martedì 29 dicembre 2015
remember this moment
L'eredita' materiale che Ms. Guorton mi ha lasciato prima di andarsene consiste in una serie di libri per bambini e giocattoli che aveva archiviato nel giro di molti anni per i suoi ipotetici nipotini mai nati. Ne ho voluti mettere un paio sotto all'albero per sentirla un po' presente, ancora una volta. Cosi', la notte della Vigilia mentre impacchettavo, ho scoperto che per qualche strano motivo in mezzo a tutti quei giocattoli c'era una cornice d'argento anche quella nuova, ancora nella scatola. La cornice riporta un'incisione:
Remember this moment, ricorda questo momento.
Per qualche incomprensibile ragione, la stessa notte, mi e' tornata in mente una piccolissima cosa successa l'estate scorsa. Ero in un museo che celebrava una tribu' di nativi americani in Nuovo Messico. C'era un video che veniva mandato a ciclo continuo. A un certo punto chiedevano a una giovane donna di quella tribu' perche' si stesse impegnando per tramandare quelle tradizioni e lei dava una risposta splendida.
Che le storie sono come persone, che hanno un cuore che batte e se smetti di raccontarle muoiono.
Ecco, ho pensato che anche le persone sono come le storie e solo se smetti di raccontarle e di ricordarle, muoiono.
lunedì 21 dicembre 2015
pull gently and it won't jam
Certo, qualche volta mi sono chiesta il perche' di questa esclusione da parte delle persone che sono subentrate ad aiutarla nella fase finale della sua vita. Potrebbero esserci varie spiegazioni. Forse mi dicevano che stava bene per questo bizzarro spirito combattivo/ottimistico americano che non fa ammettere un risultato negativo nemmeno di fronte all'evidenza. Forse non avevano voglia di parlare e lo posso capire benissimo. Forse non sapevano chi ero e quanto sia stata vicina a Ms. Guorton negli ultimi anni. Io proprio non lo so, fatto sta che bene non stava. Uno che sta bene non sta morendo, per la miseria.
Noi espatriati formiamo spesso delle bellissime famiglie elettive per forza di cose, ma per la prima volta mi sono resa conto di quanto questi legami siano fragili di fronte alla legge e alle situazioni piu' estreme. Forse chi e' contrario ai diritti civili per le coppie omosessuali, non si e' mai dovuto trovare ad affrontare una cosa simile. Ma non divaghiamo.
E' dura. E' dura pensare che una persona che faceva parte del mio quotidiano, una persona con cui avevo delle splendide conversazioni e con cui ridevo non c'e' piu'. E' dura pensare che una persona cosi' piena di vita, che ha amato la vita fino all'ultimo momento, questa vita non ce l'abbia piu'. E' dura anche dover dire a Joe che la sua maestra preferita, non verra' piu' a trovarci. Sono passati parecchi giorni e non sono ancora riuscita a trovare le parole, ma lo faro' perche' dentro di me, c'e' la netta sensazione che sia giusto farlo questo sforzo.
Joe aveva fatto per lei una piccola decorazione per l'albero di Natale che le abbiamo spedito. L'ultima volta che mi ha telefonato e che abbiamo avuto un dialogo piu' o meno normale, mi ha chiesto di dirgli che le era piaciuta molto e che aveva un posto speciale sull'albero di Natale che aveva nella sua camera.
- Ms. Guorton ha un albero di Natale in camera sua? Che bello!
Ms. Guorton mi manchera', ci manchera'.
Un po' meno a scuola, magari. Quando sono li' sento la sua presenza, il suo spirito e' rimasto li'. Mi sembra di vederla, di sentire la sua voce. Ho tanti di quei bei ricordi che mi fanno sorridere. L'altro giorno a scuola, ad esempio, mi e' venuto in mente un aneddoto insignificante, ma cosi' perfetto.
Una volta hanno cambiato il distributore di asciugamani di carta nella sala insegnanti e tutti hanno cominciato a lamentarsi perche' si inceppava sempre. Un giorno lei ha preso un piccolo foglio giallo e ha scritto con la sua bella calligrafia da maestra pull gently and it won't jam, tira piano e non si inceppera'. E sapete cosa e' successo? Che ha smesso di incepparsi. Perche' la gente leggeva quelle parole immaginando la sua voce calma e ferma e non strappava piu'. Lei era cosi', aveva questo effetto sulle persone, non solo sui bambini. E non seguiva mai la massa, pensava sempre con la sua testa e andava avanti per la sua strada. Aveva un modo di risolvere i problemi che era solo suo e non si lamentava mai, almeno non delle cose serie perche' per il resto era una gran brontolona. Si lamentava di mille inezie che a nessuno davano fastidio. Una volta si lamentava che il pavimento era troppo duro, non potevo crederci, aveva superato il limite. Poi, pero', l'anno scorso, quando non stavo bene mi e' tornata in mente quella lamentela. Se hai determinati dolori e ti tocca camminare tutto il giorno, la durezza del pavimento la noti eccome. Giudichiamo sempre, ma poi ci proviamo a metterci nei panni degli altri?
Domani ci sara' il suo funerale. Sara' bello, spero, avere un breve momento di pace da dedicare solo a lei. E' assurdo, ma in questo momento per me anche questo e' un lusso. La vita mi chiama e mi assorbe come e' giusto che sia con due bambini piccoli e non ho il tempo materiale di farmi troppe domande.
E' andata cosi' ed e' triste, ma come lei stessa mi ha ricordato verso la fine, abbiamo vissuto un sacco di cose insieme e mi sono accorta di averle detto davvero tutto quello che volevo dirle.
E questo in fondo e' meraviglioso.
Che la terra ti sia lieve, amica mia.
venerdì 4 dicembre 2015
ti voglio bene o I love you?
- Ti voglio bene Joe!
Sentendolo, ho avuto una sorta di mancamento.
Per la prima volta, mi sono resa conto che a me non l'ha mai detto o almeno non che mi ricordi. E sembra una cosa terribile, ma in realta' non ci avevo mai pensato perche' non mi e' mai mancata questa parola. E' solo una parola e io non ho mai e poi mai avuto bisogno di nessuna conferma da lui in questo senso. Lui non l'ha mai detto a me e io non l'ho mai detto a lui, non so, e' sempre stato cosi' non ci e' mai venuto per una qualche forma di pudore suppongo.
Joe invece lo dice sempre ti voglio bene, ti voglio tanto bene lo dice quasi troppo, ma paradossalmente credo lo abbia preso proprio dalla sottoscritta. Lo dico sempre anch'io qui in casa, soprattutto a lui e a suo fratello adesso. E' da quando e' nato che glielo ripeto, mi e' sempre venuto spontaneo e non ci ho mai fatto caso. Evidentemente e' cosi' che va, se i genitori lo dicono, i figli lo dicono. Se i nipoti lo dicono, anche i nonni lo dicono.
Ad ogni modo, pensavo che in effetti questa e' una grande differenza rispetto all'inglese.
Ricordo che mi faceva molta impressione appena conosciuto Mr. J. che chiudesse le telefonate con la madre con un love you. Mi faceva impressione prima di tutto perche', come dicevo, non era nel mio vocabolario quotidiano e poi perche' lo faceva senza pensarci, tipo se vedemo, love you. Bah. Non mi piaceva granche', poi mi ci devo essere abituata vivendo tutti questi anni qui perche' in effetti e' una cosa che si dice con una certa nonchalance in inglese.
Mi sono confrontata con la mia amica francese e ho sfondato una porta aperta. Anche lei ha sempre avuto esattamente la mia sensazione. Ci siamo fatte una risata pensando di dire je t'aime, il massimo del romanticismo, scendendo dalla macchina o uscendo di casa. Come se I love you o a dopo fossero sinonimi.
