lunedì 31 dicembre 2018

e allora vediamo cosa succede

Non è stato poi malaccio questo 2018. Il futuro spaventa sempre un po', ma quando si guarda indietro, ci si rende conto che forse non è così difficile questo gioco. Dedicare tempo alle persone che ti fanno stare bene, scovare un buon libro, fermarsi a guardare un tramonto, prendersi un pomeriggio libero per andare una mostra. Respirare. 
In fondo è più o meno tutto qui, no?
E allora vediamo cosa succede.

domenica 30 dicembre 2018

il proposito

Il mio proposito per il 2019 è riscoprire i miei geni paterni. Per due settimane il mio papà ha fatto solo due cose: leggere e giocare. Niente computer o cellulari, nemmeno la televisione.
- Papà vuoi guardare un film? Vuoi dare un'occhiata al giornale?
- Lascia stare, adesso sono qui.
Adesso sono qui.
Lui vive il momento.
Dorme almeno sette o otto ore per notte e mangia solo ed esclusivamente se ha fame, di solito una volta al giorno. E' praticamente un'asceta. E un nonno buffo che racconta storielle improbabili e insegna ai nipoti ad arrampicarsi sugli alberi.
E oggi parte.
Sigh.

sabato 29 dicembre 2018

alla fine del 2018 in texas

Stasera siamo andati a vedere uno spettacolo di stand-up comedy, quello classico con il tipo che racconta storie davanti al muro di mattoni. Il locale è dietro casa ed è anche piuttosto famoso, ma non c'eravamo mai stati. Non conoscevamo l'attore, ma le recensioni erano buone e abbiamo deciso di provare. Arrivati lì, ci siamo resi conto che doveva essere più famoso di quello che immaginavamo perchè la coda all'entrata era notevole. Una cosa era impossibile non notare: erano quasi tutti neri. Tanto che abbiamo cominciato a farci delle domande in italiano. Ti chiedi se la tua presenza crei qualche fastidio o al contrario venga apprezzata. C'era un'atmosfera un po' difficile da decifrare. Sappiamo che ci sono diverse situazioni come il barber shop che sono aperte a tutti, ma in realtà no e te ne accorgi subito quando ci capiti per sbaglio (ve lo avevo raccontato qui).
Il primo comico parlava uno slang talmente forte che a un certo punto mi sono chiesta se fosse un'altra lingua. Le altre due spalle erano molto più comprensibili, ho capito abbastanza da passare una bella serata. Quando è arrivato il comico di punta è stato bellissimo perchè ha rotto subito il ghiaccio dando un senso a quello che tutti avevano notato, ma che nessuno aveva avuto il coraggio di dire apertamente.
Con la sua comicità ha ringraziato per prima cosa tutti i bianchi presenti. Ha detto che viviamo in un momento storico in cui certi bianchi chiamano la polizia quando vedono i neri fare le cose più normali del mondo, un picnic, una riunione di lavoro (qui)..., voi siete venuti qui a pagare per ascoltare le battute di quattro neri, evidentemente non siete fra loro. Applausi. Il tipo del tavolo accanto ha dato il 5 a Mr J e i dubbi sono scomparsi, la tensione si è dissolta.
E niente, il clima in Texas a fine 2018, è questo. Spero che nel giro di pochi anni, questo piccolo aneddoto suoni come preistoria.

lunedì 24 dicembre 2018

il surfista

Appena arrivati a La Jolla ci siamo fermati a guardare l'oceano. Impossibile non rimanere incantati. Poca gente in giro. Onde altissime e una piccola schiera di fotografi muniti di teleobiettivi mezzi nascosti nella vegetazione. Un pugno di surfisti si battevano fra le onde come moderni Don Chisciotte. In quel momento è arrivato un tipo sui quaranta e si è messo a riprendere la scena con il cellulare alle nostre spalle. Fremeva. Appena ha incontrato il nostro sguardo ha cominciato a spiegarci con frenesia quello che stava succedendo. Forse aveva bisogno di parlare. Eravamo capitati lì proprio la mattina del primo winter swell cioè l'inizio del periodo migliore per surfare. Chiaramente il tipo era un grande esperto di surf. E anche un surfista dall'età di sette anni, ci ha poi fatto sapere, ma sfortunatamente quella mattina gli toccava andare a lavorare e non poteva fare altro che guardare con invidia i suoi colleghi. Ci ha raccontato della preparazione sia fisica che psicologica necessaria per praticare questo sport. Quasi tutti i surfisti lavorano in proprio per poter star dietro alle onde migliori. Bisogna cogliere l'attimo. L'amicizia è un elemento chiave dello stile di vita del surfista californiano, ci ha spiegato. Le condizioni sono così estreme che è molto più probabile sopravvivere in gruppo. Gli esercizi di respirazione sono duri, ma indispensabili per riemergere da mostri d'acqua simili. Ci raccontava che d'estate, quando il mare è calmo, ad esempio, si legano dei pesi addosso e camminano sul fondo dell'oceano. La disciplina è tutto. Lavorano tutto l'anno per questi pochi giorni di gloria. "Forse non vi sembrano molto alte quelle onde da qui, ma c'è gente che ci si è rotta il collo". A quel punto gliel'ho chiesto. E gli squali? Ci sono! Mi ha risposto subito con sincerità. C'è lo squalo bianco, il più grande predatore dell'oceano. E non hai paura? Gli ho chiesto. Tantissima, mi ha risposto strizzando gli occhi verdi circondati da quelle piccole rughe di chi passa un sacco di tempo sotto al sole. Gli è capitato di rendersi conto di avere sotto i piedi uno squalo di quattro metri, guardare in faccia l'amico e andare avanti. Non posso nemmeno immaginare il terrore. E anche lui che è coraggioso se li sogna la notte gli squali, ma gli incubi non lo fermano. In fondo, con tutte le foche che ci sono in giro non hanno certo bisogno di attaccare gli uomini gli squali bianchi, no? Vorrei dargli ragione anche se non ne so nulla, ma si capisce subito che il rischio di morire è ciò che lo tiene in piedi e lo fa fremere in quel modo in una mattina d'inverno. 
Non posso fare a meno di pensare che sia una fortuna avere qualcosa che ti faccia provare quello che prova lui per il surf nella vita.




martedì 11 dicembre 2018

piccolo e grande al tempo stesso

Ero in fila al supermercato e davanti a me c'era un uomo dal viso sfigurato in modo orribile. La fila era lunga. Quelle situazioni in cui qualcuno fissa e qualcun altro guarda dall'altra parte. Ecco, il cassiere ha fatto un gesto che mi ha colpito. Di solito lui, le volte che l'ho visto almeno, dà l'impressione di uno che si fa molto i fatti propri, è chiaramente poco entusiasta del suo lavoro. Del resto è un ragazzo molto giovane e sveglio, bello oltretutto, è fuori luogo in quel posto. Comunque, cosa ha fatto? Semplicemente si è ritagliato un minuto per parlare con il signore sfigurato in modo normale. Credo gli abbia chiesto cosa mangiasse per cena o qualcosa del genere. E non solo questo, gli ha fatto il saluto, quello cool dei neri dove ci si toccano le mani. Il signore sfigurato ha sorriso e si è come sgonfiato, rilassato. E probabilmente è successo lo stesso a tutti noi che guardavamo la scena. Avevamo di nuovo di fronte una persona qualunque e non un mistero insolvibile, uno scherzo della natura da compatire. 
Chissà se si conoscevano o quale fosse la storia. Fatto sta che appena quelle due mani si sono toccate, è successo qualcosa di importante, piccolo e grande al tempo stesso.

martedì 4 dicembre 2018

...e la fiducia nell'umanità?

