Uno dei problemi della riapertura delle scuole negli Stati Uniti, è che non ci sono precedenti: nessun paese le ha mai riaperte con i numeri di infezioni che si registrano qui in questo momento.
venerdì 28 agosto 2020
il database dei casi di coronavirus nelle scuole americane
mercoledì 26 agosto 2020
la trasparenza
La decisione di licenziarmi è stata un tale stillicidio per me e per tanti altri insegnanti perchè avevamo capito benissimo che le amministrazioni volevano fare qualcosa di molto pericoloso e semplicemente non ci abbiamo creduto. Tanti di noi hanno pensato: no, non può essere, si fermeranno in tempo. Dopo tutto, a marzo le scuole sono state chiuse con una situazione di contagi molto meno grave.
Qui negli Stati Uniti non esiste una strategia comune per la riapertura delle scuole, ogni distretto decide per sè. Dove mi trovo io e in molte altre zone, è successa spesso una cosa inquietante.
A un certo punto è stato chiaro: più la situazione dei contagi peggiorava meno l'idea di riaprire le scuole veniva messa in discussione. Anzi si rincarava la dose.
Inizialmente, per i bambini che sarebbero tornati a scuola, si parlava di misure di sicurezza importanti. Si sarebbero formati gruppi molto piccoli. Tutti gli studenti avrebbero indossato la mascherina. Ogni bambino avrebbe passato la giornata seduto al suo banco anche durante la pausa pranzo. Si sarebbe fatto il possibile per non condividere nessun materiale. L'ora di ginnastica all'aperto e niente sport dopo scuola. Al primo sintomo o contatto con un individuo infetto, dritti a casa.
Quando la pandemia è peggiorata ulteriormente però, ho visto le misure di sicurezza paradossalmente allentarsi.
In molte scuole, ad esempio, le classi sono rimaste numerose più o meno come prima impedendo il distanziamento sociale fra i banchi, ma un'altra cosa ben più grave è successa: è venuta meno la trasparenza.
I primi tempi si diceva e si ripeteva che chiunque avesse avvertito qualunque sintomo o fosse venuto a contatto con soggetti malati, sarebbe dovuto rimanere a casa in quarantena, ma ci si è presto resi conto della difficoltà di tenere fede a questo piano. Dove si trovano tutti questi supplenti durante una pandemia? Gente che lavora a ore dovrebbe prendersi il rischio di passare da una classe all'altra? Del resto non c'era la fila nemmeno prima per questo lavoro. E poi 14 giorni di quarantena sono tanti. Non è che puoi stare a casa quanto vuoi e continuare a ricevere lo stipendio. Ogni distretto ha normative differenti, ma c'è una generale mancanza di chiarezza sui rimborsi e l'utilizzo dei giorni di malattia. L'approccio sembra quasi essere: facciamo il possibile per non arrivare a quel punto.
Come? Invece di implementare la sicurezza, si chiude un occhio sui fattori di rischio. Mi spiego meglio.
Dato che una grande percentuale di chi prende il coronavirus non esibisce sintomi, per essere sicuri di essere stati contagiati bisogna fare il test. Qui i test ognuno -lavoratori e studenti- se li deve pagare da solo. Non tutti hanno un'assicurazione sanitaria e per di più i risultati possono arrivare con parecchi giorni di ritardo. Fare finta di niente fino alla comparsa dei sintomi, dalle storie che sento e leggo, sta diventando un tacito accordo che fa comodo a tutti.
Per tornare a scuola dopo il coronavirus in alcune scuole non è necessario un test negativo. Basta che siano passati 10 giorni dall'inizio della malattia, non avere la febbre da 24 ore e un "miglioramento" di tutti i sintomi.
I giorni di quarantena in molti distretti sono passati da 14 a 10. In uno stato, lo Utah, avevano addirittura deciso di abolirla per chi non ha sintomi. Poi, viste le critiche, sono tornati sui propri passi (qui).
I primi casi di contagio qui sono cominciati quando nelle scuole c'erano solo gli insegnanti a preparare le classi, ben prima che arrivassero gli studenti. Conosco insegnanti che quando il virus è arrivato nella loro scuola sono stati avvertiti a voce da altri colleghi e solo molti giorni dopo dall'amministrazione. Adesso che alcune scuole hanno cominciato a riaprire in modo completo anche qui in Texas, i contagi fra i bambini sono sempre più frequenti. CNN parla di un 21% di aumento di casi nei bambini nel giro delle due settimane corrispondenti alla riapertura delle scuole (qui).
Sembra che le notizie dei contagi molti presidi tendano a tenerle per sè finché non diventa impossibile nasconderle. E questo lo sto vedendo succedere non solo a scuola, ma anche in altri ambienti di lavoro.
