Oggi è Halloween e una giornata insolitamente grigia e piovosa qui in Texas. Piccolo Woody è a casa. Quale occasione migliore per andare a visitare una vecchia casa accanto al cimitero. Woody è tutto contento spooky! Spooky! Secondo lui è tutto spooky. Una volta lì però...
Che strano, ci siamo solo noi a questo "evento". Il custode ci vede e corre fuori a darci il benvenuto. Ci apre la porta e si capisce subito che non è abituato a vedere gente così gli dico grazie e che continuiamo il giro da soli. Ah ah, i fantasmi, boo.
Dopo qualche minuto parte un allarme assordante. Il custode ci fa uscire per precauzione, ma non è preoccupato. Dice che deve essere successo qualcosa in soffitta, ma che strano, non c'è nessun fuoco e nessuno va mai in soffitta... 👀
mercoledì 31 ottobre 2018
lunedì 29 ottobre 2018
il voto è un diritto o un privilegio?
Pensavo ai commenti sconsolati che mi avete lasciato ieri su FB sulla situazione italiana in generale. Il discorso sarebbe lungo e complesso però c'è una cosa su cui vi invito a riflettere molto brevemente. Qui negli Stati Uniti, perfino qui in Texas, si sente -io lo sento forte e chiaro almeno- un vento di cambiamento e un disgusto, io credo della maggioranza dei cittadini, per tante cose che siamo costretti a sentire e vedere ogni giorno, un'esigenza di dissociarsi dal governo e dai suoi modi. C'è un rifiuto a tanti livelli del razzismo, delle fake news e del vuoto istituzionale di solidarietà verso i richiedenti asilo e i più deboli in generale. Però c'è un problema che in Italia non esiste, c'è un sistema che se lo guardi bene da vicino non puoi non capire che alla fine non è democratico.
In Italia ti viene detto fin da bambino che votare è un diritto e anche un dovere, ecco qui si parla più che altro di privilegio e come in tutti gli altri ambiti, questo cosiddetto privilegio è saldamente nelle mani della classe dominante. In vari stati, si impedisce a intere categorie di cittadini di votare (il caso più eclatante in Georgia), ma se ne accorgono solo i pochissimi che prestano attenzione. Fate una piccola ricerca inserendo le parole "voter suppression in the US" e vedrete la montagna di articoli che troverete. Se avete un buon inglese, vi consiglio questo episodio di Fresh Air della settimana scorsa che vi spiega tutto per bene e vi aggiorna sulla situazione attuale. Io ho cominciato a informarmi e dopo un po', lo ammetto, ho lasciato perdere. E' troppo avvilente vedere tutti i modi in cui le minoranze vengono azzittite. Però poi c'è la vita di tutti i giorni, ci sono i discorsi che senti, vai in giro e vedi tutti questi cartelli per Beto, vai a una festa e la gente indossa spille, vuole essere riconosciuta, ragionare, cerca di uscire dalla massa in qualunque modo come a dire "io non sono così". E' vero che ci sono quelli che finiscono al telegiornale perché ti urlano dietro se ti sentono parlare spagnolo, ma ci sono anche tanti altri che non fanno notizia e che in questo periodo più che mai usano una gentilezza straordinaria io credo proprio per migliorare il clima, l'educazione, la civiltà, per dare il buon esempio. Potrei farvi tantissimi esempi. L'altro giorno davanti alla scuola di Joe c'era una nonna con la maglietta di Beto: mai vista una cosa simile, fino a poco tempo fa l'idea era evitare di parlare di politica, ora questo timore di esporsi, scatenando discussioni esiste molto molto meno.
Se il voto fosse agevolato invece che ostacolato, non ci sarebbero dubbi sul risultato delle prossime elezioni. Non dimentichiamo mai che Trump, ha vinto grazie al collegio elettorale e non ha mai avuto la maggioranza popolare.
Tornando all'Italia invece, viene da pensare che il governo, incluso Salvini con le sue uscite razziste e tutto il resto, in questo momento sia l'espressione del volere della maggioranza della popolazione. Io da qui leggo i commenti sotto agli articoli che ti raccontano spesso molto più degli articoli, e qualche volta inorridisco. Di fronte al volere popolare c'è poco da sperare. Anche se smettere di farlo è assolutamente vietato. Sì, lo so, avevo detto molto brevemente.
