Basandomi su un paio di esperienze fallimentari, ho sempre pensato che il campeggio non facesse per me. Cinque anni fa però, Mr. J ha organizzato
un viaggio stupendo. On the road dal Texas al Michigan. Campeggio sui monti Ozark o sul lago Michigan, hotel nelle città, a Saint Louis o a Chicago. Semplicemente perfetto. Non c'è modo migliore di visitare gli Stati Uniti, secondo me, che salendo in macchina e macinando chilometri. Due giorni qua, tre giorni là, il tempo sempre bello, io che giocavo con Joe, Mr J che faceva tutto, montava, smontava, accendeva il fuoco, spegneva, cucinava.
Basandomi su questa unica esperienza idilliaca ho cominciato a pensare che il campeggio fosse il mio tipo di vacanza ideale.
La verità, però è che ogni volta che dovevamo andare in campeggio in questi anni, succedeva qualcosa. In qualunque stagione, in qualunque momento, il giorno del campeggio o ci ammalavamo o c'era brutto tempo e alla fine abbiamo sempre dovuto rinunciare.
Questo fine settimana finalmente, tutte le condizioni erano di nuovo ideali.
Arriviamo al lago, un posto stupendo. Montiamo la tenda e dopo un po' io e Joe cominciamo a stare malissimo per le allergie da polline.
Oltre a tutto questo: quattro del mattino, in mezzo al bosco texano, con i coyote che abbaiano in lontananza: "Mamma, mi scappa la pipì". Non ho nemmeno acceso la torcia. Se c'è un coyote o un coguaro che ti sta prendendo le misure, meglio non saperlo, no?
Eh però, le stelle. Stelle così le ho viste solo su un'isoletta in Grecia una volta tanto tempo fa.
Al netto delle stelle e tutto il resto, dopo quest'ultima esperienza, direi che con il campeggio ho chiuso.
domenica 28 aprile 2019
venerdì 26 aprile 2019
così per spezzare la monotonia
No, non ho passato la cera, quella è acqua. Così dopo il fulmine che ci ha quasi mandato a fuoco la casa, la grandine che ci ha bucato il tetto e distrutto una macchina, l'altra sera abbiamo avuto anche l'allagamento. Ma questa volta non sono state tanto le intemperie quanto le intemperanze. Mia nonna lo dice sempre "se non li senti, stanno tramando qualcosa". Io e Mr. J invece eravamo presi da tutto un ragionamento complicatissimo, pensavamo di poterci fidare visto che normalmente non fanno follie e invece a un certo punto è arrivato Joe dicendo: "Scusate se vi interrompo, è caduta un po' d'acqua, ma non capisco da dove". Lo ha chiamato 'spill'. Come se si fossero rovesciate due gocce da un bicchiere. Altro che due gocce: un dito d'acqua nel bagno e anche la camera da letto e la sala erano mezze sommerse. Woody si è lavato le mani e ha lasciato il rubinetto aperto al massimo per chissà quanto tempo. Joe avrebbe dovuto controllarlo. Mr J ha cominciato a tuonare perché lui quando si arrabbia, tuona. Ha un vocione che fa tremare i muri, e i bambini, e non se ne rende molto conto. "Non urlare che non serve a niente". "Ma hanno allagato la casa!". Dopo questo attimo di defaillance, ha attivato i superpoteri. Ogni tanto Mr. J fa queste cose che ti lasciano a bocca aperta. Tira fuori un'aspira-acqua che non sapevo nemmeno avessimo e, non so come, nel giro di nemmeno un'ora siamo riusciti a spostare tutti i mobili (letto, divano, comodini, armadio...) e asciugare tutto.
Cose così per spezzare la monotonia.
Cose così per spezzare la monotonia.
mercoledì 24 aprile 2019
il famoso si stava meglio quando si stava peggio
Un po' di tempo fa per caso, ho ascoltato tutta un'intervista a qualcuno di cui non avevo mai sentito parlare. Non mi capita spesso, ma mi ha come ipnotizzato. E' una cantante giovanissima, si chiama Billie Eilish. Lo schermo era diviso in due. Stesse domande. Un anno esatto di distanza. Da una parte lei a 15 anni prima del successo, dall'altra lei a 16 anni. Come dicevo, ho 40 anni e non l'avevo mai nemmeno sentita nominare, ma a quanto pare questa ragazzina nel giro di un anno è passata da 500 spettatori a 15000, mica bruscoletti. In un solo anno non solo ha realizzato tutti i suoi sogni, ma molto, molto di più. Il suo successo è andato così oltre le sue più esaltanti aspettative, che si capisce benissimo che un anno prima non avrebbe nemmeno potuto immaginarne la portata. Eppure è chiaro: era molto più felice prima di ottenere quello che voleva, non finge nemmeno che non sia così. Sembra che tutto ciò che voleva le sia cascato addosso così di colpo e in così grande quantità da averla stordita e in parte seppellita.
E' una cosa abbastanza triste da vedere.
Ed è una cosa che si sa, no? Desiderare ci fa sentire vivi. E poi?