Insomma, e' cosi', e in fondo non mi dispiace, mi adatto io. Bisogna solo tenere presente che e' tutta una questione di intenzione e di intonazione. Anche se la parola e' la stessa, dopo un po' i vari utilizzi sono chiarissimi. E' una di quelle sfumature che si perdono nella traduzione.
lunedì 23 novembre 2015
e di me si spendea la miglior parte
Avevo piu' che altro ascoltato in quell'occasione, era una conversazione breve con una semi-sconosciuta, pero' mi fece tanta pena quella ragazzina. Pensai che evidentemente nessuno le aveva mai fatto capire che non si studia solo per un ritorno economico, ma per avere degli strumenti in piu' per affrontare tutte le situazioni della vita e cercare di capire meglio il mondo. E questo e' un concetto che non serve aver studiato per capire. Sono forse la prima o la seconda persona laureata nella mia famiglia, eppure i miei non parlavano d'altro, perfino mia nonna analfabeta.
Ripensavo a tutto questo in questi giorni per via di quello che sta succedendo a Ms. Guorton. Un giorno ero in macchina e all'improvviso mi e' ritornata in mente A Silvia di Leopardi. L'avrò letta quindici anni fa o piu' l'ultima volta, eppure e' tornata fuori al momento del bisogno, come solo la vera poesia sa fare. Mi si e' stretto il cuore.
- ....rimembri ancora
- quel tempo della tua vita mortale,
- quando beltà splendea
- negli occhi tuoi ridenti e fuggitivi...
- ....quel vago avvenir che in mente avevi
- ... il ciel sereno, le vie dorate e gli orti
"Perciò stolto è chi dice di temere la morte non perché quando c’è sia dolorosa ma perché addolora l’attenderla; ciò che, infatti, presente non ci turba, stoltamente ci addolora quando è atteso. Il piú terribile dunque dei mali, la morte, non è nulla per noi, perché quando ci siamo noi non c’è la morte, quando c’è la morte noi non siamo piú. Non è nulla dunque, né per i vivi né per i morti, perché per i vivi non c’è, e i morti non sono piú. Ma i piú, nei confronti della morte, ora la fuggono come il piú grande dei mali, ora come cessazione dei mali della vita la cercano. Il saggio invece né rifiuta la vita né teme la morte; perché né è contrario alla vita, né reputa un male il non vivere. E come dei cibi non cerca certo i piú abbondanti, ma i migliori, cosí del tempo non il piú durevole, ma il piú dolce si gode."
Avrei dovuto dirlo a quella ragazzina, la vita non e' mica una passeggiata, bisogna equipaggiarsi. E tante cose si fanno non per soldi, ma per farle e tenerle li' dentro di noi da qualche parte. Di solito capita che siano le piu' utili e le piu' preziose.
giovedì 19 novembre 2015
joe's philosophy
mercoledì 18 novembre 2015
i giovani cristiani cool del texas
lunedì 16 novembre 2015
l'aereo di joe
sabato 14 novembre 2015
un pezzettino di infanzia
- Giochiamo a un gioco? Io comincio una storia e tu continui!
- Va bene Joe, comincia.
- C'era una volta una balena. Che andava a fare un pic nic. Su un vulcano. Sott'acqua. Poi il vulcano esplodeva e la balena finiva sullo spazio. E atterrava sulla luna.
- E poi?
- E poi si tuffava e finiva dentro alla sua casa. Tocca a te.
Questo succedeva mentre ci preparavamo per andare al parco. Entriamo in macchina, accendo la radio e sento di Parigi. Davo per scontato che Joe non stesse ascoltando, in realtà non ne sono così sicura. Era un po' strano stasera, malinconico. Credo che abbia captato qualcosa.
E' difficile addormentarsi adesso. Vorrei svegliarmi domani e scoprire che è stato solo un film particolarmente realistico o uno scherzo di cattivo gusto ma so che così non sarà e allora penso ai miei amici francesi e ancora di più penso ai loro bambini che oggi, nella fortuna di non essere stati toccati dalla tragedia, hanno comunque perso un pezzettino di infanzia per sempre.
martedì 10 novembre 2015
ne pas oublier
Mi ha telefonato l'altro giorno per dirmelo dopo essere stata dal medico, me lo aspettavo, ma ad ogni modo. Stavo dando la crema di piselli a Woody. Dopo che ho chiuso, Joe continuava a parlarmi non so di che cosa. A un certo punto si ferma e mi fa:
- Perche' parli cosi'?
Perche'. Bella domanda. E ora cosa ti rispondo? Che sto cercando di non farmi sentire piangere?
- Joe la vita e' bella, ma a volte succedono delle brutte cose.
- Cosa e' successo? [In realta' lui dice ciuccesso, e' molto buffo]
- Te lo ricordi che Ms. Guorton era malata, vero? Ecco e' ancora malata e il dottore ha detto che non riesce a trovare delle medicine giuste per lei, per questo la mamma e' triste, perche' Ms. Guorton non sta bene.
Lui non ha detto una parola, non un fiato e si e' volatilizzato davanti ai miei occhi.
Ho avuto paura di aver sbagliato, di averlo spaventato. Anzi a dire il vero forse ho avuto piu' paura che la cosa gli fosse del tutto indifferente.
E' riapparso solo un paio di minuti dopo, con in mano un dente di leone striminzito che ha trovato in giardino.
- Per te mamma, cosi' non sei triste.
E li' davvero e' stato complicato trattenere le lacrime. Abbiamo parlato di tutte le cose piu' belle che ha fatto quando era nella classe di Ms. Guorton e poi le ha fatto un disegno in cui ci sono loro due che vanno a caccia di ghiande e foglie secche.
Mi sono accorta in quel momento che avevo gia' cominciato a pensare a lei al passato, ricordando tutti quei piccoli momenti che abbiamo condiviso e a cui prima non avrei mai dato importanza. Sbagliavo perche' lei e' ancora qui, stiamo ancora condividendo delle cose, posso ancora parlarle o chiederle un consiglio. Il brutto verra' dopo quando mi manchera' e ci saranno solo quei ricordi a tenermi compagnia.
Con questo in mente, sono riuscita ad andare a trovarla senza piangere e senza demoralizzarla ulteriormente. Ho dovuto dar fondo a tutto il mio coraggio, vederla in quelle condizioni e' stato straziante.
Prima di salutarmi mi ha dato un sacco, anzi due, uno per Woody e uno per Joe, di giocattoli e libri per bambini. Pare che negli ultimi dieci anni si sia dedicata segretamente a collezionare oggetti per i suoi ipotetici nipotini che pero' non sono mai arrivati. Non me ne aveva mai parlato in questi termini, non immaginavo ci tenesse cosi' tanto a diventare nonna. Pochi pensieri mi mettono piu' tristezza dell'immagine di questa anziana signora malata che va a comprare giocattoli da nascondere in un armadio al solo scopo di nutrire la propria speranza segreta. Che strano come va la vita a volte. Ti aggrappi cosi' tanto a un desiderio, a qualcosa, e poi ti accorgi che era tutto nella tua testa e solo li'. Suppongo che pero', quel pensiero fino a un certo punto debba averla aiutata. Mi chiedo se il fatto che mi abbia fatto questo regalo significhi che non ci rivedremo piu'. E' tutto ancora li' nel cofano della mia macchina, non ho il coraggio di pensarci in questo momento. Prima ho aperto per prendere una cosa e ho deliberatamente cercato di non guardare, ma non ho potuto fare a meno di notare la scritta in francese che campeggiava su una delle buste ne pas oublier, non dimenticare.
martedì 3 novembre 2015
tutte le cose del mondo sono bellissime
E io che la posso chiamare quando voglio, non lo faccio mai, che vergogna. Prima le mandavo delle foto quando potevo, da un po' nemmeno quello. Le giornate mi scappano di mano da un anno a questa parte, vivo in un vortice.
Pero' pensavo. Non trovo il tempo di chiamare la mia unica nonna che mi adora e sento quasi tutti i giorni Ms. Guorton, ad esempio. La vita dell'emigrante e' un po' cosi'. Quando vai lontano a un certo punto, devi staccarti da quello che hai lasciato. E' una cosa che ho capito a mie spese, dopo i primi anni qui. Non puoi occuparti di tutto quello che hai lasciato e allo stesso modo ricostruirti una vita nuova, semplicemente non e' possibile. Il tuo pensiero e' qua ed e' la' in ogni momento, ogni giorno, ma la contingenza ti chiama, c'e' poco da fare. Le cose e le persone vicine sono pressanti, inevitabili, non e' una questione di importanza, ti devi occupare prima di quello che ti passa accanto, non hai altra scelta.