In Italia ti viene detto fin da bambino che votare è un diritto e anche un dovere, ecco qui si parla più che altro di privilegio e come in tutti gli altri ambiti, questo cosiddetto privilegio è saldamente nelle mani della classe dominante. In vari stati, si impedisce a intere categorie di cittadini di votare (il caso più eclatante in Georgia), ma se ne accorgono solo i pochissimi che prestano attenzione. Fate una piccola ricerca inserendo le parole "voter suppression in the US" e vedrete la montagna di articoli che troverete. Se avete un buon inglese, vi consiglio questo episodio di Fresh Air della settimana scorsa che vi spiega tutto per bene e vi aggiorna sulla situazione attuale. Io ho cominciato a informarmi e dopo un po', lo ammetto, ho lasciato perdere. E' troppo avvilente vedere tutti i modi in cui le minoranze vengono azzittite. Però poi c'è la vita di tutti i giorni, ci sono i discorsi che senti, vai in giro e vedi tutti questi cartelli per Beto, vai a una festa e la gente indossa spille, vuole essere riconosciuta, ragionare, cerca di uscire dalla massa in qualunque modo come a dire "io non sono così". E' vero che ci sono quelli che finiscono al telegiornale perché ti urlano dietro se ti sentono parlare spagnolo, ma ci sono anche tanti altri che non fanno notizia e che in questo periodo più che mai usano una gentilezza straordinaria io credo proprio per migliorare il clima, l'educazione, la civiltà, per dare il buon esempio. Potrei farvi tantissimi esempi. L'altro giorno davanti alla scuola di Joe c'era una nonna con la maglietta di Beto: mai vista una cosa simile, fino a poco tempo fa l'idea era evitare di parlare di politica, ora questo timore di esporsi, scatenando discussioni esiste molto molto meno.
Se il voto fosse agevolato invece che ostacolato, non ci sarebbero dubbi sul risultato delle prossime elezioni. Non dimentichiamo mai che Trump, ha vinto grazie al collegio elettorale e non ha mai avuto la maggioranza popolare.
Tornando all'Italia invece, viene da pensare che il governo, incluso Salvini con le sue uscite razziste e tutto il resto, in questo momento sia l'espressione del volere della maggioranza della popolazione. Io da qui leggo i commenti sotto agli articoli che ti raccontano spesso molto più degli articoli, e qualche volta inorridisco. Di fronte al volere popolare c'è poco da sperare. Anche se smettere di farlo è assolutamente vietato. Sì, lo so, avevo detto molto brevemente.
domenica 28 ottobre 2018
una sorpresa
Ieri sera, tornando a casa, ho trovato una bellissima sorpresa. Appesa alla maniglia della porta c'era questa bustina piena di dolci. Era appesa dalla parte senza adesivi, come qualcosa di segreto.
Il biglietto diceva in un gioco di parole un po' difficile da tradurre:
Visto che in Texas i democratici si prendono tanti bu (tanti fischi), quest'anno ho deciso di divertirmi e farti bu io (come un fantasmino di Halloween che porta i dolcetti).
Una nota a penna, aggiungeva grazie per avere avuto il coraggio di supportare Beto pubblicamente e ci invitava a "fare bu" allo stesso modo a qualcun altro nel quartiere per far andare avanti questo gioco clandestino.
Qualche tempo fa vi raccontavo che il clima politico oramai è così avvelenato che all'inizio avevamo deciso di non esporre come si fa qui, nessun cartello in supporto del nostro candidato di riferimento Beto O'Rourke (il post era questo). I primi giorni -dopo l'esperienza fallimentare di quello di Obama che durò pochissimo- eravamo soddisfatti semplicemente che non lo avessero ancora tirato giù. Oramai però è lì da più di un mese e non si sente per niente solo: il quartiere è pieno zeppo di cartelli uguali.
La vittoria di Beto al momento sembra poco probabile, però l'energia positiva che ha creato, indipendentemente dal risultato finale, si sente e di sicuro non si fermerà qui.
Il biglietto diceva in un gioco di parole un po' difficile da tradurre:
Visto che in Texas i democratici si prendono tanti bu (tanti fischi), quest'anno ho deciso di divertirmi e farti bu io (come un fantasmino di Halloween che porta i dolcetti).
