L'anno scorso a una di quelle terribili feste di compleanno in cui i bambini si divertono come pazzi e i genitori che non si sono mai visti prima se ne stanno lì impalati e non sanno cosa dire, ho conosciuto una mamma abbastanza socievole. Abbiamo chiacchierato per tutto il tempo, ci siamo scambiate i numeri e ci siamo ripromesse di organizzare qualcosa insieme. Dopo un paio di settimane l'ho incontrata alla recita di fine anno, mi ha rivolto un ciao striminzito e si è seduta dall'altra parte della stanza.
Strano? Non troppo da quello che ho visto in questi anni. I texani hanno questi grandi slanci di disponibilità appena ti conoscono, ma non ti conviene prenderli alla lettera. Andiamo, facciamo...in realtà finisce quasi sempre che non ci si vede più. Non è niente di personale, è così e basta, è una delle prime cose impariamo noi expat.
Fatto sta che però questa mamma l'ho rivista, anzi la rivedo quasi tutti i giorni a scuola adesso. Il primo giorno dopo le vacanze, ha attaccato di nuovo bottone come se nulla fosse, deve perfino avermi dato uno di quegli strambi abbracci all'americana, quelli in cui non ci si tocca. Mi chiede:
- Com'è andata l'estate?
- Bene grazie e la tua?
- Tutto bene, a parte una brutta storia con il mio utero...
E comincia a raccontarmi, proprio lì davanti ai bambini in fila che ci facevano ciao ciao con la manina, i problemi del suo utero.
Strano? Non troppo.
Questa cosa mi è capitata tante di quelle volte qui: completi sconosciuti che ti rivelano episodi privatissimi, anche scabrosi a volte, della loro vita come se non vedessero l'ora di raccontarli a qualcuno -ma non necessariamente a te in un tentativo di vicinanza- a chiunque, solo per tirarli fuori e... scioccarti? Vantarsi? Sfogarsi? Denigrarsi? Non ne ho idea.
Ricordo la prima volta che successe, ero qui in vacanza, tanti anni fa prima di trasferirmi. Ci rimasi secca. Mr. J mi presentò un suo amico e queste furono le prime parole che mi rivolse:
- Piacere! Scusa se mi trema la mano, ma sai mia madre si faceva di cocaina mentre era incinta.
Non scherzava, ho poi scoperto, non scherzava affatto.
Un'altra volta fu l'idraulico. Mentre istallava la lavatrice nel nostro primo appartamento, fra un martello e una chiave inglese, ci raccontò che aveva alcuni figli naturali e anche una figlia adottiva e che la madre della figlia adottiva era rimasta di nuovo incinta a distanza di una ventina d'anni e così la figlia adottiva aveva deciso a sua volta di adottare quella che praticamente era sua sorella...lo so, è complicato, è una storia pazzesca. Ancora mi chiedo che senso avesse tirarla fuori in quel momento. Mi rimase piuttosto impresso quell'idraulico.
La ragazza con cui stava uscendo un amico, invece la prima volta che mi parlò, decise non so per quale motivo di farmi sapere che le avevano dato un permesso speciale per guidare prima dei sedici anni e essere così in grado di andare a raccattare in giro la madre ubriaca. Più avanti conobbi anche la madre, tra l'altro.
Dopo tutti questi anni non riesco ancora a decodificare certi comportamenti sociali.
Vedo tantissima prudenza nelle persone che mi capita di incontrare, un'estrema attenzione a presentarsi agli altri in un determinato modo e soprattutto ad apparire vincenti, con una buona posizione economica e del tutto autonomi anche a livello emotivo. C'è un concetto molto diffuso, l'idea di non disturbare mai gli altri con i propri problemi, di starsene sempre nel proprio. Così quando conosci delle persone nuove per molto tempo non ti parlano né di politica, né di religione, né di problemi personali, nulla di interessante o utile insomma. Però è perfettamente accettato riversare tutte le proprie storie e i propri traumi pregressi sul primo arrivato.
Non so, a volte penso che non mi adatterò mai a tutto questo e forse in fondo, è meglio così.
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