Allora mi chiedo: come ci si può proteggere e allo stesso tempo proteggere quelli che vengono a contatto con noi se non sappiamo nemmeno di essere stati esposti al virus? D'altra parte però come si possono tenere aperte scuole, uffici e negozi seguendo tutte le norme di sicurezza?
sabato 22 agosto 2020
la vita continua
Quest'estate è stata dura.
Parlo al passato non perchè sia finita, ma perchè è da qualche giorno che dormo, rido e mi sento di nuovo me stessa. Penso di avere avuto una leggera depressione. Mai nella vita mi sono sentita così priva di speranza e così in balia degli eventi. Almeno, mai così a lungo. Avevo retto bene al lockdown, alla cancellazione del volo per l'Italia, alla solitudine del distanziamento sociale prolungato, ma l'annuncio di Trump di riaprire immediatamente le scuole, mi ha completamente stroncato. In quel periodo i contagi stavano salendo a dismisura in molti stati, soprattutto quaggiù al sud e pochi lo presero sul serio. Ci fu il solito coro di 'non può farlo, non è di sua competenza, è ridicolo'. Un paio di giorni dopo, guarda caso, la mia scuola come tante altre, annunciò la riapertura. Non un comunicato ambiguo del tipo vediamo cosa succede, il messaggio era forte e chiaro, spavaldo anche: si riapre, e non vediamo l'ora. Allora mi sono messa a studiare per cercare di capire come fosse possibile. Avevo letto chiaramente che le chiese, i bar, i ristoranti e tutti gli eventi al chiuso in generale avevano generato quantità sorprendenti di contagi. Non capivo come potessero pensare che mettere un sacco di bambini in una stanza potesse funzionare. Non hanno cancellato nemmeno il coro.
Ho fatto ricerche abbastanza approfondite per comprendere i successi e i fallimenti di altri paesi, ma una differenza mi è saltata immediatamente agli occhi: mai nessun paese ha provato a riaprire le scuole con queste percentuali di positività al virus, senza nessuna intenzione di condurre test o tracciare i contatti e addirittura abbassando o annullando i giorni di quarantena in assenza di sintomi.
Non riuscivo a staccarmi dalle notizie, non dormivo più. Aspettavo ogni minuto che qualcuno cancellasse questo piano incomprensibile perchè era ovvio che non ci avrebbero messo in questa situazione, no? No.
All'inizio di questa settimana il Texas ha superato i 10.000 decessi (qui) eppure la maggior parte delle scuole per ora continua con i piani di riapertura, piani che paradossalmente, in molti casi, si fanno sempre meno restrittivi.
La scienza è una, ma ogni scuola negli Stati Uniti prende decisioni in maniera del tutto indipendente. Ogni distretto intorno a casa mia apre o non apre come e quando vuole, in alcuni casi le maschere sono obbligatorie in altri no. Parliamo della vita di milioni di persone, ma qui non c'è nessuna autorità sanitaria che controlli o sanzioni: le decisioni sono lasciate agli amministratori e ai politici che, a giudicare dalla disinvoltura, non credo abbiano responsabilità penali. Da due o tre settimane stranamente proprio gli stati più colpiti dalla pandemia hanno cominciato a riaprire le scuole. E chiuderle. Aprono e chiudono.
C'è stata una studentessa in Georgia (qui) che ha postato delle foto del primo giorno di scuola dove si vedono corridoi pieni di ragazzi e molti sono anche a viso scoperto. La foto è diventata virale e la scuola invece di scusarsi ha sospeso la studentessa che ha postato la foto. Poi anche la notizia della sospensione è diventata virale e allora la sospensione è stata ritirata. Subito dopo hanno dovuto chiudere per via dei numerosi contagi.
A scanso di equivoci, il primo punto della mia lettera di inizio anno scolastico recitava: richiediamo che a scuola non venga scattata o postata nessuna foto in nessun caso e su nessun social media.
Gli insegnanti di arte come del resto quelli di musica, teatro, spagnolo, ecc. vedono centinaia di studenti alla settimana e spesso continueranno a farlo. Per noi è impossibile rimanere all'interno di piccoli gruppi. Ho analizzato la questione per settimane da tutti i punti di vista. Non penso che sia impossibile riaprire le scuole, penso solo che si debba seguire la scienza e la logica. Ho chiesto chiarimenti molto precisi fornendo dati scientifici. Ho considerato le classi con 20 bambini di 5 anni che a volte ancora si fanno la pipì addosso e da cui ci si aspetta che rimangano immobili al proprio banco con la mascherina per tutta la giornata. Ho considerato le finestre che nella mia scuola non si aprono e l'aria condizionata che non ha mai funzionato alla perfezione. Insegnare all'aperto? E' l'unica idea che per un attimo mi aveva dato fiducia, ma ci sono 40 gradi, oltre ai mass shootings ovviamente. La risposta che ho ricevuto è stata qualcosa tipo non preoccuparti, andrà tutto bene.
