giovedì 30 luglio 2015

la nascita del mito - si parla di cibo

Joe ultimamente mi fa spesso delle richieste culinarie. Non avevo mai realizzato che effettivamente a casa nostra si mangia in maniera diversa rispetto a quella di tanti suoi amichetti dell'asilo. Ha cominciato con i pancake. Ci siamo accorti che in effetti, non li aveva mai provati e mi sono molto vergognata. Roba da ritiro del passaporto. Tra l'altro mi piacciono moltissimo i pancake. E' solo che nel weekend ci svegliamo tutti a orari diversi e arriviamo sempre all'ora del brunch con la voglia di una pasta piu' che di uova e bacon. Abbiamo deciso di metterci una toppa abbracciando un'altra tradizione delle famiglie americane, una un po' piu' segreta e furba: la cena breakfast che si adatta molto meglio alle nostre esigenze.
L'altro giorno, Joe si e' fatto avanti di nuovo con un'altra richiesta. Ha preso il discorso mooolto alla lontana.
- Mamma sai... la macchina rossa?
- Certo, la nostra macchina.
- Sai certe volte la prendiamo e usciamo di casa.
- Si.
- E quando usciamo di casa vedo sempre un ristorante. Io penso sempre che voglio andarci in quel ristorante.
- Ma quale ristorante? Ce ne sono tanti vicino a noi...
- E' un ristorante che ha una grande emme.
- Come una grande emme?
- Si, una grande emme tutta gialla...io voglio andare sempre in quel ristorante, ma noi non ci andiamo mai.
Non mi fraintendete, non sono una salutista e non penso che McDonald sia peggio di tanti altri fast food, ma la vita e' cosi' corta per perdere tempo a mangiare quella roba. Se proprio ci va un fast food che sia uno local e cool come Whataburger almeno, no? Whataburger e Dr. Pepper cosi' passiamo proprio per la famiglia texana media.
Pochi giorni fa, mi ha chiesto questi tali jelly beans, che sono delle caramelle colorate che ho visto a scuola, ma che non ho mai provato. Gli ho spiegato che la mamma non conosce i jelly beans come le mamme dei suoi amici, ma conosce molto bene le uova Kinder in compenso. Non c'e' stato bisogno di aggiungere altro, e' un ragazzino sveglio Joe.
Ora invece, e' la volta dei macaroni and cheese, che sono una sorta di pasta in scatola, un classico della cucina casalinga americana, e li' mi sono un attimo impuntata. In tutti questi anni, li ho assaggiati una sola volta e non mi sono per niente piaciuti. Glielo ho detto chiaro e tondo: non so come si preparano. E non mi sembra un gran problema tanto prima o poi qualcuno glieli offrira', e' solo questione di tempo.
Lui non ha protestato, ma ieri mi ha portato un disegno, anzi una ricetta, in diversi fogli e piuttosto elaborata.
Nella prima pagina c'erano le uova strapazzate. Nella seconda gli hamburger buns, quel pane particolare che si usa per gli hamburger. Nella terza pagina, nel panino c'erano le uova strapazzate. Nella quarta il tutto veniva presentato sul bastoncino di un ghiacciolo, come una sorta di grosso gelato. Et voila', i macaroni and cheese, sono serviti.
Ecco come nasce una legenda: meno parli di una cosa e piu' la fantasia si scatena. 
E niente, mi sa che mi toccherà farglieli provare davvero questi macaroni and cheese, altrimenti diventera' lo zimbello della scuola. E' quasi peggio di quella volta che al parco un bambino gli parlava del pollo di McDonald e lui invece aveva capito che il bambino conosceva Old McDonald quello della vecchia fattoria ia ia o. Povero Joe.  

lunedì 27 luglio 2015

un paio di spunti sul latte materno

Poco tempo fa, piu' o meno quando nasceva Woody, il bambino di una mia vecchia amica ormai persa di vista, si ammalava gravemente. E' una di quelle cose a cui sto pensando molto nelle mie lunghe notti insonni con il piccoletto. Sto pensando un po' a tutto. Allo sguardo di quel bambino, al perche', al cosa stara' passando lei, a com'e' crudele a volte la vita e poi anche a come aiutare. Al di la' della semplice donazione di denaro, pian piano si e' fatta avanti una strana idea di aiuto a cui non avevo mai pensato prima. E se donassi qualcosa che davvero non ha prezzo?
Il latte materno. Perche' no?
Lo so che e' un argomento molto delicato e se per caso siete delle mamme e avete delle paure o delle difficoltà a questo riguardo, non pensate che sia sempre stato semplice nemmeno per me. La mia prima esperienza e' stata abbastanza disastrosa. Avevo avuto un parto difficile, anticipato e avevo decisamente bisogno di un po' di tempo per riprendermi, eppure in ospedale le cosiddette consulenti all'allattamento non mi diedero un secondo di tregua, ripetendomi che era tutta una questione di volontà e in sostanza colpevolizzandomi. In qualche modo, riuscii ad andare avanti sei mesi con Joe, ma non e' stata un'esperienza facile o particolarmente piacevole.
Questa seconda volta invece, e' stato tutto diverso. Ho trovato ascolto e competenza. E latte materno all'ospedale, per l'appunto. Le nuove consulenti, mi hanno permesso di dare a Woody del latte materno proveniente dalla banca del latte dell'ospedale attraverso il cosiddetto finger feeding finche' la situazione non avesse cominciato a ingranare. E poi soprattutto mi hanno capito, ascoltato, e' stato fondamentale non sentirsi alla sbarra degli imputati. Mi hanno fatto capire che se riuscivo bene, altrimenti bene lo stesso. La pressione e' sparita e tutto e' andato per il meglio.
Ci ho ragionato un bel po' e l'altro giorno ho finalmente fatto quella telefonata che mi metteva sulle spine. Avevo paura che mi dicessero che fosse qualcosa di molto complicato e invece no. Devo rispondere a una serie di domande al telefono e fare un esame del sangue, tutto qui. C'e' una quantita' minima di latte che si puo' donare ed e' quella che in questo momento, dopo soli due mesi, giace nel mio freezer. Quelle bustine di plastica potrebbero essere pastorizzate e arrivare a 300 bambini malati o prematuri. Non mi sono mai sentita piu' utile in vita mia. Spero davvero di essere accettata in questo programma e questo post l'ho scritto per invitare chi e' nella mia posizione attuale a considerare questa forma di solidarieta' che non e' molto pubblicizzata, ma e' agevole, indolore e puo' aiutare molto e molte persone allo stesso tempo. A volte e' solo che non ci si pensa.



P.S. Dopo aver pubblicato il post ieri, ho ricevuto diverse segnalazioni di articoli ed esperienze personali in giro per il mondo. Pare che in Italia, nella maggior parte delle strutture, non esista un'educazione all'allattamento come si fa qui ed e' un peccato perche' allattare per moltissime donne non e' proprio questo miracolo della natura spontaneo e immediato che si vede nei film, anzi richiede molta pazienza e dedizione, tecnica direi. Qui in Texas, l'allattamento viene a dir poco incoraggiato, a volte quasi con arroganza sia dalla societa' che dal personale ospedaliero. Qui, che l'allattamento al seno sia migliore del latte artificiale, non l'ho mai sentito mettere in dubbio da nessuno. Del resto, come non essere a favore valutando tutti i pro e i contro per madre e bambino? E ve lo dice una che ne farebbe anche a meno se non fosse per tutti i benefici che comporta. Qui se non si dichiara di non voler allattare, si viene seguiti automaticamente da almeno una o due consulenti.
Il messaggio fondamentale che mi e' stato passato molto chiaramente durante questa seconda esperienza, e' che allattare non deve essere doloroso, che puo' esserlo all'inizio in modo sopportabile (se facendo un bel respiro e contando fino a dieci il fastidio non si stabilizza o passa del tutto, c'e' qualcosa che non va) e che ci sono diverse strategie e cose da fare per risolvere ogni problematica che si puo' presentare sul cammino. Insomma, puro ottimismo americano all'opera in un momento della vita in cui ce n'e' bisogno piu' che mai.

lunedì 20 luglio 2015

dividere o moltiplicare?

Joe ha avuto tanti comportamenti bizzarri in questi mesi, ma su un punto e' sempre stato molto chiaro: adora il fratellino. Ripete mille volte al giorno quanto gli vuole bene e quanto abbia sempre voluto avere un fratello e nel suo piccolo, quando non ha di meglio da fare, fa tutto quello che puo' per aiutarlo. Mi avvisa quando piange, gli rimette il ciuccio, aiuta a fargli il bagno o a cambiargli i pannolini. Ogni tanto, si avvicina al lettino e gli dice: "Ehi Woody! La vuoi sentire una canzone bellissima?" e comincia a cantare e ballare come un matto le sigle dei cartoni animati.
Pero' io lo so che qualcosa bolle in pentola, come e' giusto che sia, e infatti l'altro giorno fa:

- Ti voglio tanto bene Woody.

E io gli rispondo:

- Ti voglio tanto bene Joe. E voglio tanto bene anche a Woody.

- Ma a me di piu'.

- Mmm....no.

- Ma io faccio tante cose per te.

Allora parto con un improbabile discorso metaforico e profondo.

- Lo so, ma vedi Joe l'amore della mamma non funziona cosi'. Se tu hai una torta, ad esempio, e vuoi dividerla in due, ottieni due pezzi piu' piccoli, giusto?

- Si.

- Invece l'amore della mamma e' speciale e molto strano e diverso da tutto il resto perche' se lo dividi ottieni pezzi sempre piu' grandi. Ogni volta che cerchi di dividerlo si moltiplica... non e' incredibile?

Lui rimane in silenzio, sembra che abbia capito o almeno che stia valutando la cosa e poi invece esclama:

- Si, ma io di piu'.

Joe io lo so che non ha senso, credimi. Se me lo avessero raccontato alla tua eta' non ci avrei mai creduto nemmeno io. Arriva un estraneo che non fa niente a parte piangere e piangere forte e dormire e dormire molto poco e mangiare e mangiare molto spesso e gomitare, come dici tu, e io gli voglio immediatamente bene quanto ne voglio a te dopo piu' di quattro anni che ti conosco? Ebbene si, per quanto folle possa sembrare e' proprio cosi', e' come dicono tutti e ora posso confermarlo. Con la matematica non ci vado d'accordo, te l'ho spiegato subito quando eri molto piccolo a scanso di equivoci, ma una piccola regola almeno te la posso insegnare, l'amore non si divide mai, si puo' solo moltiplicare. Non farti troppe domande stavolta, credici.

giovedì 16 luglio 2015

il mercato delle vanita'

Mi e' successa una cosa particolare. Un po' di tempo fa e' stato dedicato un articolo su un piccolo giornale locale a un progetto che ho fatto a scuola. Ecco, ora c'e' una compagnia che fa placche commemorative di articoli pubblicati sulla stampa (!) che mi sta inseguendo. Non capisco se il giornalista abbia fatto da tramite o se questi passino le giornate a leggere i giornali e cercare le persone da tampinare. Ad ogni modo, apprezzo se non altro la fantasia di questo strampalato stile imprenditoriale che crea un mercato basato giusto sulla vanita' delle persone. Le placche sono costosissime, qualcuno evidentemente le compra, buon per loro, suppongo.

