ci ha preso.
L'altro giorno un bambino grande e grosso ha avuto un accesso d'ira. Nessuno in classe ha capito il motivo, ma i compagni mi hanno raccontato che è una cosa che gli succede relativamente spesso. Respirava forte, guardava nel vuoto, pugni chiusi, stava per esplodere. Gli ho messo una mano sulla spalla e l'ho tenuta lì immobile, pesante, mentre gli parlavo piano. Il respiro ha rallentato. Le lacrime hanno cominciato a bagnargli il naso. E' tornato in sè. Si è rimesso a lavorare, stava bene. Io invece ho ripensato alle parole della collega. Quanto aveva ragione, avevo assorbito tutta quella rabbia, quel dolore. Tutta quella roba era passata da lui a me. Difatti a sera ero completamente esausta.
Neanche quella notte ho dormito.
In qualche modo sono arrivata a venerdì. Venerdì mattina volevo licenziarmi. Sul serio, stavo per andare a casa lì per lì. avevo raggiunto il limite. Poi non so cosa mi sia passato per la testa. Probabilmente ho pensato a qualcuno che entra in classe e dice, la maestra non torna più. Ho immaginato le facce, la delusione e il senso di colpa anche perchè loro lo conoscono perfettamente il motivo per cui ci sono sempre tutti questi nuovi insegnanti e se ne dispiacciono da morire, anche quelli che provocano i problemi ne soffrono. Non sono capaci di fermarsi in tempo, ma non significa che non lo vogliano. E' un problema di regolazione degli impulsi.
Non so cosa mi sia scattato. Un colpo di genio forse. E' stato come riemergere dopo essere stati troppo a lungo sott'acqua. Ho ripreso a respirare. All'improvviso mi sono resa conto che avevo io un grosso limite mentale: non riuscivo ad accettare quanto i miei studenti fossero indietro rispetto ai coetanei. Ho semplificato tutto (hanno tantissimo bisogno di sentirsi competenti!) e ho dato anche modo di scegliere a ognuno la propria attività. Dovevano imparare a collaborare prima di qualunque altra cosa. Vedere il presunto bullo e il presunto bullizzato divertirsi insieme è stato surreale. Alcuni di questi bambini, non li avevo mai visti sorridere. Li guardavo e mi erano del tutto estranei. Non avevo mai realizzato quanto un sorriso possa cambiare i connotati di una persona. Ero entrata in un universo parallelo dove erano semplicemente dei bambini, come tutti gli altri.
C'era un bambino di nove anni che mi è sempre sembrato clinicamente depresso, che all'improvviso ha cominciato a parlarmi in spagnolo. Non sapevo parlasse spagnolo. E sorrideva, e rideva.
E' stato il giorno più bello della mia carriera e, non vorrei esagerare, ma forse anche uno dei più belli di tutta la mia vita.
Per questo, sono rimasta molto sorpresa quando anche quella notte non sono riuscita a dormire.
Ci sono volute 24 ore buone per uscire da quel tunnel emotivo. Ieri notte ho dormito almeno sette ore e bene, senza aiuti esterni.
Il fatto è che domani è un'altra volta lunedì e penso di nuovo a quel pulsante.
Ho ottenuto di avere un altro adulto in classe con me quando il gruppo piú aggressivo arriverà e stavolta ho un piano. Ho fatto dei cambiamenti che venerdì ho sperimentato e hanno dato ottimi risultati. Oltretutto, quello che è successo la settimana scorsa, ha sollevato il velo. Mi ha reso umana ai loro occhi. Ho una quantità di lettere, confessioni, disegni, abbracci, ti voglio bene, sei la migliore, posso aiutarti? Niente niente, la catastrofe sfiorata ci ha unito.
Un ragazza delle più grandi mi ha regalato un disegno. Da un lato c'è un bel cuore rosso e grande e dall'altra c'è un omino tutto triste e grigio che cerca di legarlo con una corda e tirarlo a sè. L'omino è grigio perchè è solo e senza amore, mi ha spiegato meglio. Lo vuole tanto e cerca di tirarlo verso sé con la forza, ma non funziona. Guardando attentamente si intravede una scritta in bianco; non puoi farcela da solo. La ragazza mi ha spiegato ancora: è che nessuno può amare e essere felice da solo.
