Stavo leggendo un articolo sul dolore delle madri di colore che convivono con la paura ogni giorno dal momento in cui diventano madri e in realtà anche da prima.
Vedono figli che potrebbero essere i propri, uccisi continuamente senza motivo da chi dovrebbe proteggerli. Ogni volta che ci scappa il morto e non è tuo figlio è come schivare un proiettile e i proiettili non si fermano mai. Immaginate di vivere con una paura simile tutta la vita, tutti i giorni. Un conto è perdere un figlio per una malattia o per un incidente, ma perderlo in questo modo è una tragedia di cui è impossibile farsi una ragione. Di più. E' un trauma che viene interiorizzato da tutta la comunità.
Un po' di tempo fa, ad esempio, un'amica di colore mi raccontava scherzando di avere supplicato il figlio ventenne che si era fatto una pettinatura un po' particolare di tagliarsi i capelli. Inizialmente non avevo capito perchè desse così importanza a una pettinatura, poi ha smesso di scherzare e mi ha spiegato bene. Regola n. 1: non dare nell'occhio. Per un altro genitore un taglio di capelli è una questione estetica, nella sua percezione invece, si tratta di sopravvivenza.
A un certo punto dell'articolo, una donna intervistata dice di provare quasi risentimento per il modo in cui i bianchi hanno reagito al lockdown.
Eravamo addolorati, anzi lo siamo ancora. Ci lamentavamo di non poter interagire con il prossimo, noi.
Per lei invece tenere i figli a casa è stata una sorta di tregua dalla preoccupazione che gli succedesse qualcosa di male, che uscissero nel mondo, a scuola o in qualunque luogo pubblico e non potesse proteggerli.
Oggi rifletto su questo.
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