Lo shock culturale mi affascina perche’ e’ qualcosa che riguarda tutti noi in una miriade di modi diversi. Quando arriviamo in un paese nuovo ci colpiscono le differenze piu’ macroscopiche, poi pian piano con il passare degli anni, cominciamo a cogliere i dettagli minori e le sfumature e il cerchio si chiude quando torniamo nel nostro paese e tutto si ribalta e ci stupiamo di quello che prima del viaggio era la normalita’. La parte migliore e’ che non e’ nemmeno necessario viaggiare per provare tutto questo, basta frequentare degli stranieri a casa propria.
E quello che ho appena descritto, capita a qualunque eta’. A tre anni se vivi a Dallas e vai per un mese a Milano, ti colpiscono queste cose.
Per Joe, i primi giorni, e’ stato difficile abituarsi all’idea che le formiche italiane sono innocue e non pizzicano. Non ci sono le formiche del fuoco come in Texas anzi fondamentalmente non c’e’ nulla di pericoloso in giro (niente serpenti, ne’ ragni velenosi…). Una volta capito questo, non ha piu’ voluto vedere un paio di scarpe fino alla fine della vacanza. Che quando gli ricapita giustamente.
La seconda cosa e’ stata fargli capire che il bidet non e’ un lavandino, ma non e’ nemmeno un gabinetto. Un oggetto dagli imprevedibili risvolti misteriosi per il giovane dallasiano insomma, ma comunque dotato di un certo fascino.
Due cose hanno meravigliato Joe ogni giorno in Italia: i sassi, qui ce ne sono pochissimi, e le campane delle chiese. Cos’e’ questo rumore? Ooooh.
Quello che ha capito immediatamente, e non so se sia vero, e’ che i bambini italiani non fanno tanti convenevoli. Le prime parole che ha sentito al parchetto, ad esempio, sono state stai zitto te che ti tiro un cassotto. Qui non e’ mai successo e nemmeno ho mai sentito nulla del genere in otto anni, faccio fatica perfino a immaginarlo, ma non so bene cosa pensare, magari e’ una questione linguistica.
Ma passiamo ad altro. La metropolitana e’ stata un’esperienza quasi mistica. Un treno - e gia’ quello a Dallas e’ qualcosa di speciale- che per di piu’ va sotto terra. E si riesce anche a respirare. Non e’ mai riuscito a rilassarsi pero’, troppe questioni da capire.
Per quanto riguarda la lingua, una cosa non gli entrava mai in testa: che la motocicletta e il motoscafo sono decisamente due cose diverse cosi’ come l’elicottero e il fenicottero. Pero’ ho visto il suo italiano migliorare a vista d’occhio nel giro di pochissimi giorni. Ha preso proprio delle espressioni tipiche che sentiva li’. Dopo qualche settimana, mi ha dato l’impressione di regredire un filo. A un certo punto inventava canzoni che sembravano in inglese, ma che invece non avevano senso. Quando siamo tornati qui ha cominciato a usare i verbi come se li traducesse letteralmente dall’inglese ‘sto colorandolo’ ‘I’m coloring it’. In generale, pero’ vedo che il suo uso della lingua e’ migliore di quello che aveva prima dell’estate.
Conosco tanti genitori stranieri qui che si dannano l’anima perche’ i figli imparino bene la lingua d’origine. Per noi, invece, e’ sempre stato tutto molto spontaneo e semplice e per ora sta funzionando. L’unica cosa che facciamo e’ parlare in italiano e cosi’ lui fa lo stesso, senza nemmeno pensarci, da quando e’ nato. Avendo visto l’esperienza di tanti altri nella nostra situazione, mi sembra il metodo migliore, quello che da’ piu’ risultati con meno fatica. Ultimamente abbiamo cominciato a leggere l’edizione originale di Pinocchio, un capitoletto alla volta, e mi stupisce il fatto che bene o male riesca a seguire la storia. Spero che continui a coltivare sempre il suo italiano cosi’, senza nemmeno rendersi conto di farlo, in modo naturale e piacevole.