Sarò pazza, ma un po' di speranza, lo confesso, ancora ce l'ho.
Chissà se riuscirò a dormire questa notte.
giovedì 8 settembre 2022
piccolissimi passi avanti
martedì 6 settembre 2022
di lunedì e ancore
venerdì 2 settembre 2022
abbott elementary e noi
domenica 28 agosto 2022
o anneghi o impari a stare a galla
Durante il colloquio si era parlato, fra le altre cose, di giustizia sociale e di come si possa arrivare a buoni risultati accademici tenendo conto dei gravi traumi di cui molti bambini poveri purtroppo fanno esperienza fin dalla più tenera età.
Per me quel colloquio è stato un punto di svolta. Per un anno intero ero stata testimone di un sistema scolastico fondato sull'ingiustizia. Cercavo esattamente un'opportunità di quel tipo. Volevo lavorare in un ambiente dove si parla apertamente di questi temi, dove ci si assumono le proprie responsabilità e ci si impegna al massimo.
Quello che sapevo quando ho accettato il lavoro è che la scuola - che fra l'altro è nuovissima, e a mio parere anche bellissima- si trova in una zona problematica e che la stragrande maggioranza degli studenti vive in una condizione di povertà. Quando ho iniziato però, mi sono accorta che c'era di più, molto di più.
Frasi buttate lì durante le riunioni preliminari, frasi che mi mettevano i brividi.
"Bisogna cambiare la divisa perchè il tale colore è lo stesso che viene utilizzato da una gang della zona ed è meglio evitare confusioni".
"Se mentre entrate sentite degli spari, anche a distanza, avvisate sempre".
Cose così. Non so se mi inquietassero di più i fatti in sè o la normalità che certe affermazioni o certi aneddoti incontravano.
Dice, alcuni studenti, qualche decina, non hanno una casa. E tu che sei completamente fuori da quest'ordine di idee subito ti chiedi...ma come?
Di solito vivono in qualche motel di quart'ordine, famiglie numerose in una stanza. Il problema è che molti anche se lavorano non hanno le credenziali o un modo di mettere insieme abbastanza denaro per l'acconto. Gli studenti senza casa, li porta a scuola un autobus speciale, mi hanno raccontato. Ma sento parlare di un ex studente che, ad esempio, non si poteva permettere nemmeno il motel di quart'ordine e così un giorno che l'aveva combinata grossa ha confessato di stare vivendo abusivamente in uno di quei garage che si affittano con la funzione di ripostiglio.
Come fa una famiglia a vivere dentro una scatola senza riscaldamento o aria condizionata, senza nemmeno un rubinetto o uno straccio di finestra? Chiaro che un ragazzino in quella situazione debba trovare un modo per farsi sentire con tutta la rabbia e il dolore che ha dentro.
C'é un'altra bambina che è da sola. Il papà è morto di aids e la mamma che è malata terminale ha pensato che avesse più possibilità di cavarsela qui negli Stati Uniti che con lei in Messico. Così l'ha affidata a una conoscente, insieme hanno passato il confine, non so come, e ora viene da noi. Sento storie di questo tipo tutti i giorni.
La sera dell'open house, quella in cui le famiglie vengono a conoscere gli insegnanti, mi si avvicina una mamma con una bambina piccola, ma non così tanto da non capire cosa stesse succedendo. Mi chiede in spagnolo dove distribuiscono i materiali scolastici gratis. Scopro in questo momento che vengono organizzati degli eventi in cui si regalano alle famiglie in difficoltà quaderni, matite e tutto il necessario per cominciare la scuola. Quegli eventi però si erano tenuti la settimana precedente. Inoltre lei usava una parola che non conoscevo. Il mio spagnolo oltre a essere leggermente arrugginito, è anche un po' diverso da quello che sento a scuola perchè l'ho imparato in Spagna. Nell'America del centro e del sud in ogni paese, si usano espressioni diverse che tante volte io non conosco. E così questa povera donna si è trovata non solo a farmi questa richiesta, ma anche a ripeterla più e più volte con evidente frustrazione finché è come esplosa in un "FREE! No habla español?". Ero mortificata, anzi è passato quasi un mese e sono ancora mortificata. Quando il malinteso si è chiarito, sono andata a informarmi e ho scoperto che non c'è nessun problema. Ognuno porta ciò che può e al resto provvede la scuola. Capivo che ovviamente il problema di quella mamma era un altro: non voleva mandare la bimba a scuola senza tutto il necessario. Allora l'ho portata nella mia classe e con la lista in mano ho cercato quello che potevo darle sul momento. Ho preso quella decisione per conto mio, ho fatto bene? Ho fatto male? Dovevo darle qualcosa in più già che c'ero? Ogni bambino dovrebbe avere delle matite e colori anche a casa, no?