Ms. Guorton sta molto male adesso. Non parliamo mai della sua situazione medica e sono molto fiera di essere una distrazione dai suoi problemi e non una spalla su cui piangere, ma l'altro giorno l'ho vista e per la prima volta e' stato difficile far finta di niente, ho pensato qualcosa tipo... e' morta. All'improvviso, non era piu' lei, questo. Si trova in una situazione atroce di sofferenza fisica e solitudine costante e sembra si preoccupi soprattutto di una cosa: dei materiali didattici che ha lasciato a scuola per l'insegnante che ha preso il suo posto. Sono materiali che ha accumulato e collezionato e comprato con i suoi soldi personali nell'arco di trent'anni di carriera. Ci sono oggetti che anche volendo non saprei dove ricomprare. C'e' il modello di un cuore grande come quello di un bambino per spiegare ai bambini stessi come funziona il loro corpo. Tante di quelle cose, di quei ricordi. E lei prima ha lasciato tutto li' perche' le e' stato chiesto e forse se ne e' sentita in un certo senso lusingata e ora invece ci pensa e ci ripensa e si logora. Qualcuno li stara' usando? Qualcuno avra' capito il mio lavoro, i miei sacrifici, il mio messaggio?
A quanto pare tutti coloro a cui si e' rivolta sono riusciti a evitare accuratamente di darle una risposta in merito, cosi' lei ha dato alla sottoscritta il compito ingrato di investigare. Ho dovuto scavare un bel po', ma alla fine e' uscito fuori quello che temevo. Quei materiali sono stati in maggioranza buttati via dalla nuova insegnante, che probabilmente non conoscendola e non sapendo nulla, ha pensato bene di fare tabula rasa prima di insediarsi. E' strano come uno stia morendo e si fissi su un piccolo dettaglio della sua vita -ricordo che successe qualcosa di simile anche al nonno del Far West...- una piccola cosa che a qualcuno potrebbe sembrare di poca importanza nel quadro generale e invece non lo e'. Si da' importanza a quello a cui si da' importanza per tanti motivi e nessuno dovrebbe permettersi di giudicare i sentimenti altrui. Non ho il coraggio di dire a Ms. Guorton la verita' sulle sue scatole e ho deciso che non lo faro' perche' non ne vedo l'utilita'. La portero' avanti io la sua "filosofia", come la chiama lei, glielo ho detto l'altro giorno. Anzi la sto gia' portando avanti, mi ha insegnato talmente tanto. I materiali in fondo non servono a niente se non si ha avuto la possibilita' di vedere e osservare a lungo come ho avuto il privilegio di fare io, il modo in cui sono stati usati.
E' un periodo particolare questo, sono toccata tutti i giorni da cose grandi, troppo grandi forse, e la verita' e' che non mi sento piu' la stessa. Non si puo' rimanere indifferenti al contatto diretto di una materia cosi' incandescente, la vita che cresce gioiosa sotto i tuoi occhi e la vita che finisce lentamente sempre sotto i tuoi occhi. La settimana scorsa una collega di Mr. J e' morta. Un mese fa ha avuto due stupende gemelle e poi e' morta, non so nient'altro. Ho pianto davvero tanto e non l'ho mai nemmeno vista questa donna, ma non importa. Credo di aver pianto soprattutto perche' so che cosa si e' persa e cosa si sono perse le sue bambine e forse ho anche una vaga idea di cosa deve avere provato. Potevo esserci io al suo posto. Ho vissuto tanti mesi con il terrore che qualcosa di simile succedesse a me. Ci pensavo spesso, ma nessuno mi dava retta, nessuno voleva ascoltarmi perché non bisogna nemmeno dirle certe cose. Tutti, tranne alcuni medici, dicevano andra' tutto bene e in effetti, contro ogni previsione, e' andato tutto bene alla fine, ma adesso e' arrivato il momento di fare i conti con il fatto che poteva anche non. Dopo che e' nato Woody ho sentito un forte disturbo interiore, per diverse settimane non riuscivo ad essere del tutto felice. Insomma, un po' era la sofferenza fisica perche' ad ogni modo non e' stata una passeggiata, un po' era che non e' come si vede nei film che ti salvi e poi assapori la vita in ogni suo istante e diventi immediatamente una persona molto migliore e tutti vivono felici e contenti. E' dura ed e' dura per tutti quelli coinvolti. Certe esperienze segnano. La tensione accumulata non ti abbandona da un secondo all'altro. Ma quando ho saputo di questa tragedia, cosi' vicina a noi, forse in quel momento si', la tensione e l'angoscia si sono davvero dileguate. Mi ha costretto a fare finalmente i conti con quello che e' successo e che non e' successo e mi sono scrollata un grosso peso dalle spalle. Che poi la prima cosa e' chiedersi perche' lei si' e io no? Allora sono qui per un motivo, forse sono qui per fare qualcosa di importante. Gia', ma lo sto facendo? Cosa sto facendo esattamente con la mia vita? La sto usando bene?
Ho chiamato questa cosa qui la sindrome del sopravvissuto fra me e me, poi ho visto che esiste davvero la sindrome del sopravvissuto, non si inventa mai nulla. Accidenti, e' un periodo un po' cosi'. Poi magari fra un po' si tornera' a pensare alle solite stupidate, ma ora e' tutto estremamente forte, profondo, intenso.
Mi perdo negli occhi di Woody, questi occhi che sono di un colore
indefinibile - il colore delle galassie ha detto qualcuno con grande poesia- questi occhi cosi' scuri e unici che nessuno capisce da chi li abbia presi- che ti scrutano sorridendo in ogni momento. Vivo di contrasti e sento che adesso si', adesso comincio a essere davvero presente e con un senso di gratitudine per tutto, perfino per le notti in bianco che mi tormentano. Una mia amica l'altro giorno mi ha detto resisti, e' solo una fase, fra un po' tornerai a riposarti. Ecco in realta' e' piu' che altro questo che mi da' fastidio. Il sonno e' fondamentale e quanto mai agognato e paradisiaco, ma ci sono cose perfino piu' appaganti nella mia vita di adesso.
Ad esempio ascoltare cio' che puo' tirare fuori un bambino di cinque anni. Stamattina Joe appena sveglio e' corso da me.
- Mamma ti devo dire una cosa.
- Dimmi.
- Tutte le cose del mondo sono bellissime.
- Che bel pensiero, amore, come ti e' venuto in mente?
- Perche' ti voglio tanto bene.
venerdì 30 ottobre 2015
verso halloween
Stamattina Joe ha avuto un'idea geniale per rendere il suo famoso costume da scheletro ancora più spaventoso...
sabato 10 ottobre 2015
pensare confonde le idee
venerdì 9 ottobre 2015
cose difficili
Poi il racconto si e' fatto sempre piu' confuso. Non ho capito piu' se lui era davvero li' sul luogo dell'incidente in un'altra macchina con la sua famiglia e poi ha rivisto tutto al telegiornale o se era una notizia del telegiornale che lo ha particolarmente turbato.
Ogni volta che cercavo di consolarlo, aggiungeva dei dettagli sempre più macabri. Mi sembrava spaventato e anche preoccupato.
Ma io non sono una psicologa, sono l'insegnante di arte. Ho avvertito chi di dovere, ma pare che i genitori non parlino neanche un po' di inglese, non c'e' molto che si possa fare, credo. L'ho fatto sfogare un attimo, quello si', a volte aiuta.
L'unica cosa che mi è venuto in mente di dirgli è che quando arriva quel brutto pensiero, la sera prima di dormire, c'è almeno una cosa che può fare: immaginare una storia tutta diversa, con un altro finale. Per me l'unico vero rifugio e' nell'immaginazione, nella capacita' di imparare a portare la mente in un posto piu' sicuro. Spero di non aver detto una cosa troppo sbagliata.
mercoledì 7 ottobre 2015
lo vedete quello?
lunedì 5 ottobre 2015
le macchine di joe
- Ho progettato un sistema per salvare Woody quando cade.
- Ah,
- Ti faccio vedere.
venerdì 2 ottobre 2015
il vocabolario di Woody
La settimana scorsa, Mr. J. gli ha detto hi!, ciao, e lui ha risposto hi! come se fosse la cosa piu' normale del mondo.