Una nota a penna, aggiungeva grazie per avere avuto il coraggio di supportare Beto pubblicamente e ci invitava a "fare bu" allo stesso modo a qualcun altro nel quartiere per far andare avanti questo gioco clandestino.
Qualche tempo fa vi raccontavo che il clima politico oramai è così avvelenato che all'inizio avevamo deciso di non esporre come si fa qui, nessun cartello in supporto del nostro candidato di riferimento Beto O'Rourke (il post era questo). I primi giorni -dopo l'esperienza fallimentare di quello di Obama che durò pochissimo- eravamo soddisfatti semplicemente che non lo avessero ancora tirato giù. Oramai però è lì da più di un mese e non si sente per niente solo: il quartiere è pieno zeppo di cartelli uguali.
La vittoria di Beto al momento sembra poco probabile, però l'energia positiva che ha creato, indipendentemente dal risultato finale, si sente e di sicuro non si fermerà qui.
mercoledì 24 ottobre 2018
come si insegna l'italiano a un figlio di expat?
Genitori expat o esperti linguisti, mi rivolgo soprattutto a voi per un consiglio.
Ieri sono andata a parlare con la maestra di Joe. Avevo già visto la pagella e sapevo che andava tutto bene, ma pensavo che mi dicesse comunque qualcosa a proposito dello spelling. E' in seconda, ma fa ancora tantissimi errori quando scrive. Lei invece mi ha detto che è normalissimo. Mi ha perfino detto di evitare di correggerlo perché più importante dello spelling è che scriva. La priorità è incoraggiare il flusso di parole, poi secondo lei la correttezza formale arriverà, anche perché legge tantissimo.
Mi è sembrata interessante questa cosa. Ai miei tempi, in italiano, la maestra non te ne faceva passare una. Eh, ma l'inglese è difficile, dice la maestra di Joe. E come darle torto.
Pensavo che però anche quando il mio inglese era davvero agli inizi, non facevo grandi errori di spelling. Ho sempre attribuito questo al fatto di aver imparato prima l'italiano.
Insomma, è questo il momento giusto per insegnare a Joe a leggere e scrivere un po' di italiano? E da cosa posso cominciare? L'estate scorsa sono stata in diverse librerie in Italia, ma non ho trovato nessuno abbastanza competente in materia che mi potesse consigliare un libro valido nella nostra situazione. Lui lo capisce e lo parla, ma non sa leggere e scrivere (cioè un po' lo legge, ma ha imparato da solo, l'ho scoperto da poco per caso, credo che lui lo consideri un suo segreto...).
Tanti figli di amici stranieri qui, hanno già iniziato a studiare le lingue dei loro genitori. Tanti vanno a scuola il sabato per essere al passo con i coetanei dei vari paesi. Io non ci ho mai nemmeno pensato ad aggiungere compiti o giorni di scuola, mi basta che parlino e capiscano l'italiano per ora, però se imparare a scrivere in Italiano potesse avere delle ripercussioni positive sull'inglese...
Cosa ne pensate?
martedì 23 ottobre 2018
ma ne vale la pena?
Una sera abbiamo avuto a cena una coppia di amiche che si sono appena sposate. A un certo punto sono sbucati Woody e Joe a rubare un po' di attenzione e il discorso si è spostato su di loro.
Alla fine, forse vedendoci esausti, ci hanno chiesto qualcosa tipo:
- Ma ne vale la pena?
Cioè ne vale la pena di avere dei figli, di incasinarsi così tanto la vita, fare delle rinunce, di non dormire?
Io e Mr J ci siamo guardati un attimo negli occhi perché ci siamo entrambi resi conto che si trattava di una domanda molto franca e seria e che meritava una risposta adeguata.
Poi ci hanno raccontato che stanno considerando l'ipotesi di avere un figlio e che hanno già iniziato a raccogliere informazioni sul da farsi.
Ad esempio, sono state a una specie di convention per aspiranti madri lesbiche. Non avevo idea che esistessero eventi simili. Al termine di questa convention enorme -mi sono immaginata uno stadio o qualcosa di simile- c'era una sorta di lotteria. Il premio finale? Una boccetta di sperma.
Hanno detto di esserci andate più che altro per curiosità e poi perché...sperma gratis, buttalo via. Che ridere. Mi sembravano ancora lievemente combattute sulla possibilità di diventare genitori, o genitrici, come si dice?
