E' sempre difficile cogliere i cambiamenti. La maggior parte delle volte, le cose scivolano via dalla nostra vita piano piano in modo impercettibile finchè un bel giorno ti svegli e...toh, ho i capelli alle spalle, è arrivato l'inverno, non ti amo più.
Ci sono dei momenti però che sono come dei segni e i cambiamenti li marcano, li evidenziano anche quando preferiresti ignorarli.
Per me uno di quei momenti è arrivato qualche settimana fa. Eravamo con degli amici che stanno seguendo uno stile di vita molto simile al nostro, a causa della pandemia anche loro lavorano da casa e seguono i due figli con la scuola a distanza.
Parlavamo della situazione e a un certo punto, qualcuno ha detto che questo anno scolastico oramai va così.
Mi si è fermato il respiro.
Come "oramai va così"? Insomma, io ancora ci speravo che potessimo tornare tutti a scuola con l'anno nuovo. Non mi immaginavo altri sette mesi agli arresti domiciliari (per carità, siamo pieni di comodità e piattaforme di streaming e non possiamo assolutamente lamentarci rispetto ad altri, ma siamo in queste condizioni da marzo, per la miseria).
Dopo un po' di tempo è successo un altro evento significativo. Abbiamo cambiato pediatra e il nuovo mi è sembrato molto meno in allarme rispetto alla possibilità di aggiungere l'asma al COVID (Joe e Woody soffrono entrambi di asma). Genera grande confusione e ansia sentire due medici esprimere pareri così diversi.
E chiaramente si è riaperta la mia grande ferita.
Ma allora mi sono licenziata per niente?
Avete mai sentito l'espressione "self-doubt"? Ecco, non ne trovo in questo momento un'altra in italiano che renda così bene quell'interrogarsi mille volte al giorno sulle proprie scelte, non solo quelle future, ché quello sarebbe naturale, ma anche su quelle passate su cui non si ha più nessun potere di intervenire.
Vado a dormire con questo stato d'animo e al mio risveglio, come se l'universo volesse indicarmi una via d'uscita, trovo un'email. E' bellissima e viene dalla preside della scuola Wonka che mi chiede per favore di tornare. Colpo di scena. Mi dice che mi capisce perfettamente, ma che a scuola sta andando tutto bene a livello di infezioni e non devo preoccuparmi. Mi dice perfino che mi vuole bene e che manco molto a tutti che sono frasi forse un po' eccessive in ambito professionale, ma devo dire che sono perfettamente in linea con il suo comportamento nei miei confronti dal colloquio in poi.
Quasi ci rimango secca. Non avevo idea che il sentimento nei miei confronti fosse questo. Lì per lì, mi sono immaginata in classe con i miei bambini, con le mani sporche di tempera a lavorare insieme. E' tutto quello che vorrei, quello che mi manca in questo momento. Subito dopo però mi sono ritrovata impigliata negli stessi identici dubbi che mi hanno portato a licenziarmi. La differenza rispetto ad agosto, è che ora le scuole qui sono state aperte per quasi due mesi e ci sono diversi giornali autorevoli che spingono il concetto che siano sicure. Ho letto molto bene questi articoli, e anche altri di segno opposto, e rimango scettica su tutto perchè gli Stati Uniti sono un paese grande, è difficile generalizzare. Ogni scuola decide da sè le misure da adottare e ogni zona ha percentuali di positività completamente diverse. Per di più qui in Texas i test non sono obbligatori (spesso addirittura vengono scoraggiati), il tracciamento è ridicolo e non c'è un vero obbligo di trasparenza. Penso che ognuno spinga per tirare acqua al proprio mulino mentre in realtà è troppo presto per capire con esattezza cosa stia succedendo.
Così, a malincuore, ho deciso di rifiutare l'offerta di tornare al lavoro.
Mentre mi disperavo per trovare una risposta in mezzo a mille dubbi, una mia amica, una persona di un'intelligenza e di una sensibilità uniche, è riuscita a ridurre la questione all'osso. Mi ha chiesto: ma tu quanto sei soddisfatta della tua vita di adesso?
Di fronte a un'insoddisfazione che è causa di infelicità, ha senso mettere a rischio anche la salute per tornare a fare quello che si ama.
E lì mi sono resa conto che...non sono per niente infelice, anzi.
Ho trovato un mio scopo nella vita anche in questa situazione. Joe e Woody hanno bisogno di me più che mai e io ho la fortuna di poterci essere sempre, come ha fatto mia madre quando avevo bisogno di lei. Questo dà un significato e una forma nuova alle mie giornate, è vero, ma non meno nobile, mi sento comunque arricchita da quello che faccio.
Nella mia testa era così ingombrante il concetto di difficoltà esterna (pandemia, possibili tumulti politici alle porte, mancanza di famiglia e amici, assenza di lavoro...) che non mi sono fermata nemmeno per un secondo a contemplare il fatto miracoloso che qui dentro di me, adesso, è tutto più o meno in ordine. Sto bene.
Ho rifiutato sapendo che un'offerta simile era unica, che non mi sarebbe mai stata rifatta. Ho immaginato anche che si sarebbero seccati visto l'investimento emotivo dell'invito. Ho lavorato a scuola per tanti anni e non ho mai visto una persona tornare dopo le dimissioni e soprattutto dopo un grosso (civilissimo e pacifico nel mio caso) disaccordo (qui).
Invece la mattina dopo, ho trovato un'altra email. Un'altra proposta.
Se assumessi qualcuno temporaneamente, prenderesti in considerazione di tornare? Prendi tutto il tempo che ti serve.
E' un'offerta così generosa e inattesa che ancora non mi sembra vera. Non ho mai avuto paura di non trovare un altro lavoro (figuriamoci, gli insegnanti vanno a ruba più che mai), è che l'esperienza che ho avuto in quella scuola è stata così eccezionale (anche per Joe e Woody che la frequentano) che il mio dispiacere più grande era di aver perso quell'opportunità in particolare.
Torno alla scuola Wonka. Non so quando, ma ci torno!
Sono felice e piena di riconoscenza.