Ci siamo guardati in faccia e poi io ho continuato quello che stavo facendo come se non fosse successo nulla, mentre Mr. J. era cosi' emozionato che quasi gli si spezzavano le parole in gola.
Lo ammetto. Con grande malignità, ho considerato di far finta di non aver sentito. E' che...hi....che parola e'? E' un suono, non vuol dir niente, e poi in inglese...e poi soprattutto non a me. Non ero per niente soddisfatta. No, no Woody, cosi' non andiamo d'accordo.
La prima parola di Joe mi diede molte piu' soddisfazioni a suo tempo, ma tant'e'.
Hi! teniamocela. Si dice che la prima parola di Picasso sia stata lapiz, matita in spagnolo, e sappiamo com'e' andata a finire. Nel caso di Joe potrebbero aprirsi prospettive un po' particolari, e' vero, ma hi e' proprio un po' insipida, eh. Staremo a vedere.
Come se non bastasse, il pomeriggio vado a prenderlo all'asilo e racconto l'accaduto alle maestre.
- Sapete, oggi ha detto la sua prima parola...
- Hi, vero? L'ha detto anche a noi prima, un paio di volte...
Come sarebbe a dire l'ha detto anche a voi? Praticamente questo bambino parla con tutti tranne che con la persona con cui passa il 90% del suo tempo.
Dopo un paio di giorni ha compiuto quattro mesi e l'ho portato a fare i suoi vaccini e la sua visita di controllo in cui il medico mi ha detto che devo cominciare a dargli della crema di riso.
Primo pasto. Mangia tutto e si ciuccia pure le mani.
Allora chiedo in italiano Ehi Woody, ti e' piaciuto? e lui mi risponde Yeah!
Tutto filmato. Altrimenti io stessa penserei di avere avuto le traveggole.
A quattro mesi, gli faccio una domanda in italiano e mi risponde...non in inglese, ma praticamente in Texano. E poi si parla di bilinguismo. Mi sa che abbiamo fra le mani uno dei piu' giovani bilingui al mondo. E mi sa anche che continueremo a sentirne delle belle qui a casa Johnson.
mercoledì 30 settembre 2015
joe super cool (2)
La domanda piu' frequente e' stata: tu cosa hai risposto?
E' andata cosi'.
Ho spiegato alla maestra che noi non diciamo mai a Joe cosa credere, ma che quando ci fa delle domande su Dio, la morte o qualunque altro argomento, cerchiamo di dirgli sempre la verità o almeno di fornirgli la quantità di informazioni che ci sembra adeguata alla sua eta'.
Devo dire che quello pero', si e' presto trasformato in un momento vagamente sconcertante perche' con piglio scherzoso ho aggiunto che se Joe ci chiede come si e' formato l'universo, gli raccontiamo del Big Bang e tutto il resto...non siamo mica creazionisti noi (ovviamente)!
E lei non ha riso. Ed e' calato il gelo ed e' finita cosi'. Arrivederci.
E questo ci porta alla seconda questione che e' emersa nei commenti: la maestra e' una deficiente.
Ecco io oggi, mentre andavo al lavoro (l'unico momento di relativa pace delle mie giornate) ci ho pensato molto a questa cosa. E sapete cosa vi dico? Che no, la maestra purtroppo non e' una deficiente. In un certo senso, sarebbe molto piu' semplice se lo fosse, ma cosi' non e'. Anzi la maestra e' una donna piena di energia, che dopo tanti anni, ama ancora molto il suo lavoro e cerca di rinnovarsi e farlo al meglio. Ci ho parlato abbastanza a lungo prima di decidere di iscrivere Joe nella sua classe e mi piace come la pensa sull'insegnamento.
D'altra parte, ha delle visioni religiose, che non conosco in modo approfondito, ma che sono lontane anni luce dalle mie.
Dovrei guardarla dall'alto in basso o considerarla una deficiente per questo? Non credo. Non siamo d'accordo, capita. Non capisco e non ho voglia di capire il suo credo, ma a parte questo mi sembra una gran brava persona. E' sufficiente. Anch'io sono andata all'asilo dalle suore, eppure non ho subito nessun trauma. Penso che i bambini piccoli abbiano bisogno di affetto, di allegria e di qualcuno che gli ricordi il valore dell'amicizia e della riconoscenza. Se tutto questo c'e', su altre cose sono disposta a chiudere un occhio.
E' facile dirsi tolleranti e poi appena si incontra qualcuno che la pensa diversamente assumere un atteggiamento di superiorita' o tagliare il dialogo. Per quanto mi riguarda, che ognuno faccia e creda un po' quello che gli pare, se non danneggia nessuno.
martedì 29 settembre 2015
joe super cool (1)
Gia' perche' e' del tutto normale prima o poi essere chiamati dagli insegnanti dei figli. Alle elementari, alle medie, alle superiori, ma - scusate- chi e' che viene fatto chiamare dalle maestre dell'asilo? I genitori di Jack lo Squartatore?
Quella sera le ho pensate davvero tutte. Che mi facessero chiamare perche' aveva picchiato qualcuno, l'ho subito escluso. Joe avra' tanti difetti, ma non e' mai stato manesco. Che fosse stato picchiato lui, non mi sembrava allo stesso modo possibile: me lo avrebbe raccontato. Allora che cosa mai avra' combinato? mi chiedevo. E non riuscivo a immaginare un motivo tanto grave da richiedere un colloquio privato e urgente.
L'unica cosa che mi veniva in mente e' che mi volesse dire che mio figlio e' un asociale o qualcosa del genere. Dovete sapere che io ero esattamente come lui da piccola. Avevo pochi amici e mi piaceva giocare da sola, a casa e credo mi chiamassero timida o al massimo brava bambina. Qui invece, anche come insegnante, ho visto subito che questo tipo di personalita' non viene apprezzata. E' come se i bambini timidi andassero aggiustati. Mi ricordo che ai miei tempi a scuola c'erano grossomodo tre tipologie di bambini: quelli come me, quelli chiacchieroni e quelli vivaci (che poi sono quelli che in questi anni, in questo paese, vengono considerati iperattivi o ADHD e imbottiti di psicofarmaci). Il bambino vincente per la maestra, e forse anche per la societa', e' il piccolo leader, lo vedi subito, e Joe chiaramente per ora non lo e'.
Basta. Le cose devono cambiare, mi sono detta. Bisogna fargli fare sport, iscriverlo a qualcosa, farlo uscire da questo fantomatico guscio.
La mattina dopo mi presento puntuale all'appuntamento. La maestra mi fa tutto un pippone stranissimo, che si rendeva conto di toccare una sfera molto privata, ma che si era consultata con la direttrice e avevano concluso che genitori e insegnanti devono agire insieme per il benessere dei bambini e bla bla bla.
Insomma, per farla breve, e' successo questo. Un bambino ha portato in classe una Bibbia da far vedere ai compagni. Tutti erano estremamente gioiosi e contenti, ma Joe, il mio Joe, quattro anni, si e' alzato in piedi e ha annunciato a gran voce: "Non e' vero che Dio ha creato l'universo, e' stato il Big Bang!".
La maestra si e' detta mortificata perche' Joe continuava a chiedere perche' e non accettava le sue spiegazioni che, ha precisato, non erano idee sue ma della Bibbia stessa. Secondo lei Joe sarebbe un bambino ovviamente tormentato e diviso fra due visioni contrastanti del mondo. Tormentato certo.
Avrei solo voluto vedere la scena, ecco solo questo.
Continua qui.
sabato 26 settembre 2015
quel momento li'
Ecco, mi sa che per me e' proprio quel momento li'.
venerdì 25 settembre 2015
oggi
E una bambina, alza la mano e mi risponde che forse quel pittore ha dipinto quel quadro perche' ha perso il suo papa' su una barca, sotto una grande onda come quella li'.
E lo diceva con il sorriso sulle labbra, con serenita', con calma. Sono stata io che per una frazione di secondo ho quasi ceduto alla commozione.
La scorsa primavera il papa' di quella bambina, poco piu' che trentenne e' morto per una malattia tanto rara quanto orribile. La sua sofferenza, e' durata un paio d'anni e nessuno dei suoi quattro bambini piccolissimi, tutti miei studenti, ha mai espresso in nessun modo quel dolore a scuola, almeno che io sappia.
Le altre maestre mi hanno sempre detto che era perche' si erano "abituati" alla situazione, ma io non ho mai capito, in questa come in varie altre circostanze simili che mi sono capitate a scuola in questi anni qui, come sia possibile per dei bambini andare avanti apparentemente in tutta normalita' quando cose di questo tipo succedono. Potere dell'arte che unisce un vecchio giapponese vissuto tanto tempo fa con una bambina americana che ancora probabilmente non capisce cosa le e' successo, ma in un certo senso lo vede e lo rivede dappertutto.
Poi oggi e' successa un'altra cosa, di tutt'altro tenore, ma sempre legata al concetto delle emozioni inespresse e trattenute.
C'e' questa maestra che arriva sempre in ritardo alle lezioni di arte e tende in qualche modo a sopraffarmi. Ha una mania per la disciplina, che si sa, non e' proprio il mio forte, e mi interrompe spesso per richiamare i ragazzi all'ordine o per fargli vedere correzioni che sta facendo su compiti che non c'entrano nulla con la mia materia.
Entra in classe trafelata spiegandomi il motivo del ritardo e le dico che va bene, ma e' anche la terza settimana di fila e in realta' non va bene. E non va bene nemmeno interrompere il lavoro dei ragazzi, per nessun motivo. Non ero per niente alterata, pero' le ho detto quello che pensavo con l'intenzione di poter lavorare piu' tranquillamente il resto dell'anno scolastico. Cosa avrei dovuto fare altrimenti?
E' successo che si e' offesa a morte e questo ci puo' stare. Ma poi...e' scoppiata a piangere e ha detto che ho, testualmente, ferito i suoi sentimenti. E io ero, non so come dirvi...incredula.
Era una situazione totalmente surreale. Ho avuto una sorta di esperienza ultracorporea, di quelle in cui ti sembra di vederti dal di fuori. Questa donna, molto piu' alta, molto piu' irruente e molto piu' anziana di me, mi si stava sbriciolando davanti, a causa di qualcosa che io le avevo detto. Incredibile. Io. Proprio io che mi sono sentita dire per tutta la vita che sono troppo dolce/ buona/ gentile/ comprensiva/ tollerante, e chi piu' ne ha piu' ne metta.
E mentre tutto questo succedeva, pensavo due cose.
La prima e' che forse queste cose succedono a causa del maledetto atteggiamento passivo aggressivo che va tanto per la maggiore da queste parti e di cui si e' ampiamente disquisito in passato su queste pagine. Mi sembra che a furia di trattenere le emozioni e di farsi perennemente vedere sorridenti e in forma, le persone non siano piu' in grado di esprimere quello che realmente provano e vogliono che l'altro sappia di loro. Se non siamo d'accordo su qualunque cosa, sempre, diventiamo automaticamente nemici. Ma perche'? Non si puo' discutere?
E la seconda e' che sono davvero cambiata. Una volta forse ero io quella a cui veniva da piangere o per lo meno quella che si faceva trascinare dal vortice emotivo della controparte. Ora, invece - non so, credo che sia per via di tutte le cose che mi sono successe negli ultimi mesi- mi sembra che ben poche cose importino. Non ho tempo da perdere in stupidate come queste e, non so se lo sono davvero, ma mi sento piu' forte, molto piu' forte di prima. E rido anche molto di piu' delle cose che mi succedono.
Non proprio tutti tutti i mali vengono per nuocere, forse.
(Pero' al di la' di tutto, che fatica lavorare con le donne. Bisogna ammetterlo e magari darsi anche una calmata.)
mercoledì 23 settembre 2015
odori e ricordi
domenica 20 settembre 2015
i miei robot invisibili
- Quali robot?
- Quelli invisibili!
- Ah...e tu li vedi?
- Io no perche' sono invisibili, ma Woody si.
Tempo di dire queste parole e Woody si era gia' addormentato, seduta stante.
Osservo:
- Caspita, si e' proprio stancato a giocare con i robot invisibili...dovrai prestarglieli quando non riesce a dormire. Mah... cosa stai facendo Joe?
- Li metto via.
Ecco Joe e' questo tipo di bambino. Non credo sia eccezionalmente fantasioso come alcuni dicono. Credo solo che per intravedere uno spiraglio del mondo di un bambino, bisogna guardare a lungo e con molta attenzione e io lo faccio e lo faro' sempre perche' e' la cosa piu' interessante e misteriosa che mi sia mai capitata di poter fare nella vita sia come insegnante che come genitore. Spero che questo filo speciale di comprensione e comunicazione fra noi non si spezzi mai, che lui non smetta mai di sentirsi libero di esprimersi e che mi trovi sempre li' ad ascoltarlo.
venerdì 18 settembre 2015
mai dimenticarsi di ascoltare le conversazioni degli sconosciuti
- Come sono andati gli esami del sangue? Fa una.
Una terza donna, al principio della fila -forse le conosceva o aveva solo voglia di attaccare bottone- si gira e chiede con un sorriso:
- Posso sapere se state parlando di una persona a due o quattro zampe?
Allora una delle due donne risponde ridendo:
- E' mio figlio a quattro zampe, ha 14 anni...
Poi spiega, in modo che si sentisse, con gioia direi, che quattordici anni fa suo figlio, quello umano, e' morto in un incidente stradale e quattro mesi dopo questo cane e' apparso sulla porta di casa. E non se ne andava. Un giorno suo marito gli ha preso la testa fra le mani e ha chiesto al cane sei lui?
Alla fine hanno cominciato a pensare che fosse li' per loro, per aiutarli credo e lo hanno tenuto.
- Quindi non scherzavo, lui e' davvero mio figlio a quattro zampe.
lunedì 14 settembre 2015
ma d'estate babbo natale cosa fa?
Appena fuori dal parco c'e' il Museo della Prova della Creazione, giusto per non dimenticare che siamo pur sempre nella Bible Belt. Mi ha fatto molto ridere questa cosa e avrei voluto andare a darci un'occhiata, ma la mia proposta
La sera siamo andati nel centro del paesino a cercare qualcosa da mangiare e siamo capitati in un ristorante molto bello, ricavato da una vecchia casa vittoriana.
Abbiamo chiacchierato amabilmente con la proprietaria, una spumeggiante giovane donna di Fort Worth, che ci ha raccontato, fra le altre cose, che il marito, lo chef, sta cercando di convincerla a trasferirsi al piano di sopra, ma lei non ne vuole sentire parlare perche' e' convinta che nella casa ci sia un fantasma. Nel prato, sotto un albero, abbiamo notato una vecchia sedia a dondolo vuota che ha fatto piuttosto presa sulla mia immaginazione e anche su quella di Joe.
Si stava proprio bene li', nel patio, clima perfetto, lucine, musica jazz in sottofondo. Era quasi ora di chiusura ed eravamo da soli a goderci la serata finche' un altro gruppo di clienti e' uscito dalla sala interna del ristorante. Fra loro...Babbo Natale.
Si e' seduto al tavolo accanto al nostro e ha sfilato qualcosa dalle scarpe. Al posto dei lacci, aveva dei palloncini sgonfi. Con destrezza ne ha gonfiato subito uno e lo ha piegato in modo da farlo diventare una sorta di animaletto, suppongo. Joe era completamente rapito quando lo ha ricevuto in dono.
Ma allora ecco cosa fa Babbo Natale d'estate! Va a trovare i dinosauri!
E' stato un bel fine settimana, ma quello che mi porto davvero a casa e' il ricordo di quel vecchio Babbo Natale. Ha fatto un piccolissimo gesto che non era in realta' piccolo per niente. Ha portato un po' di magia e incanto nella vita di un bambino di quattro anni, ha creato un minuscolo momento unico, una piccolissima storia. A volte ce ne dimentichiamo, ma ci vuole cosi' poco per riempire giornate qualunque di significato per noi e per gli altri. Una persona che fa un gesto cosi', ti insegna a guardare quelli che incontri, anche solo per un attimo e a dargli valore e attenzione.
giovedì 13 agosto 2015
cose che succedono quando si allatta in pubblico e si parlano due lingue
- Cosa?
- Si', e' stata ripresa in un supermercato mentre allattava. Ti rendi conto che gente?
Io andavo avanti con il mio racconto e lui sembrava scandalizzato o scioccato o qualcosa del genere. Lui aveva capito che fosse stata 'ripresa' con una telecamera. Proprio cosi'.
Ah, le gioie dell'amore bilingue, pero' si ride molto.
giovedì 30 luglio 2015
la nascita del mito - si parla di cibo
L'altro giorno, Joe si e' fatto avanti di nuovo con un'altra richiesta. Ha preso il discorso mooolto alla lontana.
- Mamma sai... la macchina rossa?
- Certo, la nostra macchina.
- Sai certe volte la prendiamo e usciamo di casa.
- Si.
- E quando usciamo di casa vedo sempre un ristorante. Io penso sempre che voglio andarci in quel ristorante.
- Ma quale ristorante? Ce ne sono tanti vicino a noi...
- E' un ristorante che ha una grande emme.
- Come una grande emme?
- Si, una grande emme tutta gialla...io voglio andare sempre in quel ristorante, ma noi non ci andiamo mai.
Non mi fraintendete, non sono una salutista e non penso che McDonald sia peggio di tanti altri fast food, ma la vita e' cosi' corta per perdere tempo a mangiare quella roba. Se proprio ci va un fast food che sia uno local e cool come Whataburger almeno, no? Whataburger e Dr. Pepper cosi' passiamo proprio per la famiglia texana media.
Pochi giorni fa, mi ha chiesto questi tali jelly beans, che sono delle caramelle colorate che ho visto a scuola, ma che non ho mai provato. Gli ho spiegato che la mamma non conosce i jelly beans come le mamme dei suoi amici, ma conosce molto bene le uova Kinder in compenso. Non c'e' stato bisogno di aggiungere altro, e' un ragazzino sveglio Joe.
Ora invece, e' la volta dei macaroni and cheese, che sono una sorta di pasta in scatola, un classico della cucina casalinga americana, e li' mi sono un attimo impuntata. In tutti questi anni, li ho assaggiati una sola volta e non mi sono per niente piaciuti. Glielo ho detto chiaro e tondo: non so come si preparano. E non mi sembra un gran problema tanto prima o poi qualcuno glieli offrira', e' solo questione di tempo.
Lui non ha protestato, ma ieri mi ha portato un disegno, anzi una ricetta, in diversi fogli e piuttosto elaborata.
Nella prima pagina c'erano le uova strapazzate. Nella seconda gli hamburger buns, quel pane particolare che si usa per gli hamburger. Nella terza pagina, nel panino c'erano le uova strapazzate. Nella quarta il tutto veniva presentato sul bastoncino di un ghiacciolo, come una sorta di grosso gelato. Et voila', i macaroni and cheese, sono serviti.
Ecco come nasce una legenda: meno parli di una cosa e piu' la fantasia si scatena.
E niente, mi sa che mi toccherà farglieli provare davvero questi macaroni and cheese, altrimenti diventera' lo zimbello della scuola. E' quasi peggio di quella volta che al parco un bambino gli parlava del pollo di McDonald e lui invece aveva capito che il bambino conosceva Old McDonald quello della vecchia fattoria ia ia o. Povero Joe.
lunedì 27 luglio 2015
un paio di spunti sul latte materno
Il latte materno. Perche' no?
Lo so che e' un argomento molto delicato e se per caso siete delle mamme e avete delle paure o delle difficoltà a questo riguardo, non pensate che sia sempre stato semplice nemmeno per me. La mia prima esperienza e' stata abbastanza disastrosa. Avevo avuto un parto difficile, anticipato e avevo decisamente bisogno di un po' di tempo per riprendermi, eppure in ospedale le cosiddette consulenti all'allattamento non mi diedero un secondo di tregua, ripetendomi che era tutta una questione di volontà e in sostanza colpevolizzandomi. In qualche modo, riuscii ad andare avanti sei mesi con Joe, ma non e' stata un'esperienza facile o particolarmente piacevole.
Questa seconda volta invece, e' stato tutto diverso. Ho trovato ascolto e competenza. E latte materno all'ospedale, per l'appunto. Le nuove consulenti, mi hanno permesso di dare a Woody del latte materno proveniente dalla banca del latte dell'ospedale attraverso il cosiddetto finger feeding finche' la situazione non avesse cominciato a ingranare. E poi soprattutto mi hanno capito, ascoltato, e' stato fondamentale non sentirsi alla sbarra degli imputati. Mi hanno fatto capire che se riuscivo bene, altrimenti bene lo stesso. La pressione e' sparita e tutto e' andato per il meglio.
Ci ho ragionato un bel po' e l'altro giorno ho finalmente fatto quella telefonata che mi metteva sulle spine. Avevo paura che mi dicessero che fosse qualcosa di molto complicato e invece no. Devo rispondere a una serie di domande al telefono e fare un esame del sangue, tutto qui. C'e' una quantita' minima di latte che si puo' donare ed e' quella che in questo momento, dopo soli due mesi, giace nel mio freezer. Quelle bustine di plastica potrebbero essere pastorizzate e arrivare a 300 bambini malati o prematuri. Non mi sono mai sentita piu' utile in vita mia. Spero davvero di essere accettata in questo programma e questo post l'ho scritto per invitare chi e' nella mia posizione attuale a considerare questa forma di solidarieta' che non e' molto pubblicizzata, ma e' agevole, indolore e puo' aiutare molto e molte persone allo stesso tempo. A volte e' solo che non ci si pensa.
P.S. Dopo aver pubblicato il post ieri, ho ricevuto diverse segnalazioni di articoli ed esperienze personali in giro per il mondo. Pare che in Italia, nella maggior parte delle strutture, non esista un'educazione all'allattamento come si fa qui ed e' un peccato perche' allattare per moltissime donne non e' proprio questo miracolo della natura spontaneo e immediato che si vede nei film, anzi richiede molta pazienza e dedizione, tecnica direi. Qui in Texas, l'allattamento viene a dir poco incoraggiato, a volte quasi con arroganza sia dalla societa' che dal personale ospedaliero. Qui, che l'allattamento al seno sia migliore del latte artificiale, non l'ho mai sentito mettere in dubbio da nessuno. Del resto, come non essere a favore valutando tutti i pro e i contro per madre e bambino? E ve lo dice una che ne farebbe anche a meno se non fosse per tutti i benefici che comporta. Qui se non si dichiara di non voler allattare, si viene seguiti automaticamente da almeno una o due consulenti.
Il messaggio fondamentale che mi e' stato passato molto chiaramente durante questa seconda esperienza, e' che allattare non deve essere doloroso, che puo' esserlo all'inizio in modo sopportabile (se facendo un bel respiro e contando fino a dieci il fastidio non si stabilizza o passa del tutto, c'e' qualcosa che non va) e che ci sono diverse strategie e cose da fare per risolvere ogni problematica che si puo' presentare sul cammino. Insomma, puro ottimismo americano all'opera in un momento della vita in cui ce n'e' bisogno piu' che mai.
lunedì 20 luglio 2015
dividere o moltiplicare?
Pero' io lo so che qualcosa bolle in pentola, come e' giusto che sia, e infatti l'altro giorno fa:
- Ti voglio tanto bene Woody.
E io gli rispondo:
- Ti voglio tanto bene Joe. E voglio tanto bene anche a Woody.
- Ma a me di piu'.
- Mmm....no.
- Ma io faccio tante cose per te.
Allora parto con un improbabile discorso metaforico e profondo.
- Lo so, ma vedi Joe l'amore della mamma non funziona cosi'. Se tu hai una torta, ad esempio, e vuoi dividerla in due, ottieni due pezzi piu' piccoli, giusto?
- Si.
- Invece l'amore della mamma e' speciale e molto strano e diverso da tutto il resto perche' se lo dividi ottieni pezzi sempre piu' grandi. Ogni volta che cerchi di dividerlo si moltiplica... non e' incredibile?
Lui rimane in silenzio, sembra che abbia capito o almeno che stia valutando la cosa e poi invece esclama:
- Si, ma io di piu'.
