Mi piacerebbe potervi raccontare che le hostess mi hanno offerto fiumi di champagne e che tutto e' filato liscio come l'olio, ma purtroppo il viaggio è stato un'odissea, come di consueto. La prossima volta che qualcuno mi dice non capisco perchè ti agiti, l'importante è avere il passaporto e il biglietto, lo sbrano. Tutti avvisati, eh. E' che sono viaggi relativamente impegnativi di per sè, con bambini al seguito rasentano la temerarietà. Tutto può succedere e quando dico tutto, intendo tutto sul serio. Ma c'è un lato positivo, prima o poi si arriva.
Vivo in un paese qualunque alle porte di Milano, non a Roma o a Firenze o in uno di quei posti turistici che frequentano gli stranieri, eppure l'altro giorno, quando sono arrivata in bicicletta, nella piazza del mio paese mi sono commossa. Era una piazza, una piazza vera, piena di gente, viva, caotica, anche in un pomeriggio qualsiasi nel mezzo della settimana. Anziani, bambini che giocavano a calcio, amici che si incontravano per caso e che si salutavano ad alta voce e si baciavano sulle guance con affetto e teatralità.
Queste sono cose a cui non ho mai dato importanza vivendo qui, ma che io in Texas, non ho. Laggiù non esiste l'idea di prendere la bicicletta per fare un giro o comprare qualcosa, al massimo si carica la bicicletta in macchina e si va al parco. Non esiste andare in piazza a mangiare un gelato o semplicemente vedere chi c'è, di solito ci si dà appuntamento per fare qualcosa di ben preciso e delimitato nel tempo.
L'Italia ha mille problemi e spesso ti sfianca e ti avvilisce con la sua burocrazia e le sue complicazioni, ma ha anche mille vantaggi che ti rendono la vita più colorata.
Il piccolo Joe è tranquillissimo. Lo lascio molto con i miei genitori e non sento nessuna ansia. Mi colpisce la naturalezza del loro rapporto. Lo viziano un po', certo, ma lo trattano normalmente proprio come trattavano me e mia sorella da piccole, e lui li segue, si sente a casa. Credo che Skype abbia molti meriti in tutto questo e forse anche tutte le lettere. Fin da piccolissimo gli lascio a disposizione biglietti colorati e buste in modo che possa scrivere ai nonni quando vuole e lui lo fa, lo ha sempre fatto. Ogni tanto scrive a uno di loro, cioè più che altro disegna, e così so che sono nei suoi pensieri. Tutti i suoi bigliettini sono appesi al frigo dei nonni, ormai è sommerso.
La mia vita qui è piena di cose belle, non solo arte e musica (in una settimana, nonostante i mille contrattempi, sono già stata alla mostra di Klimt a Palazzo Reale e al concerto di Vinicio Capossela a Villa Arconati), ma anche e soprattutto conversazioni che vanno al di là delle piccole cose di tutti i giorni e che mi lasciano sempre qualcosa dentro, che sia una domanda o una risposta. Ci sono diversi problemi pratici in Italia, la crisi bla bla bla, ma a me sembra che la preoccupazione principale dei miei amici qui sia il miglioramento di se stessi come esseri umani. Trovo estremamente affascinante parlare con loro e ascoltare le loro storie, il modo in cui ognuno sta perseguendo questo obiettivo. C'è chi fa volontariato, chi fa viaggi avventurosi, chi fa teatro o dipinge, chi scrive. Sono tutti inquieti, tutti in movimento, curiosi e assetati di novità. E' una cosa che dall'altra parte un po' mi manca. Dall'altra parte, qualche volta, vedo voglia di dimostrare di fare o essere delle cose, ma poca sostanza. Non conosco nessuno di là, ad esempio, che abbia mai manifestato il desiderio di aiutare gli altri se non monetariamente, per cui quando questi amici mi hanno raccontato con tutta normalità di dedicare una mattina a settimana, non i loro soldi, ma il loro tempo prezioso, ai malati terminali, mi si è aperto un mondo. Forse avverto semplicemente il difetto del quotidiano che non appartiene al Texas, ma è ovunque. Il quotidiano che un po' uccide i temi importanti, sdrammatizza e rimpicciolisce tutto, delle volte anche noi stessi.
Questo ritorno mi sta arricchendo, ho pensieri nuovi. Non è tutto sempre semplicissimo, ma sono felice di essere qui.