Capita anche a voi a volte di sentirvi diffidenti nei confronti del prossimo? A me purtroppo succede sempre più spesso di aspettarmi il peggio dagli altri e questo non mi piace. E' che ti guardi intorno, senti un sacco storie e poi un paio di esperienze negative magari le hai già avute e per qualche strano motivo, ti vengono in mente sempre prima di quelle positive. Però l'altro giorno mi è successa una cosa -anzi più di una, una vera e propria catena di eventi direi- che mi ha fatto riflettere, e molto.
Stavo avendo una giornata no, capita. Del resto, dopo una nottata insonne anche la minima scocciatura diventa una montagna da scalare. Visto che ero più o meno nei paraggi, per consolarmi decido di concedermi qualcosa di buono al supermercato italiano.
Oramai si trovano un po' tutti i prodotti italiani qui, ma c'è un unico supermercato che considero più o meno autentico e sono andata proprio lì. La nostalgia del cibo è una cosa seria per gli emigranti. Mi sento sempre meglio dopo che ci sono stata. Non è il mangiare, è l'atmosfera.
Insomma, faccio la mia spesa come sempre. Scambio due parole con la cassiera che vuole sapere cosa ci si fa con l'orzata. L'orzata, vorrei risponderle, ma lei ovviamente non sa cosa sia e ora che ci penso non lo so nemmeno io. Una conversazione di grande spessore. Un altro cliente si mette in fila dietro di me e automaticamente tiro fuori il portafogli, mah? Non trovo la carta di credito. Non può essere, ho appena fatto benzina! Può essere. Accidenti.
Le chiedo se può tenermi un attimo le buste mentre vado a controllare se per caso mi sia caduta in macchina.
Cerco meglio che posso ma, alla fine mi devo arrendere. Evidentemente l'ho persa. Deve essere successo quando l'ho tirata fuori per fare benzina. Non è la fine del mondo. Devo solo farla bloccare e farmi fare una copia. Anzi, sono quasi contenta perchè almeno ho venti dollari e posso pagare il panino e i cannoli da portare a casa, se sono fortunata magari anche la mia amata orzata.
Quando rientro, spiego che mi dispiace lasciare là la spesa, ma purtroppo ho perso la carta di credito. La cassiera sussurra brevemente quello che é successo al proprietario e lui senza tanti convenevoli (perché lui è cosí), le risponde senza guardarmi: "Dalle le sue buste, tornerà".
Mi vergogno a morte ad ammetterlo, ma mi è venuto da piangere. Ottanta dollari. Questa persona che odia i convenevoli, questa persona che non gestisce, come dicevamo una multinazionale, ma un supermercatino di quartiere, ha dato fiducia a me, una perfetta estranea che gli riportassi ottanta dollari, sono davvero tanti. Un gesto incredibile per un piccolo esercizio commerciale come quello o forse anche per uno grande.
In un momento storico in cui sembra che tutti siano portati all'ostilità di default, questa persona ha deliberatamente scelto di dare fiducia a una sconosciuta, come se fosse la cosa più naturale del mondo e senza nemmeno pensarci un secondo.
Non ero in pericolo, non ero affamata, non avevo bisogno di aiuto, ma lui ha accettato il rischio lo stesso. Mi piace pensare che non lo abbia visto come un rischio, che gli sia sembrato ovvio che tornassi. Quanti lo farebbero?
Questa storia natalizia di buoni sentimenti potrebbe finire benissimo qui, ma se per caso avete un pezzo di carbone al posto del cuore e continuate ancora a essere pessimisti e sospettosi nei confronti del prossimo, vi racconto anche quello che è successo dopo.
Sulla strada del ritorno, ho chiamato sia la scuola in cui ero stata sia il benzinaio che ha chiesto scrupolosamente a tutti i dipendenti, ma nessuno aveva trovato la mia carta. Così sono andata in banca e in cinque minuti di orologio, mi hanno risolto il problema. Grazie banca, fra l'altro.
Appena arrivata a casa, suona il telefono: è la banca. Figurati, mi sembrava troppo facile. E invece no, non c'era nessun problema con la nuova carta. Avevano chiamato solo per avvertirmi che qualcuno aveva appena riportato la mia vecchia carta in banca. Cioè qualcuno non solo l'ha trovata, ma per essere sicuro al 100% che tornasse al legittimo proprietario, la sottoscritta, si è preso perfino la briga di riportarla nella banca giusta.
A quel punto ero davvero senza parole. Sola con il mio enorme senso di riconoscenza e una rinnovata fiducia nell'umanità, pensavo agli ottanta dollari. E se il signore si fosse pentito? Se fosse preoccupato? Non potevo tornare a pagare prima di tre giorni, magari uno fa un gesto di slancio e poi se ne pente. Mi viene in mente di mandare un messaggio alla pagina Facebook del supermercatino per rassicurarlo che andrò a pagare il prima possibile. Non sono sicura che qualcuno lo leggerà, ma scrivo un messaggio carino in cui cerco di esprimere in un paio di righe quanto sia stato apprezzato il gesto.
Due minuti dopo, il commerciante, quello che non fa convenevoli mi risponde "Mi fa piacere che sia andato tutto bene, non c'è bisogno che torni. Puoi pagare per telefono". Non si smentisce mai lui.
Alla fine ognuno ha il suo carattere e il suo modo di fare, ma ci pensate a quanti episodi di questo tipo succedono ogni giorno in tutto il mondo? Non sono eventi spettacolari come lo schianto di un treno o il prossimo tweet di Trump, però capitano anche queste cose e molto più frequentemente di quanto si sia portati a pensare.
E' dall'altro giorno, da quando mi è successa questa cosa, che ci penso: anche quando sembra che vada tutto a rotoli da qualche parte c'è qualcuno che sta facendo qualcosa di stupendo per il semplice gusto di farlo, anche in questo preciso momento. Bello, no?

giovedì 22 novembre 2018

il tramonto e loro

Anche oggi li ho fatti camminare un sacco quei due poveretti. Quando siamo usciti dal bosco e ci siamo all'improvviso trovati davanti a questo spettacolo, li ha presi l'euforia e, nonostante la stanchezza, hanno cominciato a correre su e giù come dei matti. Io invece mi sono seduta per terra davanti al piccolo
lago per godermi un po' il tramonto, e loro. Ho cominciato a filmarli, era un momento assolutamente memorabile. Poi Joe viene verso di me saltellando e grida: "Mi sento così felice!". 
Sono rimasta senza fiato, non gliel'avevo mai sentito dire.

