Ho avuto un pensiero abbastanza ottimista ieri. Devo dire che non mi capita spessissimo ultimamente.
Me lo segno prima che scappi via.
Ragionavo sul compleanno di Joe, su quanto mi avesse inizialmente demoralizzato il fatto di dover trovare un modo di festeggiarlo durante la pandemia mentre non sentivo nessuna voglia di festeggiare.
Il suo grandissimo amico ha bussato alla porta a sorpresa una mattina e siamo andati a scavare fossili in mezzo al nulla. Siamo arrivati là, a un'ora e mezza da casa, e non c'era letteralmente nulla, proprio come diceva il sito, nemmeno il servizio telefonico, nemmeno una vera strada in realtà. E invece, forse anche proprio per questo, pazza gioia. Una giornata memorabile. Abbiamo trovato un sacco di fossili e di divertimento (qui).
Missione compiuta. "With a little help from my friends" come sempre (perchè non era mica scontato che i genitori dell'amichetto avessero voglia di farsi più di tre ore di macchina per fare questa genialata).
La mia più grande preoccupazione in questi mesi, e non solo mia ma suppongo di tutti i genitori, riguarda ciò che i bambini stanno perdendo della loro infanzia, tutto quello che io ho avuto e dato per scontato e che per loro adesso non c'è.
Ho realizzato l'altro giorno all'improvviso che il piccolo Woody ha passato un quinto della sua vita in lockdown. Mi vengono le vertigini a pensarci.
Eppure se la pandemia finisse domani credo che davvero potrebbero dire di avere fatto in qualche modo tesoro di questa esperienza.
Gli abbiamo mostrato come si resiste alle avversità. Abbiamo fatto un ottimo lavoro, credo. Ho avuto un'estate difficilissima, ma poi mi sembra che una volta accettata la situazione, sia uscito un po' il meglio di me.
Ci siamo divertiti tanto, abbiamo inventato giochi, abbiamo passato del tempo all'aria aperta tassativamente, con qualunque temperatura, tutti i santi giorni. Abbiamo tutte le nostre canzoni, i nostri scherzi che capiamo solo noi.
La vita non si è fermata. Siamo andati avanti e abbiamo trovato gioia nelle più piccole cose.
Woody è quello che soffre di più dall'inizio. A volte chiede 'quando finisce la pandemia?' ma appena provi a rispondere dice 'non mi piace parlare di queste cose, basta, non parliamone più'.
A Joe manca moltissimo la scuola, lo so anche se lui non si lamenta mai. Ne abbiamo parlato solo una volta e come sempre, mi ha lasciata di stucco:
- Sai, questo discorso mi fa venire in mente un libro che ho letto - e ha citato a memoria:
"Non sai mai quanto vale l'acqua finché il pozzo non si prosciuga. Non conosci l'importanza di qualcosa finchè non la perdi".
Questi sono insegnamenti che resteranno per la vita, mi dico congratulandomi con me stessa.
Poi però subentra la vera me, quella decisamente non ottimista che osserva...sì certo, peccato che non è mica finita.
Chissà cosa potrà succedere ancora in questo lungo inverno. Chissà quanti disastri sarai in grado di provocare, quanti ne succederanno.
Ieri qui si sono superati i tremila morti. Oramai i giornalisti non sanno più che paragoni inventarsi per fare capire la gravità della situazione. Siamo ben oltre un 11 settembre al giorno eppure c'è una sorta di follia generalizzata per cui tutto è normale, tutto procede come prima per chi non è ammalato.
La cosa più difficile da accettare dall'inizio di questo dramma collettivo a oggi, è proprio il fatto che tante cose ora semplicemente non le sappiamo e ci toccherà aspettare, magari molti anni, per dare un senso a questo tempo.
Nel frattempo pensiamo a mettere un piede davanti all'altro e ad avanzare sempre, meglio che possiamo.
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