Joe io lo so che non ha senso, credimi. Se me lo avessero raccontato alla tua eta' non ci avrei mai creduto nemmeno io. Arriva un estraneo che non fa niente a parte piangere e piangere forte e dormire e dormire molto poco e mangiare e mangiare molto spesso e gomitare, come dici tu, e io gli voglio immediatamente bene quanto ne voglio a te dopo piu' di quattro anni che ti conosco? Ebbene si, per quanto folle possa sembrare e' proprio cosi', e' come dicono tutti e ora posso confermarlo. Con la matematica non ci vado d'accordo, te l'ho spiegato subito quando eri molto piccolo a scanso di equivoci, ma una piccola regola almeno te la posso insegnare, l'amore non si divide mai, si puo' solo moltiplicare. Non farti troppe domande stavolta, credici.
giovedì 16 luglio 2015
il mercato delle vanita'
lunedì 13 luglio 2015
anch'io
Stavolta, invece, con il piccolo Woody, e' tutto diverso e mi e' tornata in mente la storia delle madri scomparse perche' adesso capisco esattamente cosa fosse successo loro. E' molto semplice: erano stanche, esauste, magari anche un po' esaurite, come me in questo momento. Ci sono mille fattori in gioco in questi casi, ma fondamentalmente il problema e' uno solo: la mancanza di sonno che ti manda ai matti. Dopo una settimana senza dormire per piu' di un'ora e mezza o due di fila, cominci ad avere le allucinazioni, a mettere le scarpe nel frigo e le zucchine nell'armadio. L'ultima cosa che ti viene in mente e' chiamare un'amica, organizzare una visita o un'uscita o qualunque cosa perche' non sai mai come andra' la notte e se avrai almeno un minimo di energia extra il giorno dopo per fare qualcosa che non sia strettamente legato al bambino (o ai bambini, se ne hai altri). Per forza di cose, la tua vita sociale diventa l'ultima delle tue priorità.
L'altro giorno ero d'accordo con un'amica di portare i bambini al parco qua vicino, niente di speciale. Eppure aspettavo l'ora dell'appuntamento con ansia. Non riuscivo nemmeno a spostarmi dal divano dove stavo guardando i cartoni con Joe. Avevo un mal di testa colossale, l'idea di fare quei quattro passi fuori mi attanagliava, come se avessi dovuto scalare una montagna, fare uno sforzo sovrumano, ma allo stesso tempo ero imbarazzata a disdire, non sapevo come spiegare cosa mi stava succedendo. Beh...non ce n'e' stato bisogno. Ha capito tutto da sola, e' venuta, si e' portata via Joe e mi ha lasciato qualche ora per riposare. Mi e' dispiaciuto tantissimo dover scegliere fra passare del tempo con un'amica -e non potete immaginare quanto ne avessi bisogno- e dormire. Che razza di scelta e' poi? Non e' giusto scegliere fra due bisogni cosi' elementari. Ieri notte, finalmente ho dormito (ben cinque ore! Mi sento come di ritorno dalle Maldive, sul serio) e oggi ho lasciato tutto a Mr. J. e me ne sono andata un paio d'ore fuori con lei.
Sono successe delle cose in questo periodo e forse gliene avrei parlato, per giustificare certe mie assenze, certi comportamenti che mi appartengono poco, ma non ce n'e' stato bisogno nemmeno questa volta. Mi ha portato a mangiare un dolce enorme ed e' stata lei a raccontarmi quello che ha passato quando si trovava nella mia condizione attuale e poi ha aggiunto che io ho un grande difetto, non mi piace ne' chiedere ne' accettare aiuto. Mi ha fatto un bene infinito. Solo fra donne puo' esistere questo livello di comprensione e condivisione.
Tante volte, la vita ti mette di fronte a determinati problemi e tu, anche mentre li stai affrontando, sai che sono cose normali e che non e' la fine del mondo, ma... accidenti se fanno male, se sono difficili da risolvere nell'immediato. Io lo so, ad esempio, che Woody fra un paio di mesi probabilmente, lo spero almeno, smettera' di svegliarsi ogni ora e mezza affamato, ma adesso e' veramente un casino.
L'altro giorno, una signora gli ha dato un'occhiata e ha esclamato che bel bambino, come si chiama?
Ci credete? Non me lo ricordavo. Ho avuto un momento di quelli tipo quando ti fanno una domanda a un esame e ti va in pappa il cervello e fai scena muta. Solo che non mi hanno chiesto la differenza fra le virtu' etiche e dianoetiche secondo la morale aristotelica, ma semplicemente il nome di mio figlio.
Quando passi momenti simili l'unica cosa che puo' aiutarti e' quello che ha fatto la mia amica per me, sentirsi dire anch'io. Lei ha avuto le allucinazioni uditive addirittura e ne abbiamo riso e abbiamo anche un po' pianto perche' e' cosi' in questi casi, la vita e' bella come mai prima e forse anche dopo, ma e' dura.
Evviva le donne che si aiutano e questo post e' per chi passa di qui e ha capito perfettamente di cosa parlo. A voi voglio dire che... anch'io.
lunedì 22 giugno 2015
the shopping experience
Mi risponde che e' vero e che chiede subito al suo capo se si puo' fare un'eccezione. Comincio il mio giro fra gli scaffali e dopo un po' vengo raggiunta da un'altra commessa che mi dice che e' tutto a posto e posso usare il mio buono. Come al solito, quando hai uno sconto non trovi nulla che ti piace. Cerco e ricerco e alla fine mi imbatto in un paio di scarpe che possono andare, ma non c'e' il mio numero. Chiedo se possono dare un'occhiata in magazzino e mi dicono che quel numero non c'e', ma possono spedirmele a casa gratuitamente e arriveranno fra due giorni.
La cosa piu' bella in tutto questo e' stata l'espressione sbalordita della mia mamma.
Ci sono tanti pro e contro nel vivere qui o in Italia. Sulla gentilezza dei negozianti, pero' non c'e' davvero paragone, gli U.S. vincono a man bassa.
lunedì 15 giugno 2015
di caitlin jenner e rachel dolezal
Allora. A Washington c'e' un'attivista per i diritti degli afroamericani, tale Rachel Dolezal, che a quanto pare, ha sempre fatto un ottimo lavoro. E' nera. Ci sono molte foto che la ritraggono con il padre, il marito e il figlio di colore e si e' dichiarata anche vittima di discriminazioni razziali.
C'e' solo un piccolo problema, sarebbe tutto falso. L'altro giorno, infatti, una coppia di bianchi ha dichiarato di essere molto preoccupata per la salute mentale della figlia Rachel, nota attivista per i diritti degli afroamericani, che finge da molti anni di essere di colore. La Dolezal avrebbe costruito un vero e proprio castello di bugie. Il presunto figlio sarebbe in realta' il fratello e il padre un impostore. E' tutto molto complesso e poco chiaro, ma avrebbe mentito a tutti.
La notizia e' stata riportata anche dai giornali italiani. Un titolo sembrava avere la soluzione dell'enigma in tasca: Si finge afroamericana per anni per diventare una leader della lotta dei diritti civili dei neri. E i commenti relativi a quell'articolo facevano sorridere per l'ingenuita'. La maggior parte non riuscivano ad andare oltre al fatto che una donna bionda, con le lentiggini e gli occhi chiari fosse riuscita a farsi credere nera.
In realta', come ho spiegato molte volte qui, non tutti i neri sono neri. E' un terreno molto scivoloso, ma e' cosi': ci sono afroamericani dalla carnagione chiara che si dichiarano neri senza sembrarlo e altri che scelgono di passare per bianchi tutta la vita.
Ma l'aspetto interessante della vicenda non e' se questa signora sia pazza, se abbia imbrogliato con un fine e che cosa le sia passato per la testa insomma, ma la reazione della societa' americana a tutto questo.
Il punto centrale del dibattito qui e' subito stato un altro:
perche' se una persona si sente nera, non puo' vivere da nera? Perche' se fa bene il suo lavoro dovrebbe essere penalizzata dall'essere di un colore rispetto a un altro? La nostra societa' non dovrebbe volare al di sopra di queste differenze e guardare alla persona in se'?E tantissimi si sono messi a paragonare Rachel Dolezal a Caitlin/Bruce Jenner, l'ex campione olimpico che proprio pochi giorni fa e' uscita allo scoperto come donna sulla copertina di Vanity Fair.