Avevano una breve lista di traguardi da raggiungere senza figli (viaggi, questioni lavorative...) e pensavano eventualmente di cominciare a fare un primo tentativo fra un paio d'anni. Dato che non sono giovanissime, a livello riproduttivo almeno, se così si può dire, ho avuto l'impressione che come tante coppie di qualsiasi orientamento sessuale avessero quell'ottimismo iniziale di chi pensa di avere tutto sotto controllo. Beata ingenuità. Raramente nella vita mi sono imbattuta in una situazione dominata dal caso come l'arrivo di un figlio. Ti senti completamente inerme, in balia del destino.
Pensavo a loro stasera, a quanto sembrino appagate dalla loro vita e dalla loro relazione. Mi ha fatto tenerezza quella domanda così brutalmente onesta. C'è stato un tempo in cui mi sono chiesta la stessa cosa, sembrano passati secoli.
Chissà se ho dato la risposta giusta. Sicuramente ho detto quello che penso. Che avere un figlio, e soprattutto vederlo crescere ogni giorno, è un privilegio immenso e una meraviglia continua. Che non ho mai pensato alle cose a cui rinuncio per loro in termini di sacrificio. Però forse non ho mai rinunciato a cose enormi. Devo dire che ultimamente soprattutto a livello professionale, l'idea del sacrificio mi è balenata per la testa qualche volta. Insomma, essere genitori non è semplice, bisogna imparare a gestire tanti sentimenti contrastanti che devono per forza di cose, coesistere. E' vero, la propria vita finisce in secondo piano per qualche anno, ma è giusto così: le priorità cambiano, ti sei preso la responsabilità totale di una o più persone.
Mentre lo scrivo ho un leggero senso di vertigine.
Ci vuole coraggio e ci vuole anche un minimo di incoscienza.
Non ci credo che uno possa considerare tutto, tutto, tutto e decidere con completa razionalità di avere un figlio.
E' un mondo difficile. Per tutti. Poi se vivi in Texas e sei donna, lesbica e messicana, non posso nemmeno immaginare. Però diamine, mica bisogna averlo per forza un figlio, no? Non è un'impresa da tutti o per tutti. Sono convinta che le mie amiche con tutti gli interessi e le passioni che hanno costruito finora, avranno una vita splendente e piena di significato qualunque strada decidano di prendere.
Alla fine, forse vedendoci esausti, ci hanno chiesto qualcosa tipo:
- Ma ne vale la pena?
Cioè ne vale la pena di avere dei figli, di incasinarsi così tanto la vita, fare delle rinunce, di non dormire?
Io e Mr J ci siamo guardati un attimo negli occhi perché ci siamo entrambi resi conto che si trattava di una domanda molto franca e seria e che meritava una risposta adeguata.
Poi ci hanno raccontato che stanno considerando l'ipotesi di avere un figlio e che hanno già iniziato a raccogliere informazioni sul da farsi.
Ad esempio, sono state a una specie di convention per aspiranti madri lesbiche. Non avevo idea che esistessero eventi simili. Al termine di questa convention enorme -mi sono immaginata uno stadio o qualcosa di simile- c'era una sorta di lotteria. Il premio finale? Una boccetta di sperma.
Hanno detto di esserci andate più che altro per curiosità e poi perché...sperma gratis, buttalo via. Che ridere. Mi sembravano ancora lievemente combattute sulla possibilità di diventare genitori, o genitrici, come si dice?
Avevano una breve lista di traguardi da raggiungere senza figli (viaggi, questioni lavorative...) e pensavano eventualmente di cominciare a fare un primo tentativo fra un paio d'anni. Dato che non sono giovanissime, a livello riproduttivo almeno, se così si può dire, ho avuto l'impressione che come tante coppie di qualsiasi orientamento sessuale avessero quell'ottimismo iniziale di chi pensa di avere tutto sotto controllo. Beata ingenuità. Raramente nella vita mi sono imbattuta in una situazione dominata dal caso come l'arrivo di un figlio. Ti senti completamente inerme, in balia del destino.
Pensavo a loro stasera, a quanto sembrino appagate dalla loro vita e dalla loro relazione. Mi ha fatto tenerezza quella domanda così brutalmente onesta. C'è stato un tempo in cui mi sono chiesta la stessa cosa, sembrano passati secoli.