mercoledì 14 novembre 2018

storie di pagliacci la sera in campeggio

- Buongiorno Joe, dormito bene?
Così così. E comincia a raccontarmi che quando lo scorso fine settimana è andato in campeggio e tutti i bambini hanno fatto a turno per dire le storie di paura davanti al fuoco, una ragazzina ha raccontato una storia che lì per lì non gli aveva fatto nessun effetto particolare, ma ripensandoci nel bel mezzo della notte, gli aveva tolto il sonno.
La storia è questa.
- Suonano alla porta e una bambina va aprire. E' un pagliaccio.
- Ma Joe, sicuramente c'era una festa di compleanno da qualche parte e il pagliaccio aveva sbagliato indirizzo poverino.
- Mamma.
- Sì?
- Era sera.
- Va bene, vai avanti, ma sono sicura che se ci ragioni bene, non c'è niente di terrificante in questa storia.
- La bambina chiude in faccia la porta al clown e corre dalla nonna. La nonna le dice di andare a nascondersi in cantina.
- Mah... che storia è? Vedi che è impossibile? Perchè la nonna non ha chiamato la polizia? (Perchè l'ha fatta andare via da sola? In cantina poi? Non ha mai visto un film del terrore questa nonna?)
Mi ignora.
- In cantina però c'era una finestra e la bambina vede che il clown è ancora lì e cerca di entrare così ha tantissima paura e scappa. Il corridoio è pieno di cactus, lei corre via, ma il clown si incastra e non riesce a prenderla.
- Hai visto? Tutto bene quel che finisce bene.
Mi ignora di nuovo.
- Poi però si divincola, la raggiunge e la mangia.
E niente, la storia finisce così.
Anzi finisce che Joe si è tranquillizzato perchè in fondo lui voleva solo quello senza farsi troppe domande e io invece questa notte non dormirò perchè, aveva ragione, questa storia fa davvero paura. E il fatto che l'abbia inventata una bambina di otto anni davanti a un fuoco di sera in campeggio, ancora di più.

lunedì 12 novembre 2018

salutami shinzo

Ho letto che Trump ultimamente è stato maleducato, tra gli altri, anche con un giornalista giapponese. Appena il malcapitato ha cominciato a fare la sua domanda durante una conferenza stampa, lo ha interrotto in modo brusco:
- Di dove sei tu?
- Giappone
"Salutami Shinzo" (Abe, primo ministro del Giappone) gli ha inspiegabilmente risposto e poi, senza nemmeno fargli completare la domanda, l'ha fermato di nuovo:
- Non capisco veramente cosa dici.
E ha risposto, se così si può dire, parlando a caso di quello che voleva.
In Italia non so se sia un comportamento noto o discusso, ma qui fare sentire le persone a disagio a causa del loro accento è considerato oltre che maleducato, discriminatorio. Qualcuno obietterà che alcuni stranieri sono incomprensibili, ma la verità è che la maggior parte delle volte, ci vuole solo un po' di concentrazione per comprendersi almeno in parte. 
Interrompere la domanda di un giornalista straniero o anche solo di uno straniero con un non ti capisco e voltare le spalle, è inammissibile.
Ripensando alla mia esperienza di emigrante, mi rendo conto adesso che in effetti, in tutti questi anni, 12, mi è successo solo una volta di essere trattata così.
Mi ero trasferita qui da poco e il mio livello di inglese era infimo, è vero, ma questa persona, un parente stretto per di più, era l'unico che mi azzittiva continuamente con i suoi "what?" appena aprivo bocca. Mi trasmetteva un forte disagio e spesso rinunciavo a parlare in sua presenza.
Nello stesso periodo, però riuscivo non so come a discutere di qualunque argomento, perfino di arte e cinema, con altre persone. Effettivamente non avevo nessuna padronanza della lingua, ma con gli altri riuscivo a parlare, a farmi capire in qualche modo, non avevo grosse difficoltà. E allora?
Se ci si vuole davvero capire, ci si capisce. Il succo del discorso è tutto qui.
Il problema è che tu sei perfettamente consapevole di non essere in grado di esprimerti in modo corretto, quindi ti senti mortificato, umiliato e il più delle volte ti ammutolisci. Ti prendi tutta la colpa. E' una cattiveria sottile, è un comportamento che trovo odioso.
Tanti figli di emigranti raccontano con dolore l'aver dovuto vedere i genitori sminuiti e umiliati quotidianamente con questa modalità, soprattutto in passato negli anni Settanta e Ottanta forse Novanta.
Mi reputo fortunata perché tranne per quel caso isolato, non ho mai subito nulla di simile. Dire di essere italiana non mi ha mai portato altro che complimenti e anche qualche vantaggio professionale. Ma mi sono trasferita qui in altri tempi.
Ora se il presidente dà questo tipo di esempio, questo comportamento insieme ad altri ben peggiori che abbiamo già sperimentato, rischia di diventare nuovamente la norma.

giovedì 8 novembre 2018

perdere senza perdere

E così alla fine Ted Cruz l'ha spuntata su Beto O'Rourke per il Senato del Texas. 
Qui a casa Johnson, abbiamo vissuto la serata di ieri in una sorta di indifferenza artificiale o rassegnazione. Netflix e via. Quando abbiamo visto che Beto non ce l'aveva fatta siamo andati a dormire insolitamente presto, quasi senza commentare. Oggi, a mente lucida, ho pensato che non è andata per niente male. Vi cito alcune buone notizie fra le tante (alle brutte, e ci sono anche quelle, al momento non ho nessuna voglia di pensare):

  • Per la prima volta nella storia, al Congresso americano ci saranno più di cento donne
  • Per la prima volta nella storia, sono state elette due donne native americane
  • Per la prima volta nella storia, è stata eletta una donna musulmana
  • In Colorado è stato eletto Jared Polis, il primo governatore dichiaratamente gay
  • Ayanna Pressley, sarà la prima rappresentante afroamericana del Massachusetts
  • Jahana Hayes è la prima donna nera ad andare al Congresso per il Connecticut 
  • Alexandria Ocasio Ortez è la donna più giovane mai eletta al Congresso
  • In Texas sono state elette per la prima volta due donne latine, 19 giudici donne afroamericane ed è raddoppiato il numero di legislatori LGBT
Il Congresso somiglierà molto di più alla società reale e questo per forza di cose porterà a una maggiore equità e attenzione ai problemi di tutti. 
Il fatto che la Camera sia tornata in mano ai democratici è il motivo di speranza più concreto: significa che adesso non solo Trump non riuscirà a portare a termine il proprio programma elettorale, ma c'è la possibilità reale che venga indagato per tutti i suoi affari loschi, le molestie sessuali, le tasse evase, i traffici con la Russia per influenzare le presidenziali e tutto il resto. 
(Infatti oggi in conferenza stampa post-elettorale è parso lievemente nervoso, diciamo)
Ma torniamo a Beto. 
Beto ha fatto tutto quello che poteva umanamente. L'ho seguito da quando era ancora uno sconosciuto anche qui e non si è fermato un attimo. Ha vissuto in diretta streaming per mesi e mesi a qualunque ora, giorno e notte, mostrando una tenacia e perfino un vigore fisico fuori dal comune. Ha parlato con tutti, ovunque, ripetendo instancabile sempre lo stesso messaggio di unità, di moralità e di generosità con ironia, con intelligenza e con umiltà. Non ha mai risposto agli attacchi, nemmeno quando si sono dette falsità sul suo conto. Non si è mai abbassato al livello del rivale. 
E' stato se stesso, ha lottato per i suoi valori e contro nessuno. Ha perso, ma non ha perso.
Non bisogna dimenticare che il Texas è enorme ed è in mano ai Repubblicani da tempo immemore. Ascoltavo un'intervista per certi versi illuminante ieri nel podcast del New York Times (potete recuperarla qui se vi interessa). Una donna texana e molto cristiana spiegava il percorso che l'ha portata a cambiare idea e a votare per Beto. Ecco, lei è cresciuta pensando che Gesù vuole che si voti per i repubblicani, le dicevano questo i suoi adulti di riferimento, genitori, insegnanti, ecc. La sua insegnante di storia quando era costretta a nominare Clinton, faceva una pernacchia invece di dire il nome. Rendiamoci conto che qui ci sono milioni di persone, soprattutto nelle campagne, a cui è stato inculcato questo tipo di mentalità per generazioni. 
Si è sempre detto che sarebbe finita così, che Cruz con tutte le sue pecche, avrebbe comunque vinto. E' che poi quando succede, quando arrivi così vicino al traguardo e sai di meritare di vincere, brucia, non c'è niente da fare.
Voglio pensare che sia stato un privilegio vivere tutto questo da vicino, sentire questa energia forte di cambiamento in un momento storico così buio e drammatico. 

