venerdì 9 febbraio 2018

qui è dove ho perso la speranza

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Le parole della direttrice avevano ferito a tal punto me, che non ero nemmeno coinvolta direttamente nella situazione, che avevo deciso di non parlarne alla mamma della bambina o almeno di rifletterci molto bene prima di farlo.
Per un po' l'ho evitata, lo ammetto. Poi un giorno l'ho incontrata per caso, abbiamo cominciato a parlare e ho deciso così, su due piedi, di accennarle qualcosa. Più che altro perché anche lei aveva riposto qualche speranza in quell'incontro, non volevo che si sentisse tradita anche da me, che pensasse che non avevo fatto quello che le avevo promesso. E giustamente si è arrabbiata, anche se non quanto mi sarei arrabbiata io al suo posto. Fra le altre cose, ha nominato i media. 
- Vedrai poi, basta pronunciare quella parola e si mettono tutti sull'attenti! 
Ma il punto del nostro ragionamento iniziale era proporre e richiedere alla scuola delle attività educative specifiche contro il razzismo, chiamare i giornalisti e fare un casino avrebbe distolto tutti dallo scopo e avrebbe creato una tensione enorme. Senza contare che nel frattempo la piccola razzista (chiamiamola sempre cosí per semplificare) ha cambiato scuola e l'altra bambina è serena e oramai a questa storia non sembra pensarci più.   
Mr. J mi dà un consiglio che mi sembra ottimo. 
- Invece di chiamare i media, si potrebbe chiamare l'NAACP che è l'associazione che storicamente si è sempre occupata di tutte queste problematiche. Loro avranno sicuramente tutte le competenze per far capire alla direttrice il suo errore. E lei capirà perché non è mica una persona malvagia, ha solo bisogno che qualcuno la aiuti, con le parole giuste, ad ampliare un po' i suoi orizzonti. A quel punto, si darà da fare e da questa brutta esperienza, emergeranno vantaggi a lungo termine per tutti. 
Ero così contenta. Per un paio di giorni ho pensato davvero di aver trovato una soluzione praticabile, giusta per tutti, ma quando ne ho parlato alla mamma della bambina, tutte le mie speranze sono crollate. Aveva già perso ogni residuo di quell'indignazione iniziale. Non ha nemmeno considerato seriamente l'ipotesi, anzi l'ha demolita.
- Loro non hanno tempo per un incidente così piccolo.
E ha cominciato a raccontarmi un incidente ben più grave che riguarda la sua famiglia. 
Una sera, pochi mesi fa, il suo compagno, stava tornando a casa, anzi era già davanti a casa. 
La polizia lo ferma con una scusa ridicola, come purtroppo succede spesso alle persone di colore da queste parti. Sembra tutto a posto, il poliziotto è anche gentile, solo che quando inserisce il suo nome nel sistema, scatta l'arresto. Pare sia coinvolto in una sparatoria, in un inseguimento, forse anche in un omicidio, roba seria. 
- Ma posso almeno portare dentro la macchina? 
- No tu vieni con noi.  
Con l'ingenuità di chi pensa che sia sufficiente essere innocente, il malcapitato fa quello che farei anch'io al suo posto, si presenta davanti al giudice senza avvocato. Appena si accorgono dell'errore grossolano, mi mandano a casa e mi chiedono anche scusa. Ma il giudice lo respinge. Trovati un avvocato, e uno buono.
Lo mettono in prigione per alcuni giorni finchè la sua famiglia non è in grado di pagare i tremila dollari della cauzione.
Per sbrogliare la matassa, ci vuole qualche mese. Per farla breve, si è trattato di un banalissimo caso di omonimia scoperto non dall'avvocato che non ha fatto nulla tranne intascarsi la lauta parcella, ma dalla sua compagna, cioè la mamma della bambina di cui sopra, che si è incollata ai social per capire chi fosse questo delinquente e scoprire, tra l'altro, che si era appena ammazzato in un incidente stradale, fornendo in questo modo la prova definitiva dello scambio di persona.
Diceva lei:
- Siamo stati fortunati.
Non ci potevo credere. Un uomo completamente innocente, un padre di famiglia senza nessun precedente, viene fermato dalla polizia con una scusa, viene arrestato per sbaglio, perde giorni di lavoro, deve pagare un sacco di soldi e deve anche considerarsi fortunato. 
Fortunato per cosa? Per non essere stato massacrato di botte dai poliziotti? Per non essere finito sulla sedia elettrica?
- Ma avete provato a chiamare l'ACLU (American Civil Liberties Union)? Magari possono aiutarvi ad avere un risarcimento, parliamo di un sacco di soldi spesi per un errore, questa è un'ingiustizia enorme!
- Queste cose succedono tutti i giorni. E' un incidente troppo piccolo

Siamo stati fortunati.

5 commenti:

Speranza ha detto...

Mi viene il magone a pensare che queste cose capitano nella patria delle libertà e della democrazia.

Anonimo ha detto...

Mamma mia, ormai hanno perso la speranza anche queste famiglie afro-americane e vivono queste brutte situazioni come un dato di fatto, un qualcosa con cui si convive. Peccato.
ed

Anonimo ha detto...

Io sono senza parole.
Davvero...cioè metà america non è considerata america.Metà popolazione è, di default, di serie B.
Chissà se anche qui in Italia le famiglie di origine straniera subiscono ingiustizie simili.
Ma se anche fosse sarebbe meno grave...perchè qui si tratta di americani da generazioni.
Che tristezza.
simona

La perfezione stanca ha detto...

NO! Scusa, ma hai ragione tu. Nessun incidente è troppo piccolo. Risolvere i grandi incidenti è troppo facile, troppo evidente. Ma la mentalità della gente si cambia a partire dalle piccole cose, anzi dalle piccolissime. Perché niente è troppo piccolo. Perché non bisogna rinunciare in partenza. E perché le persone non si sentono davvero coinvolte dalle grandi cose, sembrano capitare sempre a qualcun altro, ma quelle piccole capitano a tutti noi, capitano di continuo. E se non si parte da lì non si parte affatto. Mi sono espressa un po’ confusamente, ma sono sicura che tu capirai.

Giupy ha detto...

Questo post mi ha fatto venire la pelle d'oca... ammetto che io li per li forse non avrei neanche saputo come commentare una storia così sconvolgente...