Ci sono persone che capitano nella tua vita per caso, che ti scivolano accanto una miriade di volte, ma che non ti sfiorano mai, quasi fossero un rumore di sottofondo, qualcosa a cui non presti mai attenzione, tranne per notare che sono li’ da un po’ ormai. Persone che non ti sei scelto, che fondamentalmente non ti interessano e non ti incuriosiscono, ma da cui un giorno, all’improvviso, puoi anche capire di non essere poi cosi’ distante come ti eri immaginato. Puo’ darsi che ad avervi separato fino a quel momento non sia stato altro che un sottile malinteso reciproco.
E’ iniziato tutto con una di quelle situazioni in cui non sai nemmeno da dove cominciare a rompere il ghiaccio, ma qualcosa lo devi pur dire. Devo essere stata io a tirare fuori l’argomento, le pulizie di primavera. Cosa c’e’ di piu’ banale, no? Mi e’ parso un argomento perfetto per quel momento, anche se, per quanto possa sembrare assurdo, le riorganizzazioni e le pulizie sono una sorta di tarlo costante e serissimo che ho da un po’ di tempo a questa parte. Non volevo certo spiegarlo, cercavo solo di riempire un silenzio. Non mi andava di raccontarmi, non mi sembrava che l’interlocutore lo meritasse. Non mi andava di dire che quello di cui stavo parlando in realta’ non era una pura sciocchezza come le pulizie di primavera, ma qualcosa di piu’ generale e astratto, un’esigenza profonda di rinnovamento e di chiarezza, di organizzazione un po’ in tutti i settori della vita.
Beh, a giudicare dalla piega che la conversazione ha preso, protraendosi poi per ore, fino a notte fonda, puo’ darsi che in qualche modo abbia detto esattamente quello che avevo in mente fallendo nella superficialita’ che mi ero lucidamente prefissa.
Che miracolo. Di solito si fa una fatica immane nel tentativo disperato di spiegarsi, di capire e di farsi capire e invece per una volta e’ arrivato tutto cosi’, senza nessuno sforzo. Sto pensando che, chissa’, puo’ darsi che in tutti questi anni questa persona mi sia apparsa cosi’ estranea semplicemente perche’ era piu’ avanti di me, anzi era gia’ arrivata piu’ o meno nella direzione in cui pian piano forse sto andando anche io.
- Quando e’ morta mia madre, una delle cose piu’ difficili per me e mia sorella e’ stata tornare a casa sua e decidere cosa fare di tutte le sue cose. Mi madre era una di quelle persone incapaci di buttare perfino la spazzatura. Non sai quanto cibo scaduto da anni abbiamo trovato. E alla fine, e’ toccato a noi, sbarazzarci di tutta quella roba al posto suo. Ci sono volute settimane, e’ stato straziante. Gli oggetti piu’ preziosi, i due anelli che aveva disegnato lei stessa e che ci aveva regalato prima di morire, li abbiamo fatti seppellire insieme a lei. Abbiamo deciso di comune accordo, io e mia sorella, che era giusto cosi’, che appartenevano a lei, non a noi, ma non e’ stato semplice prendere una decisione cosi’ irreversibile.
Di lei mi e’ rimasta solo una grande scatola. Mia madre amava scrivere. Nel periodo in cui ho vissuto fuori citta’, mi ha scritto una lettera ogni settimana. E’ andata avanti cosi’ per anni. E poi ogni ricorrenza, ogni volta che ci scontravamo. Era il suo unico modo di aprirsi, di esprimere davvero quello che provava. Scrivere, non si risparmiava certo lei nello scrivere.
Ecco, quella scatola me la sono trascinata dietro per anni e anni. Di trasloco in trasloco. Senza mai aprirla. E’ sempre rimasta con me finche’ a un certo punto ha cominciato a pesare. Pesava al punto da cominciare a farmi perdere l’equilibrio, a trascinarmi giu’. Quella scatola sigillata, mi stava impedendo di andare avanti e cosi’, finalmente, dopo molti anni, sono riuscita ad aprirla. Ho scelto una lettera, una sola, che ogni Natale tiro fuori e rileggo e ho buttato via tutto il resto.