Noi, come famiglia, abbiamo fatto quello che abbiamo potuto per supportare Beto e allo stesso modo hanno fatto tanti nostri amici. C'è chi ha donato soldi, chi competenze e chi è andato fino allo scorso fine settimana, casa per casa a cercare di convincere la gente a votare. Conosco un ragazzo normalissimo, non un politico o chissà chi, che è volato qui apposta da New York per fare da volontario nella campagna di Beto. Sono gesti senza precedenti, almeno nella storia recente e nella mia esperienza (mai visto nulla di simile in Italia). L'entusiasmo per Beto è stato tale sia a livello nazionale che locale, qui in Texas, che mi rifiuto di pensare che non abbia un seguito. 
E il cartello per il giardino ce lo abbiamo già stavolta.

martedì 6 novembre 2018

barbie ha fatto quasi tutti i lavori del mondo

Siamo al parco dopo scuola, Joe si spinge lentamente sull'altalena e mi racconta la sua giornata, i suoi pensieri di bambino.
- Mamma, lo sai che Barbie ha fatto tutti i lavori del mondo?
- Sì, l'idea è che dovrebbe rappresentare un modello per tutte le ragazze.
- Lo so. Mi chiedo se abbia fatto anche il giudice della Corte Suprema.
_ Scusa Joe, ma tu sai che cos'è la Corte Suprema? E chi te ne ha parlato?
- Tu.
Quindi, Joe mi ascolta sul serio e a 7 anni fa questi pensieri.
Forse, dopo tutto, c'è speranza per il futuro.

venerdì 2 novembre 2018

e poi c'è stata come un'esplosione

Forse qualcuno di voi ricorderà che poco tempo fa, un fulmine ha colpito casa mia. Non sono cose che succedono tutti i giorni, cosí mentre si parlava del tempo con una mamma agli allenamenti di Joe (qui succede spesso di parlare del tempo) ho accennato all'incidente.
- Ma dai! Davvero? E com'è andata?

Vorrei mettere agli atti in maniera inequivocabile che me lo ha chiesto lei. 

Ho cominciato a raccontarle brevemente questo piccolo aneddoto. Non mi sembrava di annoiarla, anzi lei dava l'impressione di essere interessatissima, proprio come lo sarei io se qualcuno mi raccontasse una storia di fulmini. Occhi spalancati. I suoi no way! Really? Wow! That's amazing! facevano da contraltare al mio racconto. Come in una di quelle storie di paura davanti al fuoco in campeggio, arrivo al culmine: 

- E poi c'è stata come un'esplosione

Lei ha questa faccia concentratissima. Per quello che ne sa, di casa mia poteva essere rimasto un mucchietto di cenere. Ma qualcosa ci interrompe giusto un attimo, una folata di vento, uno starnuto, non ricordo. 

E basta. Finisce così. Non mi ha più chiesto nulla. 

Ecco, questo è per dire che da un po' di tempo a questa parte ho sempre un libro in borsa. L'altro giorno, ho dimenticato il libro che sto leggendo a casa di un'amica e non sono potuta tornare a riprenderlo fino al pomeriggio dopo. 
Quella notte ho sognato il mio libro. 
Sono a questo livello. 
In questo periodo va così e devo dire, non va per niente male. Forse è il primo effetto tangibile dei quaranta. Ho sempre più voglia di andare sul sicuro con il mio tempo. Sì insomma, non ho mai rimpianto nemmeno un minuto passato con un buon libro, il tempo perso a cercare di cavare un ragno dal buco con certe persone invece. 

Ma voi non avete la sensazione, in fondo, di incontrare sempre le stesse persone?  

giovedì 1 novembre 2018

mah...halloween è finito o no?

E' cominciato tutto ieri sera.
- Va bene, è stato bello, adesso Halloween è finito, a letto.
- No.
- No cosa, Woody?
- Halloween non è finito.
- Sì, è finito. Abbiamo festeggiato, adesso basta.
- Halloween non è finito.
- Sì.
- No.
E si è addormentato così, opponendosi strenuamente al concetto che Halloween è finito.
La notte porta consiglio e finalmente stamattina si è convinto.
- Devo dirti qualcosa.
- Dimmi Woody.
- Halloween è finito.
- Sì.
Dopo un po'.
- Devo dirti qualcosa.
- Dimmi Woody.
- Dobbiamo andare subito a scuola. Devo dire a tutti i miei amici che Halloween è finito.
Lui è fatto così. Ogni tanto ha delle realizzazioni.
I primi giorni di scuola, ad esempio, ha capito che lo lasciavo lì, ma poi tornavo a prenderlo.
Ancora adesso dopo tre mesi, tutti i santi giorni, per prima cosa:
- Mamma.
- Sì?
- Sei tornata!
Poi passa una mezz'ora e di nuovo con tutto lo stupore e la meraviglia del mondo:
- Mamma.
- Sì?
- Tu sei tornata!
E lui è così, non dà niente per scontato.

mercoledì 31 ottobre 2018

spooky

Oggi è Halloween e una giornata insolitamente grigia e piovosa qui in Texas. Piccolo Woody è a casa. Quale occasione migliore per andare a visitare una vecchia casa accanto al cimitero. Woody è tutto contento spooky! Spooky! Secondo lui è tutto spooky. Una volta lì però... 
Che strano, ci siamo solo noi a questo "evento". Il custode ci vede e corre fuori a darci il benvenuto. Ci apre la porta e si capisce subito che non è abituato a vedere gente così gli dico grazie e che continuiamo il giro da soli. Ah ah, i fantasmi, boo.
Dopo qualche minuto parte un allarme assordante. Il custode ci fa uscire per precauzione, ma non è preoccupato. Dice che deve essere successo qualcosa in soffitta, ma che strano, non c'è nessun fuoco e nessuno va mai in soffitta... 👀

lunedì 29 ottobre 2018

il voto è un diritto o un privilegio?