Quando sono cominciate le lezioni, il gioco si è fatto duro sul serio. il primo giorno sono tornata a casa attonita, traumatizzata. Mi sono resa conto che sarebbe stato impossibile insegnare come sono abituata a insegnare in questa scuola.
Abbiamo una classe di "nuovi arrivati". Ogni giorno mi si presentano almeno un paio di studenti di ogni età che mi raccontano che sono appena arrivati (dal Messico, ma anche dal Guatemala, dall'Honduras...) e non sanno una parola di inglese.
Non sono stata assunta come insegnante bilingue, il fatto che conoscessi lo spagnolo era un di più. Le classi in cui parlo inglese però sono pochissime, nel senso che se parlo in inglese non mi capiscono per niente. Ci sono delle classi in cui posso parlare inglese e altre in cui posso parlare spagnolo, ma ce ne sono anche tante altre in cui se voglio essere capita devo tradurre tutto. E' come essere catapultata in un paese straniero. Anche la cultura è diversissima, un giorno ve ne parlerò.
Il mio più grande problema quando sono arrivati gli studenti è stato l'imprevedibilità. Ogni volta che entra una classe non so cosa succederà, ancora non li conosco, non so che lingua capiscono, se sono aggressivi o sereni più o meno come tutti gli altri studenti delle scuole in cui ho insegnato perchè ci sono anche studenti così grazie al cielo. La prima settimana guardavo fuori dalla finestra e ogni giorno vedevo lunghissime file di genitori che ancora stavano iscrivendo i bambini di persona (nelle altre scuole non funziona così, ci si iscrive per tempo, online). Domani è probabile che torni a scuola e trovi vari studenti nuovi in ogni classe, ma non è detto che restino. Mi hanno spiegato che c'è un grande viavai in questo tipo di comunità. Raramente hai la consolazione di poter almeno seguire gli stessi bambini dal kindergarten alla prima media.
Come insegnante vieni in po' buttato dentro così. O anneghi o impari a stare a galla. Ci sono classi ancora scoperte. Gli insegnanti stanno arrivando dal Messico, ci vuole tempo per fare i documenti. E guarda caso sono le classi in cui ho visto i casi umani più tragici. Ogni giorno mettendo insieme gli indizi, scopro un pezzettino nuovo. Incredibilmente nessuno si è preso la briga di avvisarmi, ad esempio, che avrei avuto ben due classi di bambini con disabilità così gravi che da richiedere la presenza di vari insegnanti di sostegno.
C'è uno di questi studenti che è fissato con i pastelli a cera, li mangia. Non sono tossici, ma non deve mangiarli, sono sporchissimi e avvolti nella carta. C'è una maestra che lo segue ovunque. Io nascondo i pastelli a cera, ma lui li trova lo stesso. L'altro giorno ne ha messo uno in bocca e non c'è stato verso di farglielo sputare. Lo abbiamo guardato impotenti masticare questo pastello verde per minuti interminabili. Ho avuto gli incubi.
L'impatto di tutto questo sulla mia psiche inizialmente è stato catastrofico.
Il peggio è arrivato quando ho smesso di dormire. Ero perseguitata sia da quello che vedevo sia dall'ossessione di trovare soluzioni. Era come cercare di svuotare il mare con il secchiello. Non riuscivo a smettere di pensare mai, né di giorno né di notte.
Il secondo giorno di lavoro, mi sono chiusa in bagno a piangere. Non dico che non possa capitare di piangere sul lavoro, ma era il secondo giorno, chiaramente qualcosa non stava andando per il verso giusto. Ho cominciato ad avere paura di non farcela ad arrivare alla fine dell'anno e poi della settimana. Era troppo. Non riuscivo a funzionare. A casa erano preoccupati, non c'ero e quando c'ero avevo la lacrima facile. Non riuscivo nè a parlare, nè a distrarmi in nessun modo.