Chissà se ho dato la risposta giusta. Sicuramente ho detto quello che penso. Che avere un figlio, e soprattutto vederlo crescere ogni giorno, è un privilegio immenso e una meraviglia continua. Che non ho mai pensato alle cose a cui rinuncio per loro in termini di sacrificio. Però forse non ho mai rinunciato a cose enormi. Devo dire che ultimamente soprattutto a livello professionale, l'idea del sacrificio mi è balenata per la testa qualche volta. Insomma, essere genitori non è semplice, bisogna imparare a gestire tanti sentimenti contrastanti che devono per forza di cose, coesistere. E' vero, la propria vita finisce in secondo piano per qualche anno, ma è giusto così: le priorità cambiano, ti sei preso la responsabilità totale di una o più persone.
Mentre lo scrivo ho un leggero senso di vertigine.
Ci vuole coraggio e ci vuole anche un minimo di incoscienza.
Non ci credo che uno possa considerare tutto, tutto, tutto e decidere con completa razionalità di avere un figlio.
E' un mondo difficile. Per tutti. Poi se vivi in Texas e sei donna, lesbica e messicana, non posso nemmeno immaginare. Però diamine, mica bisogna averlo per forza un figlio, no? Non è un'impresa da tutti o per tutti. Sono convinta che le mie amiche con tutti gli interessi e le passioni che hanno costruito finora, avranno una vita splendente e piena di significato qualunque strada decidano di prendere.
domenica 14 ottobre 2018
gli impacchettatori
Oramai con gli impacchettatori si è istaurata una certa simpatia, anche perché é stato chiaro fin dall'inizio che abbiamo un nemico comune: stiamo tutti quanti subendo l'inettitudine del loro capo.
Gli impacchettatori sono due e vengono dal Guatemala. Uno avrà una ventina d'anni ed è chiaramente innamorato. Ascolta la cover spagnola di Piano Man di Billy Joel diverse volte al giorno e sorride sempre, con le fossette, mi fa molta tenerezza.
L'altro ha la faccia più dura e un incisivo d'argento che gli dà tutta l'aria del malvivente. In un raro momento di espansività mi ha raccontato che è già stato deportato una volta e che nel suo paese ha due bambine di tre e cinque anni.
Ho commentato che è molto meglio che stiano lì visto che questo presidente...E' molto bravo! Finisce lui.
Sono spaesata. Bravo? Tutto è possibile, ma che uno nella sua situazione apprezzi Trump, mi sembra davvero assurdo.
Rimango senza parole. Appena si gira, mi fiondo su Wordrefence. Bravo in spagnolo significa "feroce, indomito". Tutto chiarito. Anche che il mio spagnolo ormai è bello arrugginito.
giovedì 11 ottobre 2018
succede questo
Ricapitolando.
Grandine all'inizio dell'estate.
Ci piove in casa.
Soffitti da rifare.
Mesi di attesa perché qua intorno è pieno di gente che ha avuto lo stesso problema.
Finalmente l'altro giorno bussano alla porta. Siamo venuti a rifare i soffitti! Fantastico. Mica tanto. L'idea era, sarà un caos totale, ma nel giro di 2-3 giorni avrete i soffitti nuovi e vuoi mettere.
Grandine all'inizio dell'estate.
Ci piove in casa.
Soffitti da rifare.
Mesi di attesa perché qua intorno è pieno di gente che ha avuto lo stesso problema.
Finalmente l'altro giorno bussano alla porta. Siamo venuti a rifare i soffitti! Fantastico. Mica tanto. L'idea era, sarà un caos totale, ma nel giro di 2-3 giorni avrete i soffitti nuovi e vuoi mettere.
Bene. Non molto. I 2-3 giorni sono diventati 3-4 e i 3-4...insomma siamo già a una settimana e mezzo o due, vediamo come va.
Il dramma vero è che la loro strategia d'azione è stata arrivare il primo giorno e impacchettare tutta la casa stile Christo. Tipo che avevamo la frutta sul tavolo, le chiavi della macchina in giro e loro hanno impacchettato tutto, anche le pareti, anche i cassetti con dentro i vestiti. In sala, per primissima cosa, al centro della stanza, hanno creato una sorta di montagna di mobili in equilibrio sul divano e le poltrone. Hanno impacchettato perfino la televisione.
In tutto questo, ti chiama Luca Nizzoli Toetti che è qui per l'ultima sera (per il suo progetto Texas Europe) e non lo inviti a cena?
