Una cosa che mi aveva molto infastidito l'anno scorso durante la scuola online, era il progetto di cosiddetto "giro del mondo" della maestra di Woody in cui dava un'enorme attenzione a piccoli paesi europei come l'Italia, la Svezia o la Germania e allo stesso tempo trattava tutta l'Africa che è un continente come una nazione mischiando informazioni che non si capiva a quale stato si riferissero. Adesso che sto girando varie scuole vedo che purtroppo quel progetto è abbastanza in voga.
Nella classe in cui mi trovo in questo momento, c'è un'enorme bandiera della Francia sulla lavagna e un planisfero sovrastato dalla scritta "dov'è l'Africa?", tutta l'Africa. Attraversando i corridoi di questa scuola ti sembra di essere alla conferenza mondiale di Pinterest.
Ci sono interi corridoi a tema: Grecia, Inghilterra, Germania, Polonia, Portogallo, Svezia...e poi sporadicamente Messico, Taiwan, Brasile: la sproporzione fra paesi europei, Texas (il famoso orgoglio texano, non è un luogo comune) e resto del mondo è lampante. Tra l'altro indovinate quale è l'unico paese africano che hanno scelto di rappresentare?
Già, proprio il Sudafrica, il più bianco di tutti.
Non che le conseguenze cambino, ma sono convinta che non ci sia cattiveria.
La mia ipotesi è che la causa sia la consuetudine. Il fare sempre le stesse lezioni. L'essere sempre fra simili.
Essere sempre fra simili manda a dormire lo spirito critico.
Del resto tutte le scuole che sto vedendo hanno classi fatte così:
- quelle in cui gli studenti parlano fra loro e a volte ti si rivolgono direttamente in spagnolo
- quelle con un solo studente bianco
- quelle con un solo studente nero
Ieri in questa scuola dove l'Africa è una nazione (oppure il Sudafrica) è arrivata una classe di quinta elementare con una sola bambina afroamericana alta 1.70. Fuori dal gruppo in ogni senso.
Non la conosco, ma a dieci anni piombando nella sua vita in un giorno qualunque l'ho vista molto silenziosa, riflessiva, con uno sguardo tutt'altro che allegro. Posso solo immaginare come si possa sentire tutti i giorni in questo ambiente in cui va da sé, non c'è un singolo insegnante che non sia bianco.
Come se non bastasse, il messaggio che le viene passato ovunque in questa scuola è che bisogna sempre essere felici. Ovunque ci sono scritte che dicono cose tipo "è una bella giornata per avere una bella giornata!".
In questa classe, all'ingresso c'è una grande bandiera che dice solo "no bad days no bad days no bad days no bad days no bad days no bad days no bad days..." all'infinito.
C'è da impazzire.
Un'altra parete invita alla riflessione. Un cartello dice: "come ti senti?" E una lista di emozioni positive e negative e poi:
Mi sento..... perché...
Fosse semplice questo livello di consapevolezza, e alle elementari poi. Ma ammesso che lo fosse, giochiamo:
"Sono felice perché ho preso un bel voto". Facile.
"Mi sento sola perché nella mia scuola non c'è nessuno che somigli a me". Difficilissimo.
Dovrebbe dirlo all'insegnante? C'è qualcuno che le darà sostegno? A scuola c'è sempre almeno uno psicologo, ma ha questo tipo molto specifico di competenza? E' come sganciare una bomba nella vita di qualcuno e andare avanti con la propria come se niente fosse.
Alla mia veneranda età, immersa in questo tipo di comunicazione, sono rimasta molto perplessa, sconcertata quasi. Mi chiedo che messaggio arrivi ai piccoli, come possano sentirsi in una scuola che li spinge a essere "felici" quasi in modo competitivo, ma taglia fuori ogni complessità del mondo reale e soprattutto non li ascolta.
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