Pensavo ai commenti sconsolati che mi avete lasciato ieri su FB sulla situazione italiana in generale. Il discorso sarebbe lungo e complesso però c'è una cosa su cui vi invito a riflettere molto brevemente. Qui negli Stati Uniti, perfino qui in Texas, si sente -io lo sento forte e chiaro almeno- un vento di cambiamento e un disgusto, io credo della maggioranza dei cittadini, per tante cose che siamo costretti a sentire e vedere ogni giorno, un'esigenza di dissociarsi dal governo e dai suoi modi. C'è un rifiuto a tanti livelli del razzismo, delle fake news e del vuoto istituzionale di solidarietà verso i richiedenti asilo e i più deboli in generale. Però c'è un problema che in Italia non esiste, c'è un sistema che se lo guardi bene da vicino non puoi non capire che alla fine non è democratico.
In Italia ti viene detto fin da bambino che votare è un diritto e anche un dovere, ecco qui si parla più che altro di privilegio e come in tutti gli altri ambiti, questo cosiddetto privilegio è saldamente nelle mani della classe dominante. In vari stati, si impedisce a intere categorie di cittadini di votare (il caso più eclatante in Georgia), ma se ne accorgono solo i pochissimi che prestano attenzione. Fate una piccola ricerca inserendo le parole "voter suppression in the US" e vedrete la montagna di articoli che troverete. Se avete un buon inglese, vi consiglio questo episodio di Fresh Air della settimana scorsa che vi spiega tutto per bene e vi aggiorna sulla situazione attuale. Io ho cominciato a informarmi e dopo un po', lo ammetto, ho lasciato perdere. E' troppo avvilente vedere tutti i modi in cui le minoranze vengono azzittite. Però poi c'è la vita di tutti i giorni, ci sono i discorsi che senti, vai in giro e vedi tutti questi cartelli per Beto, vai a una festa e la gente indossa spille, vuole essere riconosciuta, ragionare, cerca di uscire dalla massa in qualunque modo come a dire "io non sono così". E' vero che ci sono quelli che finiscono al telegiornale perché ti urlano dietro se ti sentono parlare spagnolo, ma ci sono anche tanti altri che non fanno notizia e che in questo periodo più che mai usano una gentilezza straordinaria io credo proprio per migliorare il clima, l'educazione, la civiltà, per dare il buon esempio. Potrei farvi tantissimi esempi. L'altro giorno davanti alla scuola di Joe c'era una nonna con la maglietta di Beto: mai vista una cosa simile, fino a poco tempo fa l'idea era evitare di parlare di politica, ora questo timore di esporsi, scatenando discussioni esiste molto molto meno.
Se il voto fosse agevolato invece che ostacolato, non ci sarebbero dubbi sul risultato delle prossime elezioni. Non dimentichiamo mai che Trump, ha vinto grazie al collegio elettorale e non ha mai avuto la maggioranza popolare.
Tornando all'Italia invece, viene da pensare che il governo, incluso Salvini con le sue uscite razziste e tutto il resto, in questo momento sia l'espressione del volere della maggioranza della popolazione. Io da qui leggo i commenti sotto agli articoli che ti raccontano spesso molto più degli articoli, e qualche volta inorridisco. Di fronte al volere popolare c'è poco da sperare. Anche se smettere di farlo è assolutamente vietato. Sì, lo so, avevo detto molto brevemente.

domenica 28 ottobre 2018

una sorpresa

Ieri sera, tornando a casa, ho trovato una bellissima sorpresa. Appesa alla maniglia della porta c'era questa bustina piena di dolci. Era appesa dalla parte senza adesivi, come qualcosa di segreto.  

Il biglietto diceva in un gioco di parole un po' difficile da tradurre: 
Visto che in Texas i democratici si prendono tanti bu (tanti fischi), quest'anno ho deciso di divertirmi e farti bu io (come un fantasmino di Halloween che porta i dolcetti).
Una nota a penna, aggiungeva grazie per avere avuto il coraggio di supportare Beto pubblicamente e ci invitava a "fare bu" allo stesso modo a qualcun altro nel quartiere per far andare avanti questo gioco clandestino. 



Qualche tempo fa vi raccontavo che il clima politico oramai è così avvelenato che all'inizio avevamo deciso di non esporre come si fa qui, nessun cartello in supporto del nostro candidato di riferimento Beto O'Rourke (il post era questo). I primi giorni -dopo l'esperienza fallimentare di quello di Obama che durò pochissimo- eravamo soddisfatti semplicemente che non lo avessero ancora tirato giù. Oramai però è lì da più di un mese e non si sente per niente solo: il quartiere è pieno zeppo di cartelli uguali. 
La vittoria di Beto al momento sembra poco probabile, però l'energia positiva che ha creato, indipendentemente dal risultato finale, si sente e di sicuro non si fermerà qui. 

mercoledì 24 ottobre 2018

come si insegna l'italiano a un figlio di expat?

Genitori expat o esperti linguisti, mi rivolgo soprattutto a voi per un consiglio.
Ieri sono andata a parlare con la maestra di Joe. Avevo già visto la pagella e sapevo che andava tutto bene, ma pensavo che mi dicesse comunque qualcosa a proposito dello spelling. E' in seconda, ma fa ancora tantissimi errori quando scrive. Lei invece mi ha detto che è normalissimo. Mi ha perfino detto di evitare di correggerlo perché più importante dello spelling è che scriva. La priorità è incoraggiare il flusso di parole, poi secondo lei la correttezza formale arriverà, anche perché legge tantissimo.
Mi è sembrata interessante questa cosa. Ai miei tempi, in italiano, la maestra non te ne faceva passare una. Eh, ma l'inglese è difficile, dice la maestra di Joe. E come darle torto.
Pensavo che però anche quando il mio inglese era davvero agli inizi, non facevo grandi errori di spelling. Ho sempre attribuito questo al fatto di aver imparato prima l'italiano.
Insomma, è questo il momento giusto per insegnare a Joe a leggere e scrivere un po' di italiano? E da cosa posso cominciare? L'estate scorsa sono stata in diverse librerie in Italia, ma non ho trovato nessuno abbastanza competente in materia che mi potesse consigliare un libro valido nella nostra situazione. Lui lo capisce e lo parla, ma non sa leggere e scrivere (cioè un po' lo legge, ma ha imparato da solo, l'ho scoperto da poco per caso, credo che lui lo consideri un suo segreto...).
Tanti figli di amici stranieri qui, hanno già iniziato a studiare le lingue dei loro genitori. Tanti vanno a scuola il sabato per essere al passo con i coetanei dei vari paesi. Io non ci ho mai nemmeno pensato ad aggiungere compiti o giorni di scuola, mi basta che parlino e capiscano l'italiano per ora, però se imparare a scrivere in Italiano potesse avere delle ripercussioni positive sull'inglese...
Cosa ne pensate?

martedì 23 ottobre 2018

ma ne vale la pena?