La cucina non è ancora stata impacchettata, si può fare. Mentre preparo affannosamente qualcosa al volo in mezzo a tutte le insidie del caso (come fare in modo che Woody la smetta di scalare la montagna di mobili istallata con una certa perversa creatività in sala dai nostri ingegnosi muratori), suonano alla porta.
Aspettiamo degli ospiti italiani, suonano alla porta...CIAO!
Mi guarda spaesata. Lei. Ma chi è? Io questa donna con il volpino al guinzaglio e una fantastica maglietta di Reba McEntire, celebre cantante country dell'Oklahoma, non l'ho mai vista in vita mia. Poi qui nessuno sconosciuto mai suona alla porta, ancor meno a quell'ora.
Era venuta gentilmente ad avvertirmi che c'è una tana di coniglietti praticamente invisibile nel mio giardino e di stare attenti a non fare disastri quando tagliamo l'erba.
Sarà tardi, avrò la pasta sul fuoco e la casa impacchettata, ma la tana dei coniglietti dobbiamo andare a vederla, tutti, anche quelli piccoli e senza scarpe ai piedi.
La signora aveva ragione, la tana era davvero nascosta, ma lei con grande maestria, ha spostato un po' d'erba e ha tirato fuori un coniglietto piccolo piccolo.
Ooooh.
giovedì 4 ottobre 2018
pure american beauty
Di solito quando ho lezione tutto il giorno, mi porto sempre il pranzo da casa, non mi va di sprecare la pausa in macchina a cercare da mangiare. L'altro giorno però, dopo l'ennesima nottataccia, sono corsa fuori in ritardo e l'ho dimenticato nel frigorifero. Normalmente, non ci danno mai meno di 45 minuti, ma per l'infallibile legge di Murphy, quella volta in particolare, avevamo solo 30 minuti. Mangiare in fretta deve essere un problema comune perché la scuola è organizzatissima per ottimizzare i tempi. Alle uscite ci sono degli schermi che a quell'ora trasmettono la mappa di tutti i fast food più vicini. E' un corso per insegnanti e per quanto riguarda l'arte, nella mia classe, siamo solo in due. Non ci conosciamo bene, ma abbiamo parlato spesso, sediamo vicine e abbiamo un rapporto cordiale. Lei ha tante idee e un leggero tic agli occhi. Mi piace molto il modo in cui parla del lavoro e dei suoi studenti, credo che sia una brava insegnante. Cerca sempre di intervenire e farsi trovare preparata su tutto, io invece sto più in disparte. Consultavamo insieme la mappa e mi è venuto spontaneo invitarla:
- Io vado a mangiare un hamburger, vieni anche tu?
- Senza offesa, ma preferisco stare da sola. Sono introversa, ho bisogno di una pausa mentale.
Colpita e affondata.
Non fraintendetemi, è più che legittimo che uno abbia bisogno di una pausa di silenzio, è solo che in quella situazione, per pochi minuti... Non volevo prenderla sul personale e anche ora ripensandoci lo so che non era una cosa detta con cattiveria o contro di me, ma ci sono rimasta male lo stesso. Sì lo so...la sincerità, ma io avrei preferito che inventasse una scusa, probabilmente avrei fatto così al posto suo, mica c'è bisogno di dire proprio tutto tutto, soprattutto ai semi-estranei. Lei invece per completezza di informazione, subito dopo mi ha anche messo al corrente che andava al fast food di fronte a quello dove andavo io. Quindi, io mi sono ritrovata lì, come un'idiota, a mangiare in macchina da sola questo hamburger inutilmente enorme mentre dall'altra parte del parcheggio, vedevo lei che mangiava in macchina da sola il suo hamburger inutilmente enorme.
Pure American beauty.
Tornate in classe, non so, forse si è sentita in colpa e mi ha chiesto se ero su Facebook. Su Facebook. Volevo dirle veramente sono qui non su Facebook, non mi vedi?
Mi è venuta una tristezza che non so nemmeno spiegare. Quando si dice che la società americana è individualista e alienante, è questo, è esattamente questo il tipo di situazioni a cui ci si riferisce.
Sono cose che mi capitano relativamente spesso e non lasciano gravi malumori ormai. Ma forse non tutti i giorni sono buoni. O magari è stata proprio quella situazione in particolare, quel rifiuto, quel mangiare schifezze in macchina in fretta e da sola. Che imbruttimento.
