E' successo che mi serviva un timbro sul passaporto, di vitale importanza per poter tornare in Italia quest'estate e per lavorare. Mi dicono: no problem, prendi un appuntamento, vai lì e ti fanno il timbro, è una formalità. Chiamo.
Ascolta bene perché le opzioni sono cambiate. Premi un tasto, musichetta e poi ascolta bene perché le opzioni sono cambiate. Premi un tasto, musichetta e poi ascolta bene perché le opzioni sono cambiate. Premi un tasto, musichetta e poi ascolta bene perché le opzioni sono cambiate.
L'attesa prevista è da uno a tre minuti. Bene. Ma allora perchè sono passati 20 minuti e non ho ancora parlato con nessuno? No, mi spiega in un'altra chiamata successiva l'operatore (perché non é che uno possa passare ogni volta il pomeriggio in attesa) l'appuntamento non si può prendere per telefono, ma solo attraverso il sito. Il fatto è che il sito sembra perennemente impallato. Provo per un paio di settimane, sempre la stessa schermata, non c'è mai posto per i prossimi 14 giorni, c'è scritto. E la mia partenza si avvicina. A un certo punto, nell'esasperazione più totale provo in altre città. Finalmente trovo un appuntamento a tre ore di strada, va bene, lo prendo, qualunque cosa. Ma no, il timbro me lo possono fare solo a Dallas. Allora richiamo.
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- Guardi che il sito non funziona, c'è sempre la stessa schermata, è impossibile prendere un appuntamento e io devo partire.
- Spiacente, l'appuntamento si può prendere solo via internet. Click.
Mi attacco a questo sito tutti i giorni. Comincio a perderci anche il sonno. Una notte, preoccupata, provo a collegarmi al sito, giusto per vedere cosa succede, e sì, c'era posto! Solo che l'appuntamento sbagliato nell'altra città mi impediva di prendere quello giusto a Dallas. Un'altra matassa da sbrogliare, solo che in questo modo almeno ho capito l'inghippo: i posti disponibili appaiono a mezzanotte in punto. Se tu la sera non trovi posto e riprovi la mattina successiva, non troverai mai un posto, almeno in una città di queste dimensioni. C'è disponibilità, pare, solo a quella particolare ora della notte e per pochi minuti.
Stamattina siamo andati all'appuntamento in un bell'edificio nel verde.
La receptionist con un sorriso smagliante:
- Potete accomodarvi. Oppure no visto che il tempo di attesa é inesistente.
In effetti, siamo stati trattati con grandissima cortesia e abbiamo sbrigato il tutto in cinque minuti di orologio. Abbiamo finito mezz'ora prima dell'orario del nostro appuntamento. Missione compiuta. Sembrava quasi troppo facile per essere vero.
Mr. J, nel tragitto verso casa, mi ha ricordato altre attese. Quel tempo lontano in cui vivevamo in Italia ed era lui che cercava di ottenere il permesso di soggiorno. Non so ora, ma qualche anno fa la questura di Milano era un girone infernale. Sporcizia, bagni allagati, bambini che piangevano, ore e ore di attesa prima fuori, sotto le intemperie, e poi dentro in quelle condizioni. Mi trovai di fronte a qualcosa che non avrei mai immaginato da italiana che potesse accadere nel mio paese. Ogni volta che si accorgevano che Mr. J veniva dagli Stati Uniti cambiavano completamente atteggiamento, di colpo ci ascoltavano e ci trattavano da esseri umani, ma nonostante il datore di lavoro disponibile a fare da sponsor e tutti i documenti in regola non siamo mai riusciti a procurarglielo quel permesso. Fu un momento difficile per noi.
E' vero, la burocrazia fa schifo ovunque, ma questo qui sembra un sistema volto a metterti l'ansia, a spaventarti senza motivo. Ci credo che non c'erano code: la maggior parte della gente di sicuro non capisce come prendere un appuntamento!
Quello però era anche il posto in cui si fanno le cerimonie per la cittadinanza.
A un certo punto hanno chiamato un gruppo di una quindicina di persone. C'erano donne africane con gli abiti tipici, sudamericani, arabi...tutti emozionatissimi, schierati sotto la bandiera con i parenti e gli amici pronti a immortalarli.
Devo ammettere di essermi emozionata.
Mi sono svegliata questa mattina leggendo dei bambini che il governo Trump sta oramai separando sistematicamente dai genitori che cercano di entrare in questo paese illegalmente. Il governo affida questi bambini a cosiddetti sponsor, che potrebbero anche essere trafficanti, e poi ne perde le tracce. E' una storia relativamente fresca e molto complicata, ho trovato un ottimo riassunto qui se vi interessa.
Si danno tante di quelle cose per scontate. Ho avuto questa piccolissima vicissitudine burocratica che sapevo fin dall'inizio che in qualche modo si sarebbe risolta e ci ho perso il sonno. Molte di quelle persone, già solo a causa del loro aspetto, saranno state fermate mille volte negli aeroporti, magari non sono potute tornare a casa per un funerale o un matrimonio per paura di non poter più rientrare e ora sono cittadini, nessuno potrà più disturbarli, sono liberi, quella parte cosí complicata della loro vita è finita per sempre. C'è da festeggiare, certo.
Non dico che da ora in poi sarà tutto rose e fiori per loro, ma almeno se qualcuno li insulterà perché parlano spagnolo o perché portano il velo, potranno rispondere sono americano esattamente come te, mettendo a tacere immediatamente la stupidità di chi non capisce che questo paese è quello che è nel bene e nel male grazie allo splendido groviglio di facce e colori che ha sempre agevolato.
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