Raramente abbiamo una rappresentazione visiva di quello che succede dopo, quando si ottiene tutto quello che si vuole e eventualmente anche di più.
Ogni tanto ci penso a questa cosa.
Il famoso 'si stava meglio quando si stava peggio' resta una delle poche grandi e incontrastate verità della vita.
E' una cosa abbastanza triste da vedere.
Ed è una cosa che si sa, no? Desiderare ci fa sentire vivi. E poi?
Raramente abbiamo una rappresentazione visiva di quello che succede dopo, quando si ottiene tutto quello che si vuole e eventualmente anche di più.
Ogni tanto ci penso a questa cosa.
Il famoso 'si stava meglio quando si stava peggio' resta una delle poche grandi e incontrastate verità della vita.
domenica 21 aprile 2019
la fiducia, l'immaginazione e l'empatia
Qualche giorno fa Trump ha minacciato di chiudere il confine con il Messico e ha detto ai richiedenti asilo: "Siamo al completo, girate le spalle e tornate da dove siete venuti".
Nessuno ci ha capito niente. Si può chiudere un confine? E' legale? Cosa significa che siamo al completo? Che non c'è più spazio? Che non c'è più lavoro? Perchè entrambe le cose sono false.
Gli ha risposto a distanza Yo-Yo Ma, uno dei musicisti più rinomati al mondo:
"Un Paese non è un hotel e non è al completo".
Poi ha fatto un gesto simbolico, ha tenuto due concerti: uno a Laredo in Texas e l'altro appena oltre il confine, a Nuevo Laredo, in Messico.
Il messaggio è inequivocabile: la cultura costruisce ponti, non alza muri fra le persone.
Cerco di tradurre i punti salienti del suo discorso, ma potete ascoltarlo tutto in modo più completo e dalla sua stessa voce qui.
Dice Yo-Yo Ma:
"Il cibo, l'arte, la scienza e la letteratura sono tutte cose che ci aiutano a capire noi stessi, gli altri e l'ambiente attraverso la testa e il cuore. Questo è cultura. [...] La cultura racconta una storia che riguarda tutti noi, i nostri vicini, il nostro paese, il nostro pianeta, il nostro universo, è una storia che ci unisce tutti come specie. Credo che la cultura sia essenziale alla nostra sopravvivenza. E' il modo in cui inventiamo, il modo in cui uniamo il nuovo e il vecchio, il modo in cui immaginiamo tutti insieme un futuro migliore. In passato ero solito dire che la cultura dovesse avere un posto di rilievo in ogni conversazione sulla politica e sull'economia. Adesso invece sono convinto che la cultura sia il terreno su cui tutto il resto debba essere costruito. La cultura è il luogo in cui il globale e il locale, il rurale e l'urbano, il presente e il futuro si confrontano.
La cultura ci fa diventare quello che siamo e lo fa attraverso la fiducia, l'immaginazione e l'empatia".
venerdì 19 aprile 2019
la macchina di woody
Woody ha costruito una macchina con i Lego. Schiacci un certo bottone e fa apparire delle cose.
- È il tuo turno, schiaccia il bottone!
...
- È un drago che sputa il fuoco!!
- Aiuto, che paura!
- Non preoccuparti mamma, è un drago buono. Dai è il tuo turno, schiaccia il bottone!
(È sempre il mio turno)
...
- Aiuto! È un mostro!
- Ma è un mostro buono?
- Noooooo! Schiaccia il bottone presto!
- Fiuuu è sparito, menomale che hai schiacciato il bottone in tempo mamma. Grazie mamma. Dai, è il tuo turno, schiaccia il bottone!
- È il tuo turno, schiaccia il bottone!
...
- È un drago che sputa il fuoco!!
- Aiuto, che paura!
- Non preoccuparti mamma, è un drago buono. Dai è il tuo turno, schiaccia il bottone!
(È sempre il mio turno)
...
- Aiuto! È un mostro!
- Ma è un mostro buono?
- Noooooo! Schiaccia il bottone presto!
- Fiuuu è sparito, menomale che hai schiacciato il bottone in tempo mamma. Grazie mamma. Dai, è il tuo turno, schiaccia il bottone!
Così all'infinito.
giovedì 18 aprile 2019
il classico win-win
Lo scorso fine settimana, Mr. J ha comprato un cuscino comodissimo e anche piuttosto costoso. Mi ha raccontato che quando è andato a pagarlo, tutto sommato contento di pagare per un oggetto che cercava in vano da diverso tempo, alla cassa gli hanno fatto, a sorpresa, uno sconto del 50%. Il giorno dopo mi precipito a comprare lo stesso cuscino e niente, il prezzo era di nuovo pieno. Essendo decisamente meno spendacciona di lui, ho cominciato ad avere dei ripensamenti. Mi serve davvero? Certo dormire bene è importante...
Spiego alla commessa che il giorno prima costava la metà e adesso, a quel prezzo, dovevo pensarci un attimo.