Una sera abbiamo avuto a cena una coppia di amiche che si sono appena sposate. A un certo punto sono sbucati Woody e Joe a rubare un po' di attenzione e il discorso si è spostato su di loro.
Alla fine, forse vedendoci esausti, ci hanno chiesto qualcosa tipo:
- Ma ne vale la pena? 
Cioè ne vale la pena di avere dei figli, di incasinarsi così tanto la vita, fare delle rinunce, di non dormire?
Io e Mr J ci siamo guardati un attimo negli occhi perché ci siamo entrambi resi conto che si trattava di una domanda molto franca e seria e che meritava una risposta adeguata. 
Poi ci hanno raccontato che stanno considerando l'ipotesi di avere un figlio e che hanno già iniziato a raccogliere informazioni sul da farsi.
Ad esempio, sono state a una specie di convention per aspiranti madri lesbiche. Non avevo idea che esistessero eventi simili. Al termine di questa convention enorme -mi sono immaginata uno stadio o qualcosa di simile- c'era una sorta di lotteria. Il premio finale? Una boccetta di sperma.
Hanno detto di esserci andate più che altro per curiosità e poi perché...sperma gratis, buttalo via. Che ridere. Mi sembravano ancora lievemente combattute sulla possibilità di diventare genitori, o genitrici, come si dice? 
Avevano una breve lista di traguardi da raggiungere senza figli (viaggi, questioni lavorative...) e pensavano eventualmente di cominciare a fare un primo tentativo fra un paio d'anni. Dato che non sono giovanissime, a livello riproduttivo almeno, se così si può dire, ho avuto l'impressione che come tante coppie di qualsiasi orientamento sessuale avessero quell'ottimismo iniziale di chi pensa di avere tutto sotto controllo. Beata ingenuità. Raramente nella vita mi sono imbattuta in una situazione dominata dal caso come l'arrivo di un figlio. Ti senti completamente inerme, in balia del destino.  
Pensavo a loro stasera, a quanto sembrino appagate dalla loro vita e dalla loro relazione. Mi ha fatto tenerezza quella domanda così brutalmente onesta. C'è stato un tempo in cui mi sono chiesta la stessa cosa, sembrano passati secoli. 
Chissà se ho dato la risposta giusta. Sicuramente ho detto quello che penso. Che avere un figlio, e soprattutto vederlo crescere ogni giorno, è un privilegio immenso e una meraviglia continua. Che non ho mai pensato alle cose a cui rinuncio per loro in termini di sacrificio. Però forse non ho mai rinunciato a cose enormi. Devo dire che ultimamente soprattutto a livello professionale, l'idea del sacrificio mi è balenata per la testa qualche volta. Insomma, essere genitori non è semplice, bisogna imparare a gestire tanti sentimenti contrastanti che devono per forza di cose, coesistere. E' vero, la propria vita finisce in secondo piano per qualche anno, ma è giusto così: le priorità cambiano, ti sei preso la responsabilità totale di una o più persone. 
Mentre lo scrivo ho un leggero senso di vertigine.
Ci vuole coraggio e ci vuole anche un minimo di incoscienza.
Non ci credo che uno possa considerare tutto, tutto, tutto e decidere con completa razionalità di avere un figlio.
E' un mondo difficile. Per tutti. Poi se vivi in Texas e sei donna, lesbica e messicana, non posso nemmeno immaginare. Però diamine, mica bisogna averlo per forza un figlio, no? Non è un'impresa da tutti o per tutti. Sono convinta che le mie amiche con tutti gli interessi e le passioni che hanno costruito finora, avranno una vita splendente e piena di significato qualunque strada decidano di prendere. 

domenica 14 ottobre 2018

gli impacchettatori

Oramai con gli impacchettatori si è istaurata una certa simpatia, anche perché é stato chiaro fin dall'inizio che abbiamo un nemico comune: stiamo tutti quanti subendo l'inettitudine del loro capo.
Gli impacchettatori sono due e vengono dal Guatemala. Uno avrà una ventina d'anni ed è chiaramente innamorato. Ascolta la cover spagnola di Piano Man di Billy Joel diverse volte al giorno e sorride sempre, con le fossette, mi fa molta tenerezza.
L'altro ha la faccia più dura e un incisivo d'argento che gli dà tutta l'aria del malvivente. In un raro momento di espansività mi ha raccontato che è già stato deportato una volta e che nel suo paese ha due bambine di tre e cinque anni.
Ho commentato che è molto meglio che stiano lì visto che questo presidente...E' molto bravo! Finisce lui.
Sono spaesata. Bravo? Tutto è possibile, ma che uno nella sua situazione apprezzi Trump, mi sembra davvero assurdo.
Rimango senza parole. Appena si gira, mi fiondo su Wordrefence. Bravo in spagnolo significa "feroce, indomito". Tutto chiarito. Anche che il mio spagnolo ormai è bello arrugginito.

giovedì 11 ottobre 2018

succede questo

Ricapitolando.
Grandine all'inizio dell'estate.
Ci piove in casa.
Soffitti da rifare.
Mesi di attesa perché qua intorno è pieno di gente che ha avuto lo stesso problema.
Finalmente l'altro giorno bussano alla porta. Siamo venuti a rifare i soffitti! Fantastico. Mica tanto. L'idea era, sarà un caos totale, ma nel giro di 2-3 giorni avrete i soffitti nuovi e vuoi mettere.
Bene. Non molto. I 2-3 giorni sono diventati 3-4 e i 3-4...insomma siamo già a una settimana e mezzo o due, vediamo come va.
Il dramma vero è che la loro strategia d'azione è stata arrivare il primo giorno e impacchettare tutta la casa stile Christo. Tipo che avevamo la frutta sul tavolo, le chiavi della macchina in giro e loro hanno impacchettato tutto, anche le pareti, anche i cassetti con dentro i vestiti. In sala, per primissima cosa, al centro della stanza, hanno creato una sorta di montagna di mobili in equilibrio sul divano e le poltrone. Hanno impacchettato perfino la televisione.
In tutto questo, ti chiama Luca Nizzoli Toetti che è qui per l'ultima sera (per il suo progetto Texas Europe) e non lo inviti a cena?
La cucina non è ancora stata impacchettata, si può fare. Mentre preparo affannosamente qualcosa al volo in mezzo a tutte le insidie del caso (come fare in modo che Woody la smetta di scalare la montagna di mobili istallata con una certa perversa creatività in sala dai nostri ingegnosi muratori), suonano alla porta.
Aspettiamo degli ospiti italiani, suonano alla porta...CIAO!
Mi guarda spaesata. Lei. Ma chi è? Io questa donna con il volpino al guinzaglio e una fantastica maglietta di Reba McEntire, celebre cantante country dell'Oklahoma, non l'ho mai vista in vita mia. Poi qui nessuno sconosciuto mai suona alla porta, ancor meno a quell'ora.
Era venuta gentilmente ad avvertirmi che c'è una tana di coniglietti praticamente invisibile nel mio giardino e di stare attenti a non fare disastri quando tagliamo l'erba.
Sarà tardi, avrò la pasta sul fuoco e la casa impacchettata, ma la tana dei coniglietti dobbiamo andare a vederla, tutti, anche quelli piccoli e senza scarpe ai piedi.
La signora aveva ragione, la tana era davvero nascosta, ma lei con grande maestria, ha spostato un po' d'erba e ha tirato fuori un coniglietto piccolo piccolo.
Ooooh.
E poi niente. In questi giorni va più o meno così.
Ce la si fa, no? Come no.

