giovedì 31 agosto 2017

di harvey e di tutte quelle cose che si danno per scontate

Sono stata a Houston 
molte volte, è una città che mi è sempre piaciuta. In questi giorni penso spesso a tutto quello che ho visto lì. Ci sono stata a giugno l'ultima volta. In realtà, mi chiedo soprattutto se quello che ho visto c'è ancora, se il signore alla biglietteria del tale museo sta bene, se la signora gentilissima che mi ha aiutato tante volte al consolato italiano è al sicuro o se ha la casa allagata. E poi ho pensato tante volte a questo posto, la cappella di Rothko che non appartiene a nessuna religione, è solo un luogo dove sedersi e pregare o pensare o meditare. Il giorno in cui ci sono stata purtroppo non ho provato la pace che tutti descrivono, ma ho immaginato che ci sarei senz'altro tornata con più calma. Lo davo per scontato come tante altre cose che si danno per scontate.

mercoledì 30 agosto 2017

telefono casa

Woody non aveva idea di cosa fosse questo oggetto. Ma come...il telefono! Sì ma per lui che conosce solo le videochiamate (Skype avevamo già smesso di usarlo da un pezzo quando è nato...) il telefono è una cosa che fa vedere delle immagini non una cosa che si porta all'orecchio. E adesso sì che possiamo anche sentirci vecchi.

lunedì 28 agosto 2017

i disoccupati e le casalinghe

In questo periodo ho scoperto una cosa. 
Se perdi il lavoro diventi un disoccupato, ma se sei una donna con figli, come per magia, all'improvviso ti trasformi in una casalinga. 
Il fatto è che mentre essere disoccupati viene normalmente percepito dalla società come un dramma, essere una casalinga (o mamma che sta a casa come si dice odiosamente qui), viene visto come un privilegio. E qui sta l'errore perché in primo luogo, a seconda delle condizioni economiche, può essere benissimo un dramma anche stare a casa e occuparsi dei figli e poi perché se non é una tua scelta...è un dramma, non una tragedia per fortuna, ma un dramma sì. 
In queste poche settimane di disoccupazione/casalinghitudine estiva ho visto che cercare un lavoro o più che altro nel mio caso, capire cosa si vuole fare e occuparsi di due bambini a tempo pieno (dato che le scuole erano chiuse), è un'impresa disperata. 
Sono tornata dall'Italia quasi un mese fa e non sono riuscita a combinare nulla. Nonostante non sia stata una mia scelta lasciare il lavoro che facevo, sono convinta che si dimostrerà un cambiamento necessario e positivo per me e così non voglio buttarmi nella prima cosa che mi capita, voglio usare questa opportunità per capire veramente che cosa voglio fare e come. Solo che per fare questo ci vuole una certa chiarezza mentale e concentrarsi a casa mia ora come ora è impossibile, vengo interrotta ogni secondo. Non c'è un minuto di silenzio fino a sera tardi quando anch'io oramai sono alla frutta. Potrei mettermi a cercare qualche colloquio, così anche per capire che possibilità ci sono, ma non c'è una nonna o una zia disponibile nei paraggi e le babysitter costano un sacco, bisogna essere un po' oculati. 
La settimana scorsa ho portato i bimbi a fare un laboratorio in un museo. Joe con il suo solito eloquio ha cominciato a raccontare le cose che facciamo a casa. 
- Ma che bello, che brava la tua mamma. 
- E' perché lei fa la maestra di arte - spiega Joe.
Finisce il laboratorio e ci fermiamo un attimo lí a parlare. Quello che poi scopro essere il direttore dei servizi educativi di quel piccolo museo si dimostra molto interessato alle mie competenze, mi dà il suo biglietto da visita e mi dice di farmi viva e prendere un appuntamento con lui. Bello, no? Così così. Mentre parlavamo avevo un figlio che si lamentava di avere fame e l'altro che urlava come una belva. Non il massimo della professionalità, mi sono sentita molto a disagio. 
La maternità ha tante sfaccettature, in questo momento sto sperimentando una sorta di perdita di identità. Essere madre occupa una parte enorme della mia vita e ne parlo e ne scrivo e mi appassiona come poche altre cose al mondo, ma ci sono altre cose, eccome se ci sono, e non hanno nulla a che vedere con i miei bambini. E' ridicolo da dire perché é ovvio, ma a volte temo che qualcuno si dimentichi che sono una persona, non solo una madre. Ogni volta che esco senza i bambini e incontro qualcuno, la prima domanda è dove hai lasciato i bambini? Che senso ha questa domanda? Dubito fortemente che ai padri venga fatta, loro non vengono visti dalla società come il papà di.
Ho ascoltato moltissime amiche in questi anni parlare di questi problemi, so come vanno queste cose, eppure sono qui a sperimentarle anch'io. 
La sicurezza nelle proprie capacità poi sembra essere inversamente proporzionale al tempo passato senza usare quelle capacità. 
Ho visto molte volte quanto è facile rimanere alla porta quando si rimane senza lavoro o si fa un figlio. Molte mie amiche non si sono mai veramente riprese professionalmente. 
So che quello che succederà dipenderà da me e dalle mie scelte, ma adesso non vi nascondo di avere paura, paura di rimanere intrappolata in una vita che va bene, anche molto bene, ma non mi appartiene in pieno. 
Una cosa molto triste che ho notato è che in queste settimane a casa con i bambini, non mi sono sentita per niente una mamma migliore. Ho provato a volte quasi una sorta di risentimento per il non poter fare quello che avevo bisogno di fare. L'ho capito solo questa settimana quando ha riaperto l'asilo di Woody. E' stato lì per quattro ore il primo giorno e ho fatto le cose più urgenti, ma soprattutto ho tirato il fiato. Avevo bisogno di quello stacco da lui anche se quando sono andata a riprenderlo, mi sono quasi commossa, non riuscivo più a metterlo giù. Siamo tornati a casa e abbiamo passato un paio d'ore semplicemente a giocare e a coccolarci, una cosa che non ho mai fatto nelle settimane precedenti impegnata com'ero a cercare di fuggire e ritagliarmi ogni spazio per lavorare sul mio curriculum o fare una telefonata o banalmente lavare i piatti o fare una lavatrice. Stare a casa può essere meraviglioso, intendiamoci. Il lavoro manuale ha il potere di rasserenare e sì è anche un privilegio non essere costretti a passare la giornata fuori, ma i privilegi sono tali per chi li apprezza. 
Pensavo a tutti quei discorsi che spesso degenerano. E' più difficile lavorare e occuparsi dei figli o fare la casalinga? A rigor di logica verrebbe da dire che lavorare e allo stesso tempo star dietro a una casa sia molto più duro, ma io credo che, fatte le debite eccezioni, questo sia uno di quei rari argomenti che sconfiggono la logica. Diamine, a me sembra che lavorare solo a casa sia mille volte più pesante a livello psicologico. 
Non esiste un vero riconoscimento per quello che si fa, è questo il punto. Se anche ti viene fatto un complimento -chiamiamolo così- per quanto è pulita la casa che cosa te ne fai esattamente? Non puoi nemmeno sederti e godertelo perché con due bambini e due cani ad esempio, quando ti alzi è già tutto da rifare. E' un lavoro infinito e anche vagamente insensato, giorno e notte. 
Mi chiedo dove mi porterà la forte inquietudine di questi giorni, ma sono anche fiduciosa. I momenti della vita complicati sono quelli in cui in qualche modo, si finisce per crescere e capire qualcosa in più di se stessi.

domenica 27 agosto 2017

martedì 22 agosto 2017

ci siamo eclissati

E così ci siamo eclissati.
E' successo in un parco naturale, con tante altre persone. Un'esperienza bizzarra per me, a metà fra le cose di tutti i giorni e l'appuntamento con la storia (o con la scienza). A un certo punto mi sono girata e ho visto una ragazza un po' isolata, seduta a gambe incrociate su un tappetino da yoga. Ho pensato che fortuna potersi fermare a meditare un attimo in mezzo al bosco in silenzio durante l'eclissi. Poi ho guardato meglio: stava solo spippolando con il cellulare. Ricamo tanto su quello che farei se non dovessi inseguire Woody tutto il giorno, ma poi è probabile che finirei come quella tizia. Qui nel Texas settentrionale, l'eclissi non e' stata totale, ma parziale al 75-80%. Emozionante e spettacolare anche così. Abbiamo sentito chiaramente l'abbassamento di temperatura e di luce. Conosco una coppia che si è fatta otto ore di strada per vedere l'eclissi totale in uno di quei posti in cui mai turista metterebbe piede in condizioni di illuminazione normali. Appena arrivati, hanno parcheggiato l'auto presa a noleggio per poi ritrovarla bucherellata da un paio di proiettili vaganti al ritorno. Però hanno visto l'eclissi totale e per questo li invidio molto.
Eravamo attrezzatissimi, picnic e occhiali, pronti al grande evento. Il nostro random act of kindness del giorno è stato prestare i nostri preziosi occhiali da eclisse a un sacco di persone che passavano di lì e che non erano riuscite a procurarseli in tempo. Vedere le loro reazioni sbalordite è stata una delle cose migliori della giornata. 
Trovo interessante il fatto che ormai si dubiti di qualunque cosa, dai vaccini all'evoluzione al surriscaldamento globale e chi più ne ha più ne metta, ma sull'eclissi siano tutti d'accordo. 
Credo che davvero oggi l'unico a non sapere che l'eclissi non si guarda a occhio nudo fosse Trump e questo è piuttosto indicativo di un sacco di cose, ma lasciamo perdere. 
Joe era genuinamente esaltato, e lui non è uno che si esalta facilmente. Per una decina di minuti poi si è abituato, non succedeva più nulla e ha cominciato ad annoiarsi. 
A Woody, per sicurezza, abbiamo detto di guardare con le mani davanti agli occhi e di ululare. 

Beh questa del verso del lupo è stata un'idea di Joe. 
Sembrerà strano, ma la cosa che forse ha catturato di più la nostra immaginazione sono state le ombre a forma di luna, un fenomeno che non conoscevo, molto suggestivo. 
Fa sentire bene, e in questo periodo ancora di più, condividere con tutti senza distinzioni un evento che è naturale, straordinario e soprattutto privo di controversie. 
Quando ho messo in moto la mia macchina per tornare a casa, si è automaticamente accesa l'autoradio e il giornalista ha detto queste parole testuali:
L'eclisse americana diventa globale. 
  

venerdì 18 agosto 2017

se non siete indignati, non state prestando attenzione/2

Ieri sera Mr J mi dice che è troppo stanco per mettersi lì a parlare con Joe del razzismo e di Trump, di Charlottesville e delle statue. Mi fa: "Del resto guardalo lì com'è contento con i suoi cartoni animati, se l'è già dimenticato, ne parleremo un'altra volta".
Stamattina, come immaginavo, Joe si sveglia e mi dice con un po' di delusione:
- Pensavo che ieri sera parlavamo del razzismo dopo che Woody andava a dormire...
Lui vuole davvero capire ed è bello.
Ti piacerebbe tantissimo risparmiare certe ansie ai bambini, ma poi quando diventano abbastanza grandi da capire qualcosa (molto poco in realtà) da soli, ti rendi conto che l'ansia gliela risparmi, o per lo meno la tieni sotto controllo, se li guidi tu con cautela nella crudeltà mondo reale.
#celasifa

giovedì 17 agosto 2017

se non siete indignati, non state prestando attenzione

Riassumendo. Sabato i suprematisti hanno marciato, armati fino ai denti e numerosi come non mai su Charlottesville, in Virginia, per protestare contro l'abbattimento di alcuni monumenti dedicati a generali e caduti sudisti della guerra civile. Un gruppo di cittadini ha deciso di essere presente e di dare vita così a una contro-manifestazione spontanea.
Questo è importante perché uno dei noccioli della questione secondo Trump è che i nazionalisti avevano il permesso della città a manifestare e gli altri no.
Uno dei nazi ha allora preso la sua macchina e li ha investiti come fanno quelli dell'Isis, ferendone molti e uccidendone una, Heather Heyer, un'assistente legale di trentadue anni che sulla sua copertina di Facebook aveva scritto se non siete indignati, non state prestando attenzione. Quel giorno Trump ha affermato che la violenza c'è su entrambi i fronti evitando anche solo di nominare il potere bianco, i nazionalisti o l'Alt- Right. Lunedì, dopo due giorni e dopo aver ricevuto critiche da tutti sia in patria che all'estero, Trump ha letto un secondo comunicato, molto stringato, in cui specificamente nominava i suprematisti e le altre organizzazioni responsabili della morte di Heather.
Ieri a una conferenza stampa sulle infrastrutture in cui non avrebbe nemmeno dovuto ricevere domande, però si è lasciato andare a una serie di dichiarazioni spontanee. Ha chiarito che quello che aveva detto sabato era quello che pensava davvero e che le responsabilità sono della destra come della sinistra, che la maggior parte dei suprematisti che gridavano gli ebrei non prenderanno il nostro posto sono fine people, brave persone, e tante altre cose discutibili come la comparazione casuale di personaggi storici o la pubblicità (sul serio!) all'azienda vinicola che possiede a Charlottesville, dove tutto è successo.
Stamattina, vedendo i commenti ad alcuni post di miei amici, mi sono ulteriormente cascate le braccia. Non pensavo così tanti, anche gente che non l'ha votato, fossero d'accordo con Trump in questo caso. Deve essere una cosa americana: la libertà prima di tutto -non importa che sia la libertà dei nazi di ottenere il permesso per fare una manifestazioni del genere- ognuno deve poter dire quello che gli pare. Che poi si può anche al limite accettare questa idea, viva la libertà, ma il problema, quello che i bianchi, tante volte anche quelli di sinistra, non riescono ad ammettere, è che non è affatto vera: non avrebbero mai dato il permetto a Black Lives Matters o a un gruppo di musulmani per esempio, di fare una manifestazione di quel tipo, con quelle armi e quelle intenzioni. Ma un sacco di gente qua dice se non avessero fatto la contro-manifestazione non sarebbe successo nulla, se la sono cercata.
Joe ha sentito qualcosa alla radio prima in macchina. Era la radio pubblica, rinomata per la pacatezza e l'equilibrio. In modo molto fermo si affermava che Trump non è capace di accettare le critiche e che se si sente lodato stabilisce alleanze (che siano con Putin o con David Duke, famoso cospiratore, antisemita, suprematista, ecc.) ma se si sente criticato, picchia dieci volte più forte, come lui stesso ha dichiarato. Picchia però per difendere se stesso, non è capace di parlare a nome di un'intera nazione, pensa solo a solo se stesso. Questo dicevano. E che non c'è presidente nella storia moderna che si sia mai comportato in questo modo. Joe ha percepito qualcosa e mi ha fatto delle domande. Prima di rispondere gli ho chiesto di spiegarmi cosa avesse capito (molto poco in realtà) e adesso tocca a me. Mi sono resa subito conto che la questione non era semplice. Se gli dicevo delle manifestazioni di Charlottesville dovevo spiegargli un sacco di altre cose a partire dalla guerra civile, di cui non mi risulta lui abbia nessuna nozione. Così ho preso tempo perché sono discorsi importanti che possono segnarlo profondamente ed è giusto parlarne a ragion veduta, anche con suo padre. Quindi più tardi mi aspetta questo compito ingrato.
E' tutto molto deprimente dal mio punto di vista, soprattutto, devo dire, il silenzio di tanti che conosco. Il silenzio è complice e per questo ferisce, è meschino.
Però c'è una cosa, un'unica cosa che mi é piaciuta molto oggi e mi ha fatto sorridere.
Ieri notte, dopo che Trump ha rafforzato la sua difesa dei suprematisti la città di Baltimora dove c'erano stati dei gravi scontri razziali nel 2015, zitta zitta ha rimosso le statue dei confederati che erano all'origine di tutto quello che è successo a Charlottesville lo scorso fine settimana. Adesso si sta concretizzando ovunque, anche qui a Dallas, questo vecchio dibattito sulla necessità di eliminare finalmente dalle strade quei monumenti che erano stati eretti soprattutto per intimidire i neri durante l'epoca delle leggi Jim Crow e cambiare i nomi a diverse scuole e istituzioni. C'è una parte di me che crede fermamente che nonostante i tempi siano bui, indietro non si torna. Forse in fondo anche questa regressione culturale fa parte del progresso che si è interrotto bruscamente, ma che ci aspetta poco più avanti.

martedì 15 agosto 2017

il vecchio e il nuovo

Più ci penso e più mi pare che l'unica differenza fra il vecchio Ku Klux Klan e quello nuovo sia che i nuovi non si incappucciano, vanno a fare le loro schifezze a volto scoperto. Nonostante i social e la consapevolezza che la loro faccia sarà ovunque nel giro di poche ore, non hanno nessun timore, vanno a testa alta.
Ho sentito che qualcuno è già stato licenziato in tronco dopo Charlottesville. Uno è stato addirittura disconosciuto pubblicamente dai suoi genitori. Ma a loro cosa importa?

