Venerdi scorso il piccolo Joe ha avuto una giornata di quelle che ricordero’. Non capisco cosa gli stesse succedendo, ma non ha fatto altro che urlare e ribellarsi a qualunque cosa per tutto il giorno. Sono sincera: non lo sopportavo piu’. Non ha dormito cinque minuti e non si e’ fermato un solo secondo. Piuttosto che niente si metteva a tirare fuori tutti i giochi senza usarli, non c’era piu’ un centimetro di pavimento libero e non eravamo nemmeno a casa nostra. Ero esausta, anzi piu’ che esausta, proprio arrabiata. Alle cinque del pomeriggio ho deciso di andare in palestra. Piu’ che altro perche’ era l’unico posto in cui avrei potuto lasciarlo senza essere denunciata per abbandono di minore. Di solito dopo un po’ di movimento mi tranquillizzo, ma niente, umore pessimo mentre lui continuava con la sua rivolta che io probabilmente stavo alimentando. Non riuscivo nemmeno a guardarlo. Non volevo che vedesse quanto poco bene gli volevo in quel momento, non mi ero mai sentita cosi’ verso di lui.
Fortunatamente quella sera, sono riuscita a fare una lunga chiaccherata con una carissima amica che aveva avuto una giornata piuttosto simile alla mia ed e’ bastato quello per rimettere tutto nel giusto ordine di idee.
La mattina dopo, non vedevo l’ora che il piccolo Joe si svegliasse per sbaciucchiarmelo tutto e fargli sentire di nuovo tutto l’amore che per un momento forse si era fermato o non era riuscito a uscire fuori e arrivare fino a lui come sempre. Anche lui era piu’ affettuoso del solito. Credo ci sentissimo in colpa entrambi in fondo. O qualcosa del genere.
Volevo fare qualcosa di bello con lui, cosi’ l’ho portato ad ascoltare le favole in una libreria vicino a casa. Quando le favole sono finite, ci siamo fermati a guardare un po’ i libri. A un certo punto, me ne ha portato uno da leggere. Si tratta di “Where the wild things are” di Maurice Sendak. E’ un grande classico, ma non lo avevo mai letto. Conoscevo l’autore per via di una serie di bellissime interviste che aveva rilasciato nel mio programma radiofonico preferito ed ero sicura che sarebbe stato un libro speciale, ma non fino a questo punto.
Quando ho cominciato a leggere, e’ successa una cosa rarissima e magica, mi sono accorta che quel libro parlava proprio di noi e di quello che ci era successo. Non potevo crederci perche’ non ci sono molti libri per bambini che parlano di mamme arrabiate e figli dispettosi. E’ stato rassicurante in quel momento vedere questa particolare situazione rappresentata, un po’ come quando ti dicono che il male che hai ha un nome.
L’abbiamo comