Le mamme e i figli hanno sempre un loro codice indecifrabile e tanti piccoli e grandi segreti, alcuni detti e altri nascosti fra le pieghe delle numerose ore passate insieme. Il piccolo Joe e io non facciamo eccezione a questa regola.
Ultimamente, ad esempio, a volte ci scrutiamo seri un attimo e poi uno dei due sbotta:
- Ciao! Ti piace il mio cappello?
Nessuno indossa un cappello naturalmente.
- No, non mi piace il tuo cappello.
- Arrivederci.
- Arrivederci.
E’ un piccolo passaggio di uno dei nostri libri preferiti, un classico della letteratura americana per bambini, “Dog, Dog. Go!” di P. D. Eastman. Ci piace per le illustrazioni vintage e perche’ assomiglia un po’ a una filastrocca senza senso.
Anche se poi pensavo prima, dopo tre anni che glielo leggo, che non e’ proprio cosi’.
Piu’ volte nel libro avviene il dialogo riportato di sopra fra gli stessi due personaggi e non e’ cosi’ banale in fondo, tanto e’ vero che a entrambi e’ rimasto impresso piu’ di tutto il resto.
Nella vita reale e’ impegnativo avere a che fare con il rifiuto e con il giudizio degli altri in genere. E’ una cosa a cui ho pensato molto in questi ultimi mesi.
Non e’ semplice dire esattamente quello che si pensa.
“Non mi piace il tuo cappello” e’ una frase di un coraggio spaventoso. Quante volte vi e’ capitato nella vita di dire o ascoltare qualcosa di simile?
E ancora meno semplice e’ accettare un giudizio del tutto negativo senza farsene schiacciare, senza abbattersi e senza perdere l’entusiasmo necessario a riprovare e poi ancora e ancora.
Ogni libro, come ogni persona del resto, entra nella nostra vita per farci vedere qualcosa.
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