Lei? Non ha avuto un attimo di esitazione. Mi ha fatto il 50% di sconto che aveva fatto a Mr. J più un altro 30%.
L'unico inconveniente è che lo posso ritirare solo da sabato in poi.
Il customer service americano, lascia sempre piacevolmente sorpresi. D'altra parte un caso così è il classico win-win: loro hanno venduto il cuscino, io mi sono trovata bene e tornerò di sicuro.
Furbi e davvero bravi a fare affari.
Spiego alla commessa che il giorno prima costava la metà e adesso, a quel prezzo, dovevo pensarci un attimo.
Lei? Non ha avuto un attimo di esitazione. Mi ha fatto il 50% di sconto che aveva fatto a Mr. J più un altro 30%.
L'unico inconveniente è che lo posso ritirare solo da sabato in poi.
Il customer service americano, lascia sempre piacevolmente sorpresi. D'altra parte un caso così è il classico win-win: loro hanno venduto il cuscino, io mi sono trovata bene e tornerò di sicuro.
Furbi e davvero bravi a fare affari.
martedì 16 aprile 2019
quel coltello fra i denti
Ma che cos'è tutta questa voglia di litigare che c'è in giro? Adesso ci si accapiglia sul se sia giusto o meno essere tristi per Notre Dame? Io la penso come Obama, specialmente questa mattina a mente fresca, dopo aver visto che tanto è stato salvato e che soprattutto non ci sono stati morti. Lui sostanzialmente dice: è umano sentirsi straziati quando vediamo la nostra storia disintegrarsi in quel modo, ma allo stesso modo fa parte della nostra natura l'istinto di rialzarci e ricostruire. Quanto duri la sofferenza varia da persona a persona e non toglie nulla a nessuno. Mi fa impressione da morire pensare che siano stati raccolti qualcosa come 700 milioni in meno di 24 ore per un edificio, sì anche per quell'edificio. Non si è mai vista una gara di solidarietà simile per degli esseri umani. Da qui possono scaturire tantissime riflessioni che possono portare in direzioni anche molto distanti, ma davvero, non capisco perchè debbano per forza partire le offese su una cosa del genere.
Siamo sempre tutti con il coltello fra i denti, ma a cosa serve?
L'altro giorno qualcuno mi ha scritto che ha letto il titolo di un mio post e ha cominciato a ribollirgli il sangue nelle vene, poi ha letto il contenuto del post e niente, tutto bene, era d'accordo con me.
Però caspita, quanto ci si infiamma in fretta, alla cieca, senza approfondire, senza cercare di comprendere.
Quanta energia sprecata.
Siamo sempre tutti con il coltello fra i denti, ma a cosa serve?
L'altro giorno qualcuno mi ha scritto che ha letto il titolo di un mio post e ha cominciato a ribollirgli il sangue nelle vene, poi ha letto il contenuto del post e niente, tutto bene, era d'accordo con me.
Però caspita, quanto ci si infiamma in fretta, alla cieca, senza approfondire, senza cercare di comprendere.
Quanta energia sprecata.
lunedì 15 aprile 2019
il problema dei gatti in texas
L'altro giorno, in campagna ho visto una cosa che non vedevo da tantissimo tempo. Ogni casetta, aveva un patio con una gabbietta per gli uccellini. Mi ha riportato alla mente la mia infanzia. Abbiamo avuto il canarino Cip sul balcone per 14 anni. Gli volevamo un sacco di bene, lo portavamo perfino in vacanza, dieci ore di autostrada ogni anno. Certo che a pensarci ora...che follia un uccellino in gabbia. Non è la cosa più triste del mondo? Eppure all'epoca ce l'avevano un po' tutti. Con l'autoradio sempre nella mano destra e un canarino sopra la finestra, lo cantava pure il buon Toto.
Qualche anno fa Joe e Mr. J hanno costruito una casetta per gli uccellini di legno. L'idea era attirare i bellissimi cardinali rossi, in realtà sono subito arrivati i passerotti comuni, quelli marroni, e hanno colonizzato tutto.
Abbiamo visto tanti di quelli uccellini in questi anni, è un'esperienza meravigliosa che consiglio a tutti. Mi siedo a scrivere, guardo fuori e ci sono loro. L'umore migliora sempre un minimo, sono semplicemente stupendi i passerotti.
Ieri, però tornando a casa ho trovato il gatto della mia amica appostato sulla casetta. Lì per lì mi è venuto da ridere. Era chiaramente incavolato di essere stato scoperto. Guardate che sguardo.
Mi piacciono molto anche i gatti, ma non ne ho mai avuto uno e non ho ben chiaro come ragionino. Figuratevi che prima di questo incidente, pensavo di ritrovarmelo sempre in giardino perchè gli stavo simpatica. Sì lo so...devo aver passato troppi anni con i cani. Tra l'altro se gli acchiappaconiglietti facessero il loro lavoro, non avremmo questo problema. Anche se bisogna dire qui dove vivo la legge parla chiaro: i gatti devono stare in casa. Questo malvivente di un gatto, infatti, è già stato arrestato e rilasciato su cauzione una volta per questo motivo. Del resto, capisco perfettamente la mia amica che lo lascia scorrazzare per il quartiere. Insomma, come fai a lasciare un gatto sempre al chiuso? E' una vita triste quanto quella di un canarino in gabbia. O no?
Fatto sta che i gatti qui sono un problema serio per gli uccelli. Secondo l'American Bird Conservancy ne uccidono due miliardi e mezzo all'anno, leggete qui. Ho un vicino che è un grande amante dei gatti, cosí cattura quelli selvatici, li fa sterilizzare, gli taglia la punta di un orecchio e li libera.
Tagliare la punta dell'orecchio fa parte di un tacito accordo: serve a mostrare all'accalappiagatti che sono sterilizzati. In questo modo, si concentrano a catturare quelli non sterilizzati. Il fatto è che questo magnanimo vicino poi i gatti li libera, ma continua a dargli da mangiare quindi tornano e si moltiplicano. Non sembra esserci soluzione.
Stamattina, il buon Michele, si chiama così il gattastro, è tornato alla carica. E non se ne andava, determinato a fare strage di uccellini.
Quando mi sono avvicinata alla casetta e non li ho sentiti pigolare, mi si è spezzato il cuore. Dopo un po' ho ricominciato a sentire i piccoli e successivamente con molta cautela sono tornati anche i genitori con il cibo in bocca. Credo sia tutto a posto ora, ma il problema rimane.
La mia amica è mortificata. Suggerisce di sfregare palline di naftalina intorno alla casetta, dato che i gatti odiano quell'odore. Proverò. Mr. J ha anche messo qualche chiodo sul tetto della casetta. Se avete altri suggerimenti, per favore, fatevi avanti.
giovedì 11 aprile 2019
star lì
La didascalia della foto del tramonto che ho postato ieri su Instagram, per brevità, dice che ogni tanto scappo via. Uno potrebbe pensare a un weekend fuori o a una gita, qualcosa di speciale. In realtà, quasi tutte le sere, vado dietro casa a fare una passeggiata o un giro in bici. A volte ceno in anticipo per agevolarmi la fuga. Non so voi, ma a me sembra spesso di essere in un frullatore. Vivo in una società in cui quello che determina il successo di una persona è il fatto che sia sempre occupata, che non abbia mai un secondo libero, ma a me questa idea sta stretta. Cerco di fare meno piani possibili. È che senza una mezz'ora al giorno che sia solo mia per leggere o guardarmi intorno, non funziono. Ieri sera, come in un sogno, è venuto a trovarmi anche un colibrí.
Vale la pena rallentare un attimo, no? Semplicemente star lì.
P.S. Colpo di scena! Non era un colibrì 😳
Vale la pena rallentare un attimo, no? Semplicemente star lì.
P.S. Colpo di scena! Non era un colibrì 😳
Era un 'hummingbird moth' cioè un colibrì falena.
Un insetto e n o r m e, tipo 7 cm.
Suppongo siano rari perchè in tutti questi anni non ne ho mai visto nè sentito nominare uno.
Comunque, ho letto che i colibrì falena texani sono completamente benigni, quindi se per caso prima o poi ne vedete uno, niente panico. Si comportano come colibrí, bevono dalla proboscide come i colibrì, ma sono insetti, non uccelli.
Un insetto e n o r m e, tipo 7 cm.
Suppongo siano rari perchè in tutti questi anni non ne ho mai visto nè sentito nominare uno.
Comunque, ho letto che i colibrì falena texani sono completamente benigni, quindi se per caso prima o poi ne vedete uno, niente panico. Si comportano come colibrí, bevono dalla proboscide come i colibrì, ma sono insetti, non uccelli.
No ma #celasifa
( #noncelasifa )
mercoledì 10 aprile 2019
tutto ha il significato che gli diamo
La mia amica di madre messicana e padre bianco americano mi racconta che alla scuola media qui in Texas, nel ghetto, era il bersaglio della famosa bulla Juana La Fosfora (una che si accende come un fiammifero, che paura!) perchè non solo era brava a scuola, ma soprattutto era la più bianca della classe.
Mi racconta una serie di episodi di sopruso e anche di quanto l'essere chiara di carnagione fosse sempre visto come una qualità invidiabile.
Alla fine decido di lasciarla a bocca aperta e spiegarle cosa veniva comunicato a me dall'altra parte del mondo, negli stessi anni, sul colore della pelle.
Alla fine decido di lasciarla a bocca aperta e spiegarle cosa veniva comunicato a me dall'altra parte del mondo, negli stessi anni, sul colore della pelle.
Metà della mia famiglia ha, immagino, lontanissime origini nordafricane. Quasi tutti hanno i capelli ricci e neri e la carnagione scura. Carnagione che hanno sempre cercato di scurire ulteriormente sottoponendosi a ore e ore di abbronzatura. Le mie zie andavano ad abbronzarsi in terrazza prima di andare sulla spiaggia per non farsi vedere troppo chiare in costume. E non erano le uniche, era una cosa normalissima. Negli anni 90 c'erano tutte quelle pubblicità sugli abbronzanti. Ne ricordo una con una ragazza in topless abbronzatissima. Alla mia amica texana verrebbe un colpo pensando che passavano questa specie di soft porno durante il giorno, magari mentre eri a tavola con mamma e papà. Io, invece, ero così abituata alla televisione italiana con tutte le varie Veline, Letterine, ecc. che non ci vedevo assolutamente nulla di imbarazzante nella ragazza nuda. Forse non la vedevo proprio la ragazza in perizoma, forse vedevo solo quell'incredibile abbronzatura dorata e soprattutto mi chiedevo sempre...ma che caspita è la Placenta H?
In Puglia, se andavi in spiaggia senza essere adeguatamente abbronzato venivi additato da tutti "Guarda che mozzarella che sei". Tornare dalle vacanze senza abbronzatura equivaleva a quello che oggi sarebbe tornare dalle vacanze senza un selfie: era poco credibile che tu ci fossi perfino stato in vacanza. D'altro canto "Come sei nero!" è sempre stato un complimento per me finchè non sono arrivata qui e mi hanno avvertito il primo giorno: MAI MAI PER NESSUN MOTIVO fare riferimento al colore della pelle.
Francamente, non riesco a immaginare uno dire "You are so black!" in nessuna circostanza al mondo.
In Puglia, se andavi in spiaggia senza essere adeguatamente abbronzato venivi additato da tutti "Guarda che mozzarella che sei". Tornare dalle vacanze senza abbronzatura equivaleva a quello che oggi sarebbe tornare dalle vacanze senza un selfie: era poco credibile che tu ci fossi perfino stato in vacanza. D'altro canto "Come sei nero!" è sempre stato un complimento per me finchè non sono arrivata qui e mi hanno avvertito il primo giorno: MAI MAI PER NESSUN MOTIVO fare riferimento al colore della pelle.
Francamente, non riesco a immaginare uno dire "You are so black!" in nessuna circostanza al mondo.
E così in fondo, come sempre, tutto è relativo, tutto ha il significato e il valore che gli diamo.
martedì 9 aprile 2019
ruby chi?
Ho incontrato per caso una collega della scuola Flanders che non vedevo da anni. Nel frattempo ha avuto una bambina stupenda e le ha dato un nome bellissimo e abbastanza desueto, Ruby. Ruby mi ha fatto subito pensare ai Rolling Stones chiaramente. Essendo oggi martedi mi sono vista costretta, anzi proprio obbligata, a fare la battutona del secolo:
- No way! Ruby...on Tuesday! What a beautiful name, it's one of my favorite songs!
Lei stranamente arrossisce e abbassa lo sguardo.
- ...Non conosci la canzone Ruby Tuesday dei Rolling Stones?
- La gente mi ha detto che c'è questa canzone, ma noi non lo sapevamo...combinazione è nata proprio di martedi, ma mai avremmo pensato, eh. Ci piaceva il nome e basta. Magari una volta l'ascolterò questa canzone visto che me lo dicono tutti.
Insomma, credo che fosse in imbarazzo perchè i Rolling Stones nella sua percezione non sono adatti a una brava ragazza cristiana come lei. Ma si può? Nel 2019? Le ho consigliato di ascoltarla subito. Di sicuro si sentirà sollevata quando si accorgerà che la simpatia per il diavolo non c'entra una beata mazza.
- No way! Ruby...on Tuesday! What a beautiful name, it's one of my favorite songs!
Lei stranamente arrossisce e abbassa lo sguardo.
- ...Non conosci la canzone Ruby Tuesday dei Rolling Stones?
- La gente mi ha detto che c'è questa canzone, ma noi non lo sapevamo...combinazione è nata proprio di martedi, ma mai avremmo pensato, eh. Ci piaceva il nome e basta. Magari una volta l'ascolterò questa canzone visto che me lo dicono tutti.
Insomma, credo che fosse in imbarazzo perchè i Rolling Stones nella sua percezione non sono adatti a una brava ragazza cristiana come lei. Ma si può? Nel 2019? Le ho consigliato di ascoltarla subito. Di sicuro si sentirà sollevata quando si accorgerà che la simpatia per il diavolo non c'entra una beata mazza.
giovedì 4 aprile 2019
dei dinosauri e di jeff buckley
Sono giorni così così questi.
Ieri sera, mi sono imbattuta per caso in una performance incredibile di Jeff Buckley alla BBC, non capisco come sia potuta sfuggirmi in tutti questi anni.
Stavo lavando i piatti. Ho lasciato tutto e mi sono inchiodata davanti al computer.
Il video è questo, giudicate voi.
Più o meno la terza volta che lo riguardavo con le lacrime agli occhi, è arrivato Joe. Pensavo dormisse. Mi sono subito ricomposta, bisogna mantenere un minimo di dignità con i figli. Esordisce così:
- Ho pensato che in fondo forse ho un po' di paura dei dinosauri.