Il dolore. Il dolore che ho sentito in quei bambini mi ha travolto e contagiato. Anche se non era il mio dolore. Anche se io la sera torno nella mia bella casa con tutto il cibo che voglio e una famiglia che mi aiuta e si fa in quattro per me. Quindi avevo anche il senso di colpa. Quel dolore non riguarda me, io non posso lamentarmi di nulla se non della mia incapacità di fare di più, eppure soffro.
Quando ho visto che le cose non accennavamo a migliorare, ho chiesto supporto a scuola. Sono stata convocata in amministrazione, una riunione ufficiale. Mi sembrava all'inizio di essere stata "mandata dal preside". Il mio unico obiettivo era rimanere professionale e non piangere davanti a quella persona. Beh, dopo un'ora che parlavamo a piangere era lei non io.
È venuto fuori che quello che sto provando è perfettamente normale. Chissà forse è per questo che l'anno scorso quasi metà corpo docente se n'è andato. Chissà forse è per questo che non riescono ad assumere uno psicologo mentre dovremmo averne almeno due.
Prima di entrare in quell'ufficio mi aspettavo di essere in qualche modo rimbrottata per i miei metodi che sono sempre stati considerati troppo soft a livello disciplinare. Assolutamente no, nessuna critica. È che non si parla nemmeno di disciplina in termini "normali". Se hai degli studenti che a volte non sono mai stati in una scuola, che sono appena arrivati da un altro paese, che magari sono in terza elementare e hanno problemi a usare anche solo il bagno, c'è poco da fare: è dura. Ci sono studenti così traumatizzati che hanno comportamenti ingestibili da una persona sola. E allora si lavora insieme, si parla, si tirano fuori soluzioni da provare, strategie, ci si fa coraggio a vicenda senza accusarsi.
Quella riunione, insieme a varie chiacchierate con altri colleghi, è stato un altro punto di svolta.
Ho capito non solo di essere circondata da persone per tanti versi simili a me, ma anche di essere sulla strada giusta. Ho capito che la situazione è difficile di per sé, non sono io a complicarla. Sembrerà strano, ma fino a quel momento non lo sapevo. Mi si è come accesa la luce, come se qualcuno avesse premuto l'interruttore. Sono tornata a casa, ho guardato un film e ho dormito serena per tutta la notte.
Tutti i colleghi che lavorano lì da vari anni a cui ho esposto i miei dubbi ho visto che si commuovono ancora quanto mi commuovo io pensando a determinati studenti. Ragionando con loro ho capito però che esiste anche una strada per continuare a fare questo lavoro con gioia ed entusiasmo. Quella strada non fa per tutti. Passa dalle lacrime e dalle notti in bianco iniziali, pare che sì, fanno parte del pacchetto. A volte bisogna semplicemente passarci, attraversare il dolore e arrivare da un'altra parte, arrivare a una nuova consapevolezza.
La consapevolezza nel mio caso è questa: io posso cambiare solo un'ora alla settimana nella vita dei miei studenti, è così. Se mi carico tutto il peso dei loro guai sulle spalle, cado e se cado gli tolgo anche quell'unica ora di serenità.
Quando ho fatto mia questa semplice verità, è cambiato tutto. Sto cominciando anche a divertirmi di nuovo. Il mio lavoro è divertente, sorprendente, interessante, lo stavo quasi per dimenticare. Le giornate volano. A me non viene detto quali siano i bambini senza casa o senza genitori o con chissà quali problemi. Non lo voglio nemmeno sapere. Voglio creare per tutti noi un luogo e un momento di pace in cui essere bambini, in cui usare l'immaginazione, in cui chiudere tutti i problemi fuori dalla porta. E se qualche problema si intrufola non è la fine del mondo, è già successo. Ne parliamo, tutto si affronta, tutto si può non risolvere ma migliorare usando la testa e la calma.
Non so quanto riuscirò a mantenere questo equilibrio e non so se questo è il lavoro della mia vita, ma per adesso sono qui e ne sono felice. Quello che sto facendo mi sta dando una soddisfazione e una gioia profonde che mi ripagano di tutto.