Ho letto i racconti di chi ha iniziato, la maschera bagnata di saliva dopo due ore di lezione, spogliarsi in garage al ritorno dal lavoro, mettere tutto in lavatrice e andare direttamente nella doccia tutti i giorni. Ho pensato alla possibilità di contagiare Joe e Woody che soffrono di asma, di non poterli abbracciare. Mi sono ritrovata alle tre del mattino a piangere riguardando le foto della mia meravigliosa classe di arte e ricordando tutte le cose incredibili che là dentro succedevano. La mia classe era il mio posto felice, era una parte enorme della mia vita, era un sogno che avevo faticato tantissimo per riuscire ad avverare.
Mi rendo conto di essere estremamente fortunata e privilegiata ad avere un'alternativa, ma la scelta di lasciare questo lavoro oppure no, avrà delle ripercussioni enormi e mi ha logorato l'anima.
A un certo punto, ho pensato di rivolgermi a uno psicologo. Ne ho trovata una qua vicino, ben 17 anni di esperienza. Le spiego il mio dilemma e mi dice: "Ma guardi che basta prendere l'idrossiclorochina e un altro paio di medicinali da banco. Le compagnie farmaceutiche impediscono alla notizia di uscire per non perdere milioni di dollari. Il covid è poco più di un raffreddore". Dalla padella alla brace. Non potevo credere di essermi imbattuta in un personaggio simile al primo colpo. E' stata un'esperienza tragicomica. Non so se troverò mai il coraggio di riprovarci.
E' un periodo difficile. E non solo per la pandemia e questa scelta crudele fra il lavoro e la salute che come tanti mi sono trovata davanti, ma anche per tutto quello che stanno significando questi ultimi mesi nel mondo di Trump. Le sue tendenze autoritarie oramai si manifestano di continuo, senza più nessun ritegno e in modi che condizionano direttamente la nostra vita. Continua ad alludere al fatto che potrebbe non accettare il risultato delle elezioni. Negli ultimi giorni finalmente ha detto ad alta voce che il motivo vero per cui sta boicottando le poste è restringere il diritto di voto (ci si aspetta che a causa della pandemia molti più americani votino via posta, qui). Impedire alla gente di votare è criminale di per sè, ma qui si parla anche di mera sopravvivenza: soprattutto nelle località più remote, è la posta che recapita i farmaci.
Poi ci sono le proteste contro il razzismo. A Portland e altrove si sono visti soldati in tuta mimetica arrestare, o sarebbe meglio dire sequestrare, manifestanti pacifici senza qualificarsi o dire una sola parola. Lo avete visto il video della manifestante caricata su un'automobile civile da due soldati in assetto da guerra? Adesso ti può succedere una cosa del genere alla luce del sole con prove filmate e testimoni senza nessuna conseguenza. Il senso di angoscia di chi presta attenzione a tutto questo, è profondo.
C'è stato qualche segnale positivo negli ultimi giorni, ma in generale la sensazione è quella di vivere in uno di quei film, quelli che non finiscono bene.
In tutto questo, è ricominciata la scuola. Ho cercato di capire ancora meglio quali fossero i piani per contenere la pandemia e se ci fosse una possibilità di continuare a lavorare senza assumere dei rischi che io reputo eccessivi. Dopo un paio d'ore ho deciso di dare le dimissioni.
E' stata una delle decisioni più sofferte della mia vita, ma ho sentito di essere davvero con le spalle al muro.
La cosa sorprendente è che appena l'ho fatto, mi sono sentita sollevata, anzi mi sono sentita bene.
E' stato come se mi avessero tolto un macigno dalle spalle. Immediatamente ho cominciato a pensare a come rendere quest'anno scolastico piacevole per Joe e Woody, a come organizzarmi per dare lezioni private in giardino, via Zoom...insomma ho ricominciato a immaginare il futuro.
E' successo immediatamente.
Ho capito che se sia il tuo istinto che la tua razionalità ti suggeriscono la stessa cosa, non ha senso opporre resistenza, aggrapparsi alla speranza, ai ricordi. A un certo punto, bisogna rassegnarsi alla realtà e io mi sono rassegnata: la situazione adesso e chissà per quanto tempo ancora, è questa. Il passato è passato.
Però il futuro c'è. C'è stato un momento in cui l'avevo perso di vista. Lo avevo messo nelle mani di altri, ma ora me lo sono ripreso.
Una mia amica, mi ha sentito così contenta e alleggerita all'improvviso che mi ha fatto le congratulazioni. Congratulazioni per essere riuscita a licenziarmi? Sì perchè quello che è successo è buffo anche, ora lo vedo.
La vita continua.
lunedì 17 agosto 2020
la playlist di nonsisamai
L'anno scolastico della pandemia è cominciato con una riunione via Zoom. Quando tutti si sono collegati ci hanno fatto ascoltare All Star degli Smash Mouth. Avete presente? Quella di Shrek