- Joe... tu lo sai benissimo che si sono estinti i dinosauri.
- Sì, ma certe volte, mi sembra che siano vivi.
- Anche a me quando ascolto Jeff Buckley sembra che sia vivo, eppure è morto anche lui da un sacco di tempo come i dinosauri. Forse quando amiamo tanto qualcosa, gli appiccichiamo un po' della nostra vita e ci sembra viva anche lei. Ma non è viva lei, siamo vivi noi, capito? Torna a letto Joe, i dinosauri sono tutti morti. E anche Jeff Buckley.
Ieri sera, mi sono imbattuta per caso in una performance incredibile di Jeff Buckley alla BBC, non capisco come sia potuta sfuggirmi in tutti questi anni.
Stavo lavando i piatti. Ho lasciato tutto e mi sono inchiodata davanti al computer.
Il video è questo, giudicate voi.
Più o meno la terza volta che lo riguardavo con le lacrime agli occhi, è arrivato Joe. Pensavo dormisse. Mi sono subito ricomposta, bisogna mantenere un minimo di dignità con i figli. Esordisce così:
- Ho pensato che in fondo forse ho un po' di paura dei dinosauri.
- Joe... tu lo sai benissimo che si sono estinti i dinosauri.
- Sì, ma certe volte, mi sembra che siano vivi.
- Anche a me quando ascolto Jeff Buckley sembra che sia vivo, eppure è morto anche lui da un sacco di tempo come i dinosauri. Forse quando amiamo tanto qualcosa, gli appiccichiamo un po' della nostra vita e ci sembra viva anche lei. Ma non è viva lei, siamo vivi noi, capito? Torna a letto Joe, i dinosauri sono tutti morti. E anche Jeff Buckley.
"My fading voice sings of love, but she cries to the clicking of time, oh, time..."
martedì 2 aprile 2019
perchè le expat non lavorano?
Perchè le expat non lavorano?
Questa fu una delle mie più grandi domande appena arrivata qui. Non riuscivo a darmi una spiegazione.
Entrai subito in vari giri di cervelli in fuga stranieri di tanti paesi diversi e le mogli non lavoravano quasi mai. Perché? Mi chiedevo. Dopo tutto, erano quasi tutte laureate e abituate a lavorare nei loro paesi. Qui invece al massimo organizzavano eventi mondani per passare il tempo. Io appena arrivata qui ero occupatissima a guardarmi intorno e assaporare tutti i cambiamenti, ma la voglia di tornare al lavoro non mi mancava. All'inizio, non avevo ancora il documento che mi serviva per lavorare e non parlavo inglese, o certamente non abbastanza da fare quello che facevo in Italia, ma volevo buttarmi. Acchiappai al volo la primissima occasione.
La differenza fra me e la maggior parte delle altre expat che non lavoravano era soprattutto una: io non avevo figli.
Quando sono arrivati, sono riuscita a conciliare tutto senza problemi, ma è molto più semplice mantenere un lavoro che trovarne uno nuovo con i bambini piccoli.
Ora, dopo una parentesi di studio, mi trovo nella condizione di cercare un lavoro nuovamente. E mi rendo conto che non è per niente semplice.
Il primo ostacolo è che aspiro a fare qualcosa di molto specifico, l'insegnante di arte in una scuola elementare. In ogni scuola normalmente c'é un solo insegnante di arte, sono posti ambiti.
Nonostante ciò il lavoro l'avevo anche trovato e più o meno subito, ma a quel punto mi sono resa conto che l'ostacolo più grande era un altro: i bambini? Dove li metto? Soprattutto Woody che è ancora piccolo.
Qui gli insegnanti devono essere in classe alle sette del mattino e le distanze sono enormi. Ho calcolato un'ora di strada e il povero Woody, a tre anni, avrebbe dovuto entrare all'asilo alle sei del mattino. Farlo passare di colpo da sempre con la mamma a sempre a scuola, mi spezzava il cuore e così ho deciso di aspettare un'occasione migliore. Intendiamoci: i bambini si adattano benissimo quasi a tutto e anche le mamme in fondo, è che avendo fortunatamente una scelta davanti, ho optato per la soluzione temporanea di aspettare di trovare un posto di lavoro più vicino a casa.
A un certo punto, su Linkedin o non so dove, è apparso il lavoro dei miei sogni, un lavoro nell'ambito della didattica museale che sembrava fatto su misura per me. Si trattava fondamentalmente di inventarsi dei sistemi per coinvolgere le famiglie meno abbienti della periferia di Dallas. Il colloquio in spagnolo è andato molto bene, filava tutto liscio come l'olio. Dieci anni fa, avrei fatto carte false per quel posto, ma ora le cose sono cambiate.
Il tempismo è tutto nella vita, no? Lo penso sempre di più.
All'ultimo minuto dell'ultimo colloquio, dopo aver sognato ad occhi aperti per un mese di lavorare con delle persone interessanti e curiose come quelle che avevo davanti, il tipo di persone che difficilmente incontri nelle scuole purtroppo, ho preso la folle decisione di essere del tutto onesta.