giovedì 4 ottobre 2018

pure american beauty

Di solito quando ho lezione tutto il giorno, mi porto sempre il pranzo da casa, non mi va di sprecare la pausa in macchina a cercare da mangiare. L'altro giorno però, dopo l'ennesima nottataccia, sono corsa fuori in ritardo e l'ho dimenticato nel frigorifero. Normalmente, non ci danno mai meno di 45 minuti, ma per l'infallibile legge di Murphy, quella volta in particolare, avevamo solo 30 minuti. Mangiare in fretta deve essere un problema comune perché la scuola è organizzatissima per ottimizzare i tempi. Alle uscite ci sono degli schermi che a quell'ora trasmettono la mappa di tutti i fast food più vicini. E' un corso per insegnanti e per quanto riguarda l'arte, nella mia classe, siamo solo in due. Non ci conosciamo bene, ma abbiamo parlato spesso, sediamo vicine e abbiamo un rapporto cordiale. Lei ha tante idee e un leggero tic agli occhi. Mi piace molto il modo in cui parla del lavoro e dei suoi studenti, credo che sia una brava insegnante. Cerca sempre di intervenire e farsi trovare preparata su tutto, io invece sto più in disparte. Consultavamo insieme la mappa e mi è venuto spontaneo invitarla:
- Io vado a mangiare un hamburger, vieni anche tu?
Senza offesa, ma preferisco stare da sola. Sono introversa, ho bisogno di una pausa mentale.
Colpita e affondata.
Non fraintendetemi, è più che legittimo che uno abbia bisogno di una pausa di silenzio, è solo che in quella situazione, per pochi minuti... Non volevo prenderla sul personale e anche ora ripensandoci lo so che non era una cosa detta con cattiveria o contro di me, ma ci sono rimasta male lo stesso. Sì lo so...la sincerità, ma io avrei preferito che inventasse una scusa, probabilmente avrei fatto così al posto suo, mica c'è bisogno di dire proprio tutto tutto, soprattutto ai semi-estranei. Lei invece per completezza di informazione, subito dopo mi ha anche messo al corrente che andava al fast food di fronte a quello dove andavo io. Quindi, io mi sono ritrovata lì, come un'idiota, a mangiare in macchina da sola questo hamburger inutilmente enorme mentre dall'altra parte del parcheggio, vedevo lei che mangiava in macchina da sola il suo hamburger inutilmente enorme. 
Pure American beauty.
Tornate in classe, non so, forse si è sentita in colpa e mi ha chiesto se ero su Facebook. Su Facebook. Volevo dirle veramente sono qui non su Facebook, non mi vedi?
Mi è venuta una tristezza che non so nemmeno spiegare. Quando si dice che la società americana è individualista e alienante, è questo, è esattamente questo il tipo di situazioni a cui ci si riferisce. 
Sono cose che mi capitano relativamente spesso e non lasciano gravi malumori ormai. Ma forse non tutti i giorni sono buoni. O magari è stata proprio quella situazione in particolare, quel rifiuto, quel mangiare schifezze in macchina in fretta e da sola. Che imbruttimento. 
Quella sera, sono andata a fare un giro al parco per sgranchirmi un po' le gambe e i pensieri e ha funzionato, mi sono sentita meglio, anzi mi sono sentita di nuovo umana. A volte, sembra strano, ma è questo che mi manca di più qui.
Mentre tornavo a casa era quasi buio. Il cielo era rosso e blu. Il frinire delle cicale, la brezza dolce, né calda e né fredda, pedalare. Sono le cose più semplici e naturali quelle che ti rimettono al mondo. All'imbocco del ponticello, ho visto una macchina parcheggiata e un ragazzo e una ragazza che ballavano in controluce con la musica dell'autoradio. Quando gli sono passata accanto si sono messi a ridere con un certo imbarazzo, come se fossero stati colti con le mani nel sacco, ma hanno continuato a ballare. Tejano, mariachi o qualcosa di simile. Che belli erano. 
Mi hanno ricordato che non sono sola e che intorno a me c'è tutto, ci sono anche persone che si mettono a ballare per strada e che credono nella creazione e nella condivisione di un momento. Ho degli amici qui e non devo dimenticarlo. La società va in una certa direzione, ma è pur sempre composta da singoli individui.
Mai smettere di cercare gli occhi gentili nella folla.

domenica 30 settembre 2018

il mostro verde e il mostro rosa

A volte ritornano. I drammi della vita che si credevano superati, intendo. Da quando siamo tornati dall'Italia, Woody ha smesso di dormire un'altra volta. All'inizio ero così riposata che quasi non ci ho fatto caso, adesso, dopo due mesi, lo ammetto: sono a pezzi. Avevo dimenticato quella sensazione di svegliarsi ogni mattina con il mal di testa, è una vitaccia.
L'altra notte, ad esempio, ero convinta di aver trovato la cura contro l'insonnia. E' semplicissimo, basta assumere qualcuno che ti svegli appena ti addormenti per almeno una settimana di fila, a quel punto l'unica cosa che vorrai sarà dormire. Chissà perché nessuno ci ha pensato prima.
La mente in assenza di sonno fa dei giri incredibili. Mi ritrovo di nuovo a non riuscire a portare avanti un ragionamento, a scambiare una parola per un'altra, a dimenticare le cose. L'umore ne risente più di tutto. Irritabilità e pessimismo cosmico, riassumerei la questione così.
Woody si sveglia due o tre volte per notte e non vuole più tornare a dormire. My bed is scary, il mio letto fa paura, è il leitmotiv da quando ha cambiato letto. E noi abbiamo fatto di tutto. Ci abbiamo appiccicato sopra i disegni dei suoi cartoni animati preferiti, l'abbiamo riempito di stelline fosforescenti, tutti gli orsacchiotti che vuole, due lucine fisse, il proiettore di stelle e anche la musica. Abbiamo perfino cambiato il letto stesso pensando che potesse essere scomodo, ma lui continua a svegliarsi. Ieri sera all'ennesimo my bed is scary, ho deciso di fare un'indagine.
- Woody, mi spieghi perché dici che il tuo letto fa paura?
- Perché c'è un mostro.
- Ah sì? E che mostro è?
- E' verde.
- E cosa fa questo mostro?
- E' cattivo.
- Come fai a saperlo?
- Fa stomp stomp con i piedi.
- Anche gli elefanti fanno stomp stomp, ma non sono cattivi.
- Fa roooooaaar come un dinosauro.
- Ma poverino, lui parla così.
- C'è anche un altro mostro, un mostro rosa.
- Ma dai. Lo sai che sei un bambino fortunato? Nel mio letto non c'è mai stato nessun mostro e invece tu ne hai non uno, ma due! Di sicuro sono amici, magari vogliono diventare anche nostri amici. Facciamo così: stasera li aspettiamo insieme e gli chiediamo se vogliono diventare nostri amici.
Mentre eravamo sdraiati mano nella mano, la tensione era palpabile. Poi un sussulto e a bassa voce:
- Eccolo. E' il mostro verde.
- No, guarda che quella è un'ombra, vedi?
E abbiamo fatto un po' di ombre con le mani e i piedi. Poi ci siamo rimessi ad aspettare e, nel giro di un minuto, si è addormentato sereno, come un angioletto.
Per la prima volta sono andata a dormire con una speranza: lo ha capito, non sono mostri, sono ombre, sono un genio. Ma siccome in realtà purtroppo non sono un genio, stamattina sono ancora qui con il mio mal di testa e il mio caffè e l'intenzione di mordere chiunque si avvicini.
Il malcapitato è stato Joe. Dopo avergli risposto male, mi sono pentita e gli ho spiegato tutto. Gli ho spiegato perché ero di cattivo umore e anche tutto quello che era successo la sera prima. La sua risposta, ancora una volta, inoppugnabile:
- C'è solo una cosa da fare: dobbiamo trovare il mostro rosa.