Devo dire che gia' la storia di Caitlin Jenner mi aveva fatto sentire molto felice di vivere in questo paese. L'idea che qualcuno faccia un gesto simile e venga supportato dall'opinione pubblica nel modo in cui lui lo e' stato, e' meravigliosa. La maggior parte dei commenti che ho letto sia di giornalisti che di persone comuni erano dalla sua parte. E' stato definito ovunque un eroe e un simbolo.
Ora. Anche il caso di Rachel Dolezal e' significativo, ma porta la discussione quasi al paradosso.
Cioe' io potrei dire di sentirmi un uomo asiatico a questo punto ed essere nel pieno diritto di essere trattata come tale? Non so cosa pensare, non ho un'idea, ma adoro il fatto che questo dibattito filosofico esista e che un sacco di gente si stia ponendo come me per la prima volta questo tipo di domande.
domenica 14 giugno 2015
nonni e nonni
Ecco, in questo la Nonna Squalo e' davvero una voce fuori dal coro. Quando le togli un nipotino per farla riposare un attimo, ti sembra quasi di farle un torto.
La Nonna Squalo viene dall'altra parte del mondo per vedere i suoi nipoti e non per modo di dire. 24 ore su 24 sempre con loro.
Gioca, canta, coccola, fa qualsiasi cosa per loro e con loro. Non sta ferma neanche a legarla.
giovedì 11 giugno 2015
l'incidente di mckinney
martedì 9 giugno 2015
dare un nome alle cose
Parlare chiaro e dare un nome alle cose aiuta sempre.
giovedì 4 giugno 2015
il turbinoso arrivo di woody
Woody e' nato pochi giorni fa e certo, il momento in cui l'ho visto per la prima volta, e' stato fortissimo, indimenticabile e perfetto, ma la verita' e' che quasi tutto quello che c'e' stato prima e anche dopo e' stato ed e' ancora, piuttosto difficile. In tutta la vita, non credo di aver mai sofferto tanto fisicamente e per quanto tu possa essere razionale e determinato e straentusiasta di una situazione, che tra l'altro hai desiderato con tutte le tue forze, dopo un po' succede che dal corpo il malessere passi allo spirito. E' fatale forse, mettiamoci anche gli ormoni impazziti. Ti manca l'energia, hai cosi' tante limitazioni che praticamente tutto quello che amavi fare prima ti e' precluso. Ci vuole tanta pazienza, una qualita' di cui non sono mai stata molto provvista purtroppo.
Eppure quando nasce un bambino, si dice mamma e bambino stanno bene e sembra sempre finisca tutto li', come nelle favole. Una specie di e vissero felici e contenti prima che tutto cada nell'oblio.
Allora, vado un po' controcorrente e vi racconto come qualche volta vanno davvero le cose.
Quando e' nato Joe, c'e' stato un grande problema durante il parto. Ho rischiato grosso, ma non lo sapevo prima e l'incoscienza mi ha aiutato ad affrontare la situazione. Questa volta invece, e' stata tutta un'altra storia. Mi hanno spiegato che succede molto raramente, ma per mia immensa (s)fortuna, ho avuto di nuovo lo stesso identico problema e con rischi perfino piu' gravi essendo la seconda volta. Quello che mi faceva piu' impressione nelle ultime settimane prima del parto era il modo in cui mi parlavano i medici. Non erano mai di fretta. Mi chiamavano anche a casa e mi spiegavano tutto nei minimi dettagli. Le visite potevano durare intere ore ed ero sempre io a decidere quando era abbastanza. Non so come funzioni in Italia o nemmeno se sia normale qui, ma il problema in questo mio caso particolare, era che toccava a me, una volta compresi i rischi, decidere che tipo di intervento volevo. Ho sentito mille pareri, ma era proprio uno di quei casi in cui non c'e' solo un modo di operare oppure, come disse una volta il mio fantastico e super rassicurante ginecologo asiatico traducendo letteralmente dalla sua lingua credo, there is not just one way to kill a chicken, non c'e' un solo modo di uccidere una gallina.
Dopo essere finita in ospedale un mese prima del parto, dal mio lettuccio, a riposo forzato, ho cominciato a fare dei pensieri strani. Sulla mia sopravvivenza, soprattutto. Anche in questo caso, come con Joe, sapevo che il rischio era tutto mio e che il bimbo stava bene e questo mi aiutava moltissimo, certo, ma sostenere tutte quelle conversazioni su quanti litri di sangue avrei potuto perdere e su cosa era andato storto alle madri che prima di me non ce l'avevano fatta, mi aveva provato emotivamente. Alla fine avevo scelto la strada che diminuiva al minimo il mio rischio di perdere la vita, ma che portava con se' tanti altri rischi, come quello di tornare in sala operatoria dopo qualche giorno o perfino di subire qualche danno permanente.
Il giorno dell'operazione le infermiere mi dicevano che un caso come il mio capitava si e' no una volta l'anno e che mi portavano da un'altra parte ed era tutto un po' diverso. Tutto lo staff venne a salutarmi e a presentarsi, dalle infermiere, all'anestesista. A un certo punto, nell'attesa di iniziare, il mio medico, quello della gallina, mi prese lungamente la mano nel tentativo di darmi conforto. Un comportamento talmente fuori dal suo personaggio che ottenne il risultato opposto di darmi perfettamente la misura dei pericoli a cui stavo andando incontro.
Ad operazione iniziata, Mr. Johnson era li' con me e io stavo bene, ero serena, vigile e non avevo nessun dolore. Dopo pochissimi minuti, abbiamo sentito il pianto di Woody. Davvero si', uno dei singoli momenti piu' esaltanti della nostra vita. E poi, nello stupore generale, un'operazione che si pensava sarebbe dovuta durare ore e' finita quasi subito, o almeno questa e' stata la mia percezione. E' andato tutto nel modo migliore possibile. Non e' successo niente di tutto quello che avevamo paventato. Non mi sono mai sentita tanto fortunata nella vita, e' stato incredibile, surreale, un sogno ad occhi aperti.
Questo di solito e' il momento che dicevamo, quello in cui il padre esce dalla sala operatoria e dice "mamma e bambino stanno bene" e cala il sipario perche' e' arrivato il lieto fine. Pero' siccome non e' una favola e nella realta' raramente vissero tutti felici e contenti e basta, sono successe tante altre cose. Per quanto sia andata molto meglio del previsto, l'operazione non era comunque una passeggiata. Oltretutto, uscita dall'ospedale mi sono beccata una febbre alta che non si sapeva da dove arrivasse e tanti altri problemucci che dopo due settimane stanno solo cominciando a migliorare.
Mi sono fatta un'idea sul perche' di tutto questo. Credo che il mio corpo stesse continuando a mandarmi chiari segnali di smettere di fare bambini. Lui non sapeva che il messaggio era gia' stato ampiamente recepito.
Adesso siamo in questa fase un po' complicata di stupore e meraviglia permanente per questo secondo essere perfetto e sublime che e' entrato a fare parte delle nostre vite e tante altre cose meno piacevoli. Le preoccupazioni per la sua salute fisica (niente di grave, era un po' prematuro e ha perso un po' piu' peso del previsto) e per le enormi insicurezze di Joe condite da un mio livello di energia bassissimo per affrontare tutto questo nel modo piu' pieno e sereno.
Chissa' forse e' il mio destino quello di avere sempre un qualche rimpianto, ma in questo caso, mi sarebbe davvero piaciuto godere di piu' di tutto questo, a partire dalla gravidanza e poi tutto quello che e' venuto dopo. Avrei voluto che gli ultimi mesi fossero stati un po' meno difficili e angoscianti, ma e' andata cosi'. Anzi. E' andata benissimo comunque.
Mi viene in mente quello che dice sempre una mia amica in carriera, con tre figli piccoli e mille impegni. Qualunque cosa ci possa capitare di brutto o doloroso, guarderemo sempre a questi anni e a questi giorni, come i piu' belli della nostra vita.