(Ma quanto è difficile essere completamente onesti a volte? E poi ti chiedi sempre...ma devo proprio? Sigh)
Gli ho spiegato la mia situazione: non mi aspetto di essere pagata, ma ho bisogno di tornare in Italia un mese all'anno.
Gasp.
Qui un mese di ferie all'anno è un lusso inaudito.
Ho cercato di convincerli di una cosa a cui credo molto e cioè che un mese in Europa non è assolutamente un mese perso per uno che lavora in ambito culturale in Texas. Ogni volta che torno, imparo tante di quelle cose, ma i tempi qui non sono ancora maturi per questo tipo di mentalità.
Passato lo shock iniziale quelli del museo furono molto carini e comprensivi, dissero che ne avrebbero parlato con il dipartimento delle risorse umane, ma non se ne fece nulla. E così adesso sto cercando di nuovo un lavoro in una scuola perchè l'ho fatto per tanti anni e ancora mi piace moltissimo, ma anche perchè è l'unico lavoro che mi permetta di tornare in Italia, di mantenere un rapporto con la mia famiglia e i miei amici e soprattutto di fare in modo che i miei piccoli texani costruiscano pian piano questo stesso rapporto con la loro origine italiana.
Non sia mai che crescessero pensando che in Italia si mangiano tutti i giorni gli spaghetti con le polpette. Per me è fondamentale che conoscano l'Italia vera nella sua bellezza come nelle sue enormi contraddizioni e c'è solo un modo per conoscere un paese: andarci.
Precisiamo. Non è che la gente non abbia un mese di ferie all'anno qui, in un certo senso è ancora peggio: hanno i giorni, ma non li usano mai tutti insieme. Non conosco nessuno che faccia nemmeno due settimane di fila. E' una cosa che ti fa sembrare poco professionale. Magari ti dicono va bene vai, ma poi quando torni, alla tua scrivania ci trovi qualcun altro (visto succedere).
Ho varie amiche straniere nella mia stessa situazione e ognuna fa quel che può rinunciando sempre a qualcosa di importante purtroppo. C'è chi con un'enorme sforzo economico e personale ha aperto un'azienda in proprio. C'è chi ha scelto il lavoro e nel suo paese non torna quasi più. C'è chi manda i figli da soli. C'è chi sta cercando il coraggio di licenziarsi da un ottimo lavoro per fare l'insegnante, più o meno per i miei stessi motivi. C'è chi ha deciso di lasciare ogni ambizione alla porta per fare fondamentalmente l'autista di figli ingrati che non capiscono che passare da un corso all'altro in teoria è un privilegio e non una tortura. C'è chi ti racconta con gli occhi spalancati: "Ho una bellissima notizia: ho trovato il lavoro dei miei sogni". C'è un piccolo inconveniente: è a tre ore di strada e lei è incinta. Verranno i santi nonni dall'altra parte del mondo ad aiutarla per qualche mese, ma comunque sarà tutto molto complicato. Un marito e una figlia in una città, un neonato e una stanza in affitto durante la settimana in un'altra. D'altra parte, lei dice "Ho aspettato così tanto, è la mia occasione" e la capisco, accidenti se la capisco.
La risposta alla domanda iniziale, dunque, è questa. Tutte le donne fanno fatica a conciliare la vita personale e la professione, ma le expat senza il cosiddetto (agognatissimo!) villaggio, un po' di più.
Questa fu una delle mie più grandi domande appena arrivata qui. Non riuscivo a darmi una spiegazione.
Entrai subito in vari giri di cervelli in fuga stranieri di tanti paesi diversi e le mogli non lavoravano quasi mai. Perché? Mi chiedevo. Dopo tutto, erano quasi tutte laureate e abituate a lavorare nei loro paesi. Qui invece al massimo organizzavano eventi mondani per passare il tempo. Io appena arrivata qui ero occupatissima a guardarmi intorno e assaporare tutti i cambiamenti, ma la voglia di tornare al lavoro non mi mancava. All'inizio, non avevo ancora il documento che mi serviva per lavorare e non parlavo inglese, o certamente non abbastanza da fare quello che facevo in Italia, ma volevo buttarmi. Acchiappai al volo la primissima occasione.
La differenza fra me e la maggior parte delle altre expat che non lavoravano era soprattutto una: io non avevo figli.
Quando sono arrivati, sono riuscita a conciliare tutto senza problemi, ma è molto più semplice mantenere un lavoro che trovarne uno nuovo con i bambini piccoli.
Ora, dopo una parentesi di studio, mi trovo nella condizione di cercare un lavoro nuovamente. E mi rendo conto che non è per niente semplice.
Il primo ostacolo è che aspiro a fare qualcosa di molto specifico, l'insegnante di arte in una scuola elementare. In ogni scuola normalmente c'é un solo insegnante di arte, sono posti ambiti.