lunedì 13 luglio 2015

anch'io

Quando tornavo in Italia, le mie amiche senza figli, la maggior parte, mi raccontavano spesso di quelle poche che invece erano diventate madri con una punta di fastidio. L'accusa sostanzialmente era una sola: sono scomparse, hanno avuto il figlio e non si sono più viste. E io, pur essendo gia' madre a mia volta, mi sforzavo di capire, ma dovevo davvero usare l'immaginazione perche' a me non era successo cosi'. Io avevo avuto Joe ed ero tornata in pista come prima, anzi prima ancora di essermi completamente ristabilita, le mie amiche di qui (tutte gia' madri) erano venute fisicamente a prelevarmi. Ricordo che uno dei primi giorni a casa con il bambino, si presentarono a sorpresa con tante cose da mangiare e mi fecero una specie di festa di incoraggiamento, se cosi' si puo' dire.  
Stavolta, invece, con il piccolo Woody, e' tutto diverso e mi e' tornata in mente la storia delle madri scomparse perche' adesso capisco esattamente cosa fosse successo loro. E' molto semplice: erano stanche, esauste, magari anche un po' esaurite, come me in questo momento. Ci sono mille fattori in gioco in questi casi, ma fondamentalmente il problema e' uno solo: la mancanza di sonno che ti manda ai matti. Dopo una settimana senza dormire per piu' di un'ora e mezza o due di fila, cominci ad avere le allucinazioni, a mettere le scarpe nel frigo e le zucchine nell'armadio. L'ultima cosa che ti viene in mente e' chiamare un'amica, organizzare una visita o un'uscita o qualunque cosa perche' non sai mai come andra' la notte e se avrai almeno un minimo di energia extra il giorno dopo per fare qualcosa che non sia strettamente legato al bambino (o ai bambini, se ne hai altri). Per forza di cose, la tua vita sociale diventa l'ultima delle tue priorità.
L'altro giorno ero d'accordo con un'amica di portare i bambini al parco qua vicino, niente di speciale. Eppure aspettavo l'ora dell'appuntamento con ansia. Non riuscivo nemmeno a spostarmi dal divano dove stavo guardando i cartoni con Joe. Avevo un mal di testa colossale, l'idea di fare quei quattro passi fuori mi attanagliava, come se avessi dovuto scalare una montagna, fare uno sforzo sovrumano, ma allo stesso tempo ero imbarazzata a disdire, non sapevo come spiegare cosa mi stava succedendo. Beh...non ce n'e' stato bisogno. Ha capito tutto da sola, e' venuta, si e' portata via Joe e mi ha lasciato qualche ora per riposare. Mi e' dispiaciuto tantissimo dover scegliere fra passare del tempo con un'amica -e non potete immaginare quanto ne avessi bisogno- e dormire. Che razza di scelta e' poi? Non e' giusto scegliere fra due bisogni cosi' elementari. Ieri notte, finalmente ho dormito (ben cinque ore! Mi sento come di ritorno dalle Maldive, sul serio) e oggi ho lasciato tutto a Mr. J. e me ne sono andata un paio d'ore fuori con lei.
Sono successe delle cose in questo periodo e forse gliene avrei parlato, per giustificare certe mie assenze, certi comportamenti che mi appartengono poco, ma non ce n'e' stato bisogno nemmeno questa volta. Mi ha portato a mangiare un dolce enorme ed e' stata lei a raccontarmi quello che ha passato quando si trovava nella mia condizione attuale e poi ha aggiunto che io ho un grande difetto, non mi piace ne' chiedere ne' accettare aiuto. Mi ha fatto un bene infinito. Solo fra donne puo' esistere questo livello di comprensione e condivisione.
Tante volte, la vita ti mette di fronte a determinati problemi e tu, anche mentre li stai affrontando, sai che sono cose normali e che non e' la fine del mondo, ma... accidenti se fanno male, se sono difficili da risolvere nell'immediato. Io lo so, ad esempio, che Woody fra un paio di mesi probabilmente, lo spero almeno, smettera' di svegliarsi ogni ora e mezza affamato, ma adesso e' veramente un casino.
L'altro giorno, una signora gli ha dato un'occhiata e ha esclamato che bel bambino, come si chiama? 
Ci credete? Non me lo ricordavo. Ho avuto un momento di quelli tipo quando ti fanno una domanda a un esame e ti va in pappa il cervello e fai scena muta. Solo che non mi hanno chiesto la differenza fra le virtu' etiche e dianoetiche secondo la morale aristotelica, ma semplicemente il nome di mio figlio.

Quando passi momenti simili l'unica cosa che puo' aiutarti e' quello che ha fatto la mia amica per me, sentirsi dire anch'io. Lei ha avuto le allucinazioni uditive addirittura e ne abbiamo riso e abbiamo anche un po' pianto perche' e' cosi' in questi casi, la vita e' bella come mai prima e forse anche dopo, ma e' dura.

Evviva le donne che si aiutano e questo post e' per chi passa di qui e ha capito perfettamente di cosa parlo. A voi voglio dire che... anch'io.