Quella sera, sono andata a fare un giro al parco per sgranchirmi un po' le gambe e i pensieri e ha funzionato, mi sono sentita meglio, anzi mi sono sentita di nuovo umana. A volte, sembra strano, ma è questo che mi manca di più qui.
Mentre tornavo a casa era quasi buio. Il cielo era rosso e blu. Il frinire delle cicale, la brezza dolce, né calda e né fredda, pedalare. Sono le cose più semplici e naturali quelle che ti rimettono al mondo. All'imbocco del ponticello, ho visto una macchina parcheggiata e un ragazzo e una ragazza che ballavano in controluce con la musica dell'autoradio. Quando gli sono passata accanto si sono messi a ridere con un certo imbarazzo, come se fossero stati colti con le mani nel sacco, ma hanno continuato a ballare. Tejano, mariachi o qualcosa di simile. Che belli erano.
Mi hanno ricordato che non sono sola e che intorno a me c'è tutto, ci sono anche persone che si mettono a ballare per strada e che credono nella creazione e nella condivisione di un momento. Ho degli amici qui e non devo dimenticarlo. La società va in una certa direzione, ma è pur sempre composta da singoli individui.
Mai smettere di cercare gli occhi gentili nella folla.
- Io vado a mangiare un hamburger, vieni anche tu?
- Senza offesa, ma preferisco stare da sola. Sono introversa, ho bisogno di una pausa mentale.
Colpita e affondata.
Non fraintendetemi, è più che legittimo che uno abbia bisogno di una pausa di silenzio, è solo che in quella situazione, per pochi minuti... Non volevo prenderla sul personale e anche ora ripensandoci lo so che non era una cosa detta con cattiveria o contro di me, ma ci sono rimasta male lo stesso. Sì lo so...la sincerità, ma io avrei preferito che inventasse una scusa, probabilmente avrei fatto così al posto suo, mica c'è bisogno di dire proprio tutto tutto, soprattutto ai semi-estranei. Lei invece per completezza di informazione, subito dopo mi ha anche messo al corrente che andava al fast food di fronte a quello dove andavo io. Quindi, io mi sono ritrovata lì, come un'idiota, a mangiare in macchina da sola questo hamburger inutilmente enorme mentre dall'altra parte del parcheggio, vedevo lei che mangiava in macchina da sola il suo hamburger inutilmente enorme.
Pure American beauty.
Tornate in classe, non so, forse si è sentita in colpa e mi ha chiesto se ero su Facebook. Su Facebook. Volevo dirle veramente sono qui non su Facebook, non mi vedi?
Mi è venuta una tristezza che non so nemmeno spiegare. Quando si dice che la società americana è individualista e alienante, è questo, è esattamente questo il tipo di situazioni a cui ci si riferisce.
Sono cose che mi capitano relativamente spesso e non lasciano gravi malumori ormai. Ma forse non tutti i giorni sono buoni. O magari è stata proprio quella situazione in particolare, quel rifiuto, quel mangiare schifezze in macchina in fretta e da sola. Che imbruttimento.
Quella sera, sono andata a fare un giro al parco per sgranchirmi un po' le gambe e i pensieri e ha funzionato, mi sono sentita meglio, anzi mi sono sentita di nuovo umana. A volte, sembra strano, ma è questo che mi manca di più qui.
Mentre tornavo a casa era quasi buio. Il cielo era rosso e blu. Il frinire delle cicale, la brezza dolce, né calda e né fredda, pedalare. Sono le cose più semplici e naturali quelle che ti rimettono al mondo. All'imbocco del ponticello, ho visto una macchina parcheggiata e un ragazzo e una ragazza che ballavano in controluce con la musica dell'autoradio. Quando gli sono passata accanto si sono messi a ridere con un certo imbarazzo, come se fossero stati colti con le mani nel sacco, ma hanno continuato a ballare. Tejano, mariachi o qualcosa di simile. Che belli erano.
Mi hanno ricordato che non sono sola e che intorno a me c'è tutto, ci sono anche persone che si mettono a ballare per strada e che credono nella creazione e nella condivisione di un momento. Ho degli amici qui e non devo dimenticarlo. La società va in una certa direzione, ma è pur sempre composta da singoli individui.
Mai smettere di cercare gli occhi gentili nella folla.
Iscriviti a:
Post (Atom)