Nonostante ciò il lavoro l'avevo anche trovato e più o meno subito, ma a quel punto mi sono resa conto che l'ostacolo più grande era un altro: i bambini? Dove li metto? Soprattutto Woody che è ancora piccolo.
Qui gli insegnanti devono essere in classe alle sette del mattino e le distanze sono enormi. Ho calcolato un'ora di strada e il povero Woody, a tre anni, avrebbe dovuto entrare all'asilo alle sei del mattino. Farlo passare di colpo da sempre con la mamma a sempre a scuola, mi spezzava il cuore e così ho deciso di aspettare un'occasione migliore. Intendiamoci: i bambini si adattano benissimo quasi a tutto e anche le mamme in fondo, è che avendo fortunatamente una scelta davanti, ho optato per la soluzione temporanea di aspettare di trovare un posto di lavoro più vicino a casa.
A un certo punto, su Linkedin o non so dove, è apparso il lavoro dei miei sogni, un lavoro nell'ambito della didattica museale che sembrava fatto su misura per me. Si trattava fondamentalmente di inventarsi dei sistemi per coinvolgere le famiglie meno abbienti della periferia di Dallas. Il colloquio in spagnolo è andato molto bene, filava tutto liscio come l'olio. Dieci anni fa, avrei fatto carte false per quel posto, ma ora le cose sono cambiate.
Il tempismo è tutto nella vita, no? Lo penso sempre di più.
All'ultimo minuto dell'ultimo colloquio, dopo aver sognato ad occhi aperti per un mese di lavorare con delle persone interessanti e curiose come quelle che avevo davanti, il tipo di persone che difficilmente incontri nelle scuole purtroppo, ho preso la folle decisione di essere del tutto onesta.
(Ma quanto è difficile essere completamente onesti a volte? E poi ti chiedi sempre...ma devo proprio? Sigh)
Gli ho spiegato la mia situazione: non mi aspetto di essere pagata, ma ho bisogno di tornare in Italia un mese all'anno.
Gasp.
Qui un mese di ferie all'anno è un lusso inaudito.
Ho cercato di convincerli di una cosa a cui credo molto e cioè che un mese in Europa non è assolutamente un mese perso per uno che lavora in ambito culturale in Texas. Ogni volta che torno, imparo tante di quelle cose, ma i tempi qui non sono ancora maturi per questo tipo di mentalità.
Passato lo shock iniziale quelli del museo furono molto carini e comprensivi, dissero che ne avrebbero parlato con il dipartimento delle risorse umane, ma non se ne fece nulla. E così adesso sto cercando di nuovo un lavoro in una scuola perchè l'ho fatto per tanti anni e ancora mi piace moltissimo, ma anche perchè è l'unico lavoro che mi permetta di tornare in Italia, di mantenere un rapporto con la mia famiglia e i miei amici e soprattutto di fare in modo che i miei piccoli texani costruiscano pian piano questo stesso rapporto con la loro origine italiana.
Non sia mai che crescessero pensando che in Italia si mangiano tutti i giorni gli spaghetti con le polpette. Per me è fondamentale che conoscano l'Italia vera nella sua bellezza come nelle sue enormi contraddizioni e c'è solo un modo per conoscere un paese: andarci.
Precisiamo. Non è che la gente non abbia un mese di ferie all'anno qui, in un certo senso è ancora peggio: hanno i giorni, ma non li usano mai tutti insieme. Non conosco nessuno che faccia nemmeno due settimane di fila. E' una cosa che ti fa sembrare poco professionale. Magari ti dicono va bene vai, ma poi quando torni, alla tua scrivania ci trovi qualcun altro (visto succedere).
Ho varie amiche straniere nella mia stessa situazione e ognuna fa quel che può rinunciando sempre a qualcosa di importante purtroppo. C'è chi con un'enorme sforzo economico e personale ha aperto un'azienda in proprio. C'è chi ha scelto il lavoro e nel suo paese non torna quasi più. C'è chi manda i figli da soli. C'è chi sta cercando il coraggio di licenziarsi da un ottimo lavoro per fare l'insegnante, più o meno per i miei stessi motivi. C'è chi ha deciso di lasciare ogni ambizione alla porta per fare fondamentalmente l'autista di figli ingrati che non capiscono che passare da un corso all'altro in teoria è un privilegio e non una tortura. C'è chi ti racconta con gli occhi spalancati: "Ho una bellissima notizia: ho trovato il lavoro dei miei sogni". C'è un piccolo inconveniente: è a tre ore di strada e lei è incinta. Verranno i santi nonni dall'altra parte del mondo ad aiutarla per qualche mese, ma comunque sarà tutto molto complicato. Un marito e una figlia in una città, un neonato e una stanza in affitto durante la settimana in un'altra. D'altra parte, lei dice "Ho aspettato così tanto, è la mia occasione" e la capisco, accidenti se la capisco.
La risposta alla domanda iniziale, dunque, è questa. Tutte le donne fanno fatica a conciliare la vita personale e la professione, ma le expat senza il cosiddetto (agognatissimo!) villaggio, un po' di più.
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