C'è anche il mio #metoo adesso in mezzo a tutti gli altri. Mi ha sorpreso il fatto che non sia stato semplicissimo come avrei immaginato metterlo lí nero su bianco. All'inizio ho trovato delle scuse. Non è stato mica niente di così grave in fondo, sto bene, è passato tanto tempo, sono fatti miei.
Però poi no.
Stai bene perché la vita va avanti e perché certi pensieri preferisci metterli da parte, ma quando provi a ricordare, ti sale ancora la rabbia. Non è giusto che succedano certe cose praticamente ovunque e a qualunque donna e che chi le subisce si senta quasi più in imbarazzo di chi le impone. Nell'ultimo post abbiamo parlato della differenza fra l'approccio americano e quello italiano su questa vicenda di Weinstein. Beh, sapete che vi dico? Più passano i giorni e più apprezzo il fatto che qui si stia volando alto. Sembra che a nessuno importino i dettagli dei singoli casi. Si parla del sistema in generale, si parla di come smontare finalmente questo sistema più vecchio del mondo. Indipendentemente dai risultati, tanto di cappello per la capacità di questa opinione pubblica di tenere lo sguardo fisso sulla luna invece che sul dito. Ecco, poi magari sarebbe bello che questa opinione pubblica esercitasse la propria intelligenza e mostrasse i propri valori anche in altri ambiti, ma non divaghiamo.
Per una volta guardiamo il buono dove c'è.
10 commenti:
Il mio metoo è difficilissimo e infatti lo scrivo qui, nascosto nei commenti di un blog che leggo sempre e non commento mai.
Anche io ho pensato “non è così grave” ma invece lo è se 37 anni dopo sono qui a scriverne e mi fa male. E quello che più mi ferisce è non tanto il ricordo di un adulto che molesta una ragazzina quanto il giudizio e la mancanza di empatia degli adulti che avrebbero dovuto rassicurare quella bimba del loro amore perché certamente lei non aveva fatto niente di sbagliato.
Purtroppo la morale cattolica impone il giudizio, il concetto di colpa e quello di perdono. Peccato (questo si, peccato) che non punti sulla comprensione e sull’empatia scevra da giudizio. Non avrei portato sulle mie spalle per troppo tempo un senso di colpa e vergogna assolutamente fuori luogo.
D.
Aggiungo con gioia che sono diventata una donna serena e con una vita affettiva ricca.
E ho saputo/voluto chiedere altrove l’aiuto che i miei genitori non hanno saputo darmi.
Oggi li accudisco con amore nella loro vecchiaia, fiera del lavoro che ho fatto su me stessa, orgogliosa di aver investito nell’amore.
Quasi quasi mi sento in colpa di non avere nessun metoo. Però poi ci penso su e mi dico che l'ho scampata bella, sono stata a un pelo da averne uno e sono felice di aver avuto una mamma occhiuta.
Per non si sa mai: hai letto l'articolo di Gramellini sul corriere della Sera??
Ha espresso, in modo decisamente migliore, quello che penso io su tutta questa vicenda.
Simona
D: ti abbraccio e ti ringrazio per aver condiviso questa cosa qui, sono commossa. Mi chiedo solo, in punta dei piedi... ti aiuterebbe condividerla con qualcuno che ti sta vicino in questo momento? Se la risposta è sí forse vale la pena superare l'angoscia iniziale. Tante volte, dopo essersi aperti ci si sente sollevati. Ci si alleggerisce quando si porta un peso insieme a qualcuno che ci ama.
la perfezione: niente colpa ci mancherebbe, sei molto fortunata.
simona: non l'ho letto, mi spiace.
Nascondere qui il mio #metoo è un gesto nato dall’urgenza di unirmi al coro rispettando il mio bisogno di riservatezza. Quando condividi queste esperienze alcune persone ti guardano con occhi diversi. Damaged good.
Non volevo investire la mia energia in questi sguardi.
Sapevo che avresti trattato con rispetto il mio commento e ti ringrazio per qs blog che offre sempre spunti molto interessanti di riflessione.
L’aiuto professionale che ho ricevuto mi ha permesso di elaborare questa mia esperienza e di non fare di me una vittima che non riesce a uscire dal ruolo di vittima. Questo mi ha permesso di di recuperare la relazione con i miei genitori. Questo mi ha permesso di dare e ricevere affetto e amore sani.
Certo, le emozioni non sono a compartimenti stagni... ogni tanto può esserci una giornata cupa, ma ho strumenti e affetti per superarla.
Un abbraccio a te e un bacino sui capelli ai tuoi bimbi.
D.
D: non ti conosco, ma ammiro molto chi sa perdonare. Nelle tue parole vedo oltre che equilibrio, serenità. Te ne auguro tanta anche per il futuro, mi pare che le premesse ci siano tutte.
D: un'ultima cosa... la storia del damaged good è terribilmente ingiusta. Non solo uno subisce una violenza, deve pure preoccuparsi degli eventuali sentimenti degli altri a riguardo. E' paradossale. Sono le persone a cui confidi un dolore che dovrebbero facilitare te non il contrario. Però sì capisco perfettamente che tu non sia attratta dall'idea che qualcuno possa essere lí a ricordarti ogni minuto quello che è successo. Sono situazioni complicatissime, ma mi sembra che tu ti sia procurata gli strumenti per affrontarle e questa è la cosa che conta di piú.
Non so se ho perdonato, una ferita si cura ma la cicatrice resta. So per certo di aver superato, di essere andata oltre la delusione e il risentimento, di aver voluto/saputo riconoscere che i miei genitori, oltre ad avermi ferito con la loro reazione, hanno anche fatto cose buone su cui abbiamo costruito una nuova relazione.
Riguardo il damaged good... manca la cultura dell’empatia, il dolore è tabù e pochi sanno come reagire alla sofferenza propria e a quella altrui.
Ma è davvero un discorso che non ha una fine: ogni storia è diversa.
Ti ringrazio ancora tantissimo per l’ascolto.
D.
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