giovedì 3 agosto 2017

pro e contro

Un giorno, quando ero in Italia, e' venuta a trovarmi un'amica con tre figli. La sorpresa però è stata che quando e' arrivata i bambini erano quattro. 
- Ho preso in prestito l'amichetta di mia figlia così giocano un po' insieme e la smette di annoiarsi.
Praticamente mi faceva intendere che la mamma dell'altra bambina aveva fatto un enorme favore a lei lasciandogliela portar via per tutto il pomeriggio.
Ecco, qui funziona esattamente al contrario: il favore, enorme, lo fa sempre la persona che lascia il figlio a casa di qualcun altro. E' un favore così enorme che non si chiede praticamente mai, è come chiedere a qualcuno di fare da babysitter gratis. Tante volte, mi è capitato di offrirlo, per lo stesso motivo della mia amica e la risposta e' sempre stata entusiasta, anche se poi raramente si e' concretizzata. 
Ho spiegato alla mia amica che qui e' tutto più complicato in questo senso. Se vuoi che tuo figlio giochi con un bambino della sua classe o un vicino di casa, devi sondare il terreno a voce (capire se i genitori sono dei pazzi e se hanno armi in casa per esempio...), mandare mille messaggi, pianificare un sacco di tempo prima e poi spesso questo agognato incontro non avviene mai. Il modo piú semplice per farli socializzare al di fuori della scuola quando sono piccoli, è iscriverli a qualche attività o andare al parco e vedere cosa succede. 
Una volta un'amica americana mi chiese per favore di far provare a suo figlio che andava alle medie a far da babysitter a Joe. Così un giorno lo lasciai lì giusto per un'oretta, avevo una visita medica: mi toccò pagare il ragazzino su richiesta della madre. 
A me la maggior parte delle volte sembra del tutto ovvio, ma qui il confine fra favore e sfruttamento è labilissimo. Per questo interazioni normalissime come questa anche fra vicini di casa -mi innaffi il giardino, dai da mangiare ai gatti, mi presti un po' di sale...- risultano sempre piuttosto imbarazzanti. Nessuno accetta di essere pagato, ma se non paghi hai paura di rompere le scatole e allora ti arrangi da solo e finisce che con i tuoi vicini non hai molto a che fare e il problema è che cosí viene a mancare non tanto il favore quanto lo scambio sociale. Proprio stamattina, ho accompagnato una vicina di casa all'aeroporto e ha cercato di pagarmi. Ma per la miseria... un favore è un favore, se si paga che favore è?
- Oh no...Ti prego dimmi qualcosa che mi faccia venir voglia di vivere lì!
Mi chiede la mia amica italiana dopo questa spiegazione. 
Beh...in quel momento non mi è venuto in mente nulla. Solo tanta, tantissima, nostalgia del modo di fare italiano.
Poi il giorno dopo avevo bisogno di prendere un treno. La stazione è dietro casa dei miei, faceva caldo e mi sembrava logico andarci in bici, ma mi hanno consigliato di lasciare perdere che rischiavo di non trovare più la bici al ritorno. Se vuoi stare tranquillo c'è un deposito ed e' gratuito, ma devi iscriverti e non vale la pena per usarlo solo una volta. 
Questa forse è una cosa che avrei potuto rispondere alla mia amica: l'idea di non poter lasciare la mia bicicletta due ore legata con la catena per paura che me la rubino mi fa venire voglia di scappare perché è una piccola cosa che racconta una mentalità che mi fa abbastanza schifo. Qui in Texas, al di fuori dei ghetti e poi anche lí non saprei -in fondo è il paese del free refill...- nessuno ti ruba nulla. In tutti questi anni, non è mai successo a me o a nessuno che conosca. Però questo è tutto quello che ho trovato pensandoci. Una serie di comodità e funzionalità che alleggeriscono di molto la vita a discapito della genuinità dei rapporti umani. Meh.

martedì 1 agosto 2017

l'omicidio gay

A Milano ho un amico gay con una figlia e un compagno: fa una vita del tutto normale. Qui, ho un'amica lesbica con due figli e una ex moglie. Anche lei fa una vita normale, solo che per prudenza -dice lei- sul posto di lavoro lascia credere di essere eterosessuale. Ecco questo non mi sembra molto normale.
Quando sono tornata in Italia, e ho visto il mio amico per la prima volta con la sua bambina meravigliosa e il suo bell'innamorato senza paura di dare un bacio o tenersi per mano, sono stata non solo felice per lui, ma anche per l'Italia che evidentemente e' diventata un posto dove la gente può vivere la sua vita senza paura e non solo a Milano, mi ha detto lui.
Poi ieri e' successo l'omicidio gay. Tutti parlano del cosiddetto omicidio gay. Diamine, ma come si fa? E' stato ucciso barbaramente un ragazzo gay, tutto qui. Non e' che quando viene ucciso un eterosessuale si grida all'omicidio eterosessuale.
Qui titoli di questo tipo non ci sarebbero stati, lo escludo. Insomma, i problemi sono tanti e sorprendenti nella loro diversità, ma sono ovunque. La verità è ancora una volta questa.