giovedì 27 settembre 2018

le responsabilità dei maschi

Ho un'amica che ha una figlia adolescente e è preoccupatissima perché pensa che dovrebbe essere più chiara con un ragazzo che sta frequentando. Dovrebbe dirgli chiaramente che vanno al ballo della scuola insieme solo come amici. L'ha già fatto. Ma secondo la mia amica dovrebbe dirglielo di nuovo per non dare adito a nessun tipo di malinteso. Le dico, visto che me ne parla, va bene, è la cosa giusta da fare, le hai dato un consiglio, ma lasciale vivere la sua vita adesso. Mi risponde che è una questione di sicurezza. "Non puoi pretendere di uscire con un ragazzo, fare la carina e poi non trovarti in qualche brutta situazione. You can't have it both ways". 
Penso a questo mentre ascolto la deposizione della principale accusatrice di Kavanaugh, il candidato alla Corte Suprema (qui). 
Si percepisce qualcosa di inquietante nel modo in cui la società americana tratta i ragazzi, specialmente quelli bianchi e di buona famiglia. È come se non fosse mai colpa loro, come se potessero sempre sfangarla e arrivare dove vogliono, anche alla Corte Suprema. 
Penso che la figlia della mia amica possa uscire con questo ragazzino e vestirsi come vuole e comportarsi come vuole senza doversi preoccupare di essere molestata. Non dovrebbe essere una cosa ovvia nel 2018?
E poi c'è qualcuno che chiede perché le vittime non parlano.

martedì 25 settembre 2018

tutti vogliono le rotelle

Stavo pensando a cosa non si fa, a volte, per sentirsi parte di un gruppo o di una comunità, per non sentirsi diversi e isolati insomma, e mi è venuto in mente di quando mio padre decise che Joe doveva imparare ad andare in bici senza le rotelle. Non chiese il permesso a nessuno il nonno. E ci mancherebbe, non lo ringrazierò mai abbastanza. Decise che era arrivato il momento e passò l'intero mese di vacanza in Italia, un paio d'anni fa, ad allenare un Joe che più recalcitrante non avrebbe potuto essere. Aveva cinque anni, forse era perfino un po' vecchio rispetto ai bambini italiani, ma in grande anticipo rispetto ai texani. 
Conosco non solo tanti bambini, ma anche diversi adulti qui che non sanno andare in bici, così quando Joe ha imparato, sono stata molto felice per lui. 
Il nonno gli aveva dato perfino la patente. In Italia avevamo festeggiato alla grande, ma quando tornammo qui, ci sorprese: per un po' di mesi non ne volle sapere di prendere in mano la bicicletta. Le rare volte che lo convincevo a fare un giro e incontravamo dei bambini, si fermavano a guardarlo pieni di ammirazione. Glielo dicevano anche, come fanno i bambini qui... wow, quanto vorrei essere bravo come te! Lui serissimo, faceva finta di non sentire.
Aveva appena iniziato il kindergarten, il primo anno di scuola elementare, ed era un periodo piuttosto complicato. Mr. J era continuamente in viaggio per lavoro, io non dormivo da mesi e mesi e Woody catalizzava l'attenzione di tutti per un motivo o per l'altro. Joe stava cominciando a soffrire d'ansia. Aveva preso la cattiva abitudine di mettere in bocca il colletto delle maglie e faceva fatica a prendere sonno, sospettavamo che qualche bulletto gli desse fastidio. 
Quando imparò ad andare in bici per primo, lui che non é per niente atletico come bambino, pensammo che finalmente aveva qualcosa di interessante agli occhi dei suoi coetanei. Pensavamo che avrebbe usato questo suo nuovo superpotere per fare amicizia, magari vantarsi un po' per una volta e invece niente. 
A un certo punto, fece una richiesta incomprensibile: rivoleva le rotelle.  
Fu allora che capii di essere completamente fuori strada. La sua preoccupazione non era la bicicletta. 
Lui voleva solo essere come gli altri. 

domenica 23 settembre 2018

il bless your heart del futuro?

Un po' di tempo fa un'amica italiana che vive a Londra mi ha detto: 
Ma lo sai che anche qui lo fanno? 
Cosa? Dire una cosa e intenderne un'altra completamente diversa. Come quando in Texas ti dicono bless your heart o ti chiedono come stai, ma non vogliono saperlo veramente.  
Un suo collega misericordioso le aveva finalmente spiegato che lì quando stai parlando di qualcosa e la gente ti dice it's interesting in realtà, di solito, intende il contrario. 
Quando scopri queste cose, c'è un momento orribile in cui ti vengono in mente tutta una serie di situazioni sotto una luce completamente diversa. Tutte le volte che uno ti ha detto mmm interessante... e se n'è andato lasciandoti lì a parlare da solo, il caso tipico. 
Tutto ha un senso, è un cerchio che si chiude (anche se forse lo preferivi aperto).   
Questo non essere per niente diretti, è una delle cose che mi infastidiscono di più anche degli americani, almeno qui al sud. Ti fanno capire sempre come la pensano e ti fanno sentire in colpa terribilmente in alcuni casi, ma senza mai dire una parola perché per la maggior parte di loro dire le cose in faccia è maleducato, bisogna mantenere un'apparenza decorosa. 
Mr J l'altro giorno, provava a farmi guardare la cosa da un altro punto di vista, ma non mi è sembrato convintissimo lui stesso. 
Diceva che dovrei provare a vedere questo tipo di situazioni al contrario: quando capisci se uno ti chiede come stai perché vuole saperlo sul serio, significa che hai capito la mentalità e la persona. Alla fine, mettendola così, sarebbe un segno di amicizia. 
Non lo so, continua a non farmi impazzire questo modo di fare. Però è interessante da morire perché sono concetti che continuano a modificarsi anche in base alla cultura popolare e all'attualità.
L'altra sera, ad esempio, c'è stato il primo dibattito elettorale fra Ted Cruz e Beto O'Rourke per il senato del Texas. E' stato un evento importante, ripreso anche dai media nazionali.
L'ultima domanda: dire qualcosa di positivo sull'avversario (potete vedere il video qui). Beto elegantemente elogia Cruz e lo ringrazia per il lavoro svolto, pur non essendo d'accordo con le soluzioni proposte. Cruz invece, non solo non è in grado di dire nulla di positivo sull'avversario, ma finisce per elogiarsi profusamente da solo. 
Beto lo lascia parlare finché vuole, lasciando che la sua stessa risposta lo qualifichi, poi fa una pausa e aggiunge solo tre parole, diventate subito virali: true to form, che significa qualcosa tipo come al solito. 
Tanti hanno già sentenziato: true to form è il bless your heart del futuro.