Un collega che mi aveva visto demoralizzata, mi ha lasciato un cookie sul computer l'altra mattina. Sul biglietto ha scritto "resisti, sei qui per un motivo". Forse è proprio così.
domenica 7 agosto 2022
per vivere a lungo bisogna annoiarsi
La Sequenza è una scultura di Fausto Melotti che si trova all'HangarBicocca. Rivederla quest'estate mi ha sbloccato un po' di ricordi universitari e non solo. Pare che Melotti una volta abbia detto:
“Lavorando accaniti il tempo passa via e non lo vedi.
Per vivere a lungo bisogna annoiarsi.”
Questa frase mi è tornata in mente in questi primi giorni del lavoro che dovrebbe confermarsi il più impegnativo che abbia mai fatto. Il tempo è volato e ho perso innumerevoli dettagli su cui prima avevo il tempo di soffermarmi e ora no.
Quanto è difficile trovare un equilibrio fra lavoro e vita privata.
Sono orgogliosa di me per non aver avuto timori a mettere in chiaro fin dal colloquio quanto questa sia una priorità per me e aver già ottenuto dei piccoli aggiustamenti su un orario che mi sembrava poco sostenibile, ma di cui nessuno, chissà perchè, si era mai lamentato prima.
Adesso che con Mr J i ruoli si sono in parte invertiti, non lo nascondo, mi manca un po' la terra sotto i piedi. Al lavoro per adesso sono così concentrata e occupata che vivo con la perenne sensazione di aver dimenticato qualcosa o di trascurato qualcuno.
Ha corso abbastanza Mimì?
Joe è tranquillo prima di iniziare le medie?
Woody ha imparato a salire sul ramo più alto? me lo sono perso?
A parte questo, la prima settimana è stata una sorpresa dietro l'altra. Sapevo di dover fare una settimana di formazione, questo sì. Nella mia esperienza, però la cosiddetta formazione è sempre stata sedersi lì e ascoltare dei discorsi, al massimo partecipare a qualcuno di quei ridicoli giochi per rompere il ghiaccio (e ho fatto anche quello, eh), non partecipare a eventi mastodontici in giro per la città.
La città, quanto mi è mancata la città. Cercare di inserirmi nei suburbi è stata una frustrazione continua. La mentalità è completamente diversa.
So che in tutte le grandi organizzazioni non si può essere tutti d'accordo al 100%, ma sto apprezzando molto il messaggio generale di quella per cui lavoro. Gli insegnanti (a parole e con regali) vengono ringraziati di continuo a tutti i livelli, dal preside al sovrintendente e questo conta, spinge e motiva perchè il compito che abbiamo davanti è colossale. Sentirsi dire grazie, anche solo per aver accettato di provarci non è per niente scontato.
Ho sentito parlare tanto in questi giorni di restorative practices, pratiche riparative. Si tratta sostanzialmente di studi che insegnano come migliorare e riparare le relazioni sociali per costruire comunità più solide e sane e aumentare il capitale sociale. Queste teorie riguardano vari campi: non solo l'educazione, ma anche la psicologia, la sociologia, la criminologia e lo sviluppo delle organizzazioni. Per farvi un esempio pratico, nel mio distretto solo state abolite le sospensioni. Analizzando i dati si sono accorti che le sospensioni non funzionano, che gli studenti sospesi non imparano nulla.
Mi ha colpito questa frase: non sanno leggere e gli insegnamo a leggere, non sanno la matematica e gli insegnamo la matematica, non si sanno comportare e li puniamo.
Verrano prese misure alternative. Ci saranno delle cosiddette 'reset rooms', classi in cui fermarsi a riflettere e calmarsi prima di tornare nel gruppo in modo produttivo.
Nella mia scuola, ogni classe, anche la mia, avrà un suo "angolo della calma". Da parte dei miei colleghi ho sentito commenti positivi, ma anche polemici rispetto a questo approccio. Per me che tutto questo l'ho sempre fatto per conto mio, è di grande conforto sentirmi parte di un tutto, legittimata e non più isolata nelle mie posizioni un tempo, e altrove, considerate estreme.
Ho avuto delle conversazioni incredibilmente franche e profonde con i miei colleghi riguardo a quello che ci aspetta. La nostra è una scuola con una popolazione povera in modo purtroppo a volte anche estremo. Io questo non lo sapevo, me lo stanno raccontando loro in questi giorni. Mi dà speranza il fatto che finora tutti quelli con cui mi sia confrontata mi abbiano raccontato di avere motivazioni robuste per aver scelto di insegnare proprio lì e tantissime idee. Ci vuole determinazione, concentrazione.
Sapete però qual è stata la cosa migliore di questa prima settimana per me? Sentire la mia storia raccontata da altri, cioè rendermi conto che quello che è successo a me lo scorso anno (qui) era vero e tutto sommato piuttosto comune, non me lo ero sognato e non avevo fatto nulla di male.
Questa forse la più grande tragedia della discriminazione sistemica: ritrovarsi a dubitare di se stessi in quanto immersi fino al collo in una macchina che lavora tutto il tempo contro di te in modo sottile, ambiguo, sfuggente. Se questo meccanismo perverso funziona è perchè nessuno parla apertamente, nessuno sa di chi può fidarsi, tutti hanno paura.
Spesso ricevo commenti a post che ho scritto anche quindici anni fa. Da una parte vorrei aggiornare quei post perchè non sono più io o perchè nel frattempo ho imparato qualcosa di nuovo, ma poi non lo faccio perchè quello che conta è che qualcuno ci si riveda in qualche modo. Credo che la privacy sia necessaria in molti casi, ma che sia anche incredibilmente sopravvalutata. Se non mettiamo in mezzo quello che abbiamo e quello che sappiamo nella maniera che troviamo più adatta a noi, non possiamo davvero conoscerci in modo intimo e vero. Sentire la propria esperienza raccontata da altri in altre circostanze e altri luoghi ha un potere quasi taumaturgico, guarisce. Per questo racconto e ascolto e non smetterò mai di farlo.
Uscendo dalla conferenza, l'altro giorno, sono andata a riprendere la mia macchina nel parcheggio sotterraneo del teatro. Per un attimo, per un qualche strano gioco di riflessi, è apparso un arcobaleno così vivido nel grigiore generale da sembrarmi finto. Passo e chiudo con questa immagine, qualunque cosa rappresenti.
lunedì 1 agosto 2022
sentirsi utile
Grazie per i messaggi di incoraggiamento!
martedì 19 luglio 2022
i cambiamenti climatici e noi
Quando ero in Italia e soffrivo come una matta per il caldo, non credo la temperatura abbia mai superato i 34 gradi, ma per me è stato quasi traumatico. In passato spesso la sera c'era un temporale, un po' di fresco. Quest'anno niente, il caldo era continuo e attanagliante.Facevo mille docce al giorno, non dormivo e non mi sentivo bene.
Tutti mi chiedevano (proprio tutti):
"Ma come? In Texas non fa molto più caldo?"
Certo, in Texas fa molto più caldo, però qui siamo organizzati a vivere con il caldo e non stiamo male. Abbiamo le piscine, i giochi d'acqua nei parchi giochi per i bambini e l'aria condizionata ovunque. Il dramma purtroppo è per chi fa lavori all'aria aperta ma in ogni altra circostanza, non ci sono problemi particolari.
Non c'è davvero niente da ridere quando gli inglesi o gli scozzesi si lamentano per i 31 gradi. Loro non sono preparati a sopportare quel tipo di temperatura.
Non tornavo in Italia da tre anni e ho notato cambiamenti notevoli sia nel clima che nella fauna (prima non c'erano coniglietti, scoiattoli e stormi di pappagallini) che nella vegetazione. Ho visto tanti alberi di limone e ulivi crescere in modo imponente. Non è normale. Sono piccoli segni, ma non sottovalutiamoli. Non si sta mettendo per niente bene.Anche in Texas il caldo di questi giorni è anomalo, ma la gente tende a notarlo meno perché il clima in Texas come sapete é sempre in un certo senso un po' anomalo e imprevedibile. Qui il sole tramonta verso le 8 e mezza. Raccontavo ai miei amici texani che a Milano le giornate sono molto più lunghe e che mi manca la luce fino quasi alle 10 di sera. Per carità!- mi hanno risposto loro- abbiamo bisogno di qualche ora senza sole bollente.
Come sempre, ogni punto di vista ha il suo perché.
venerdì 15 luglio 2022
l'odissea del ritorno
Ciao! Dopo più di un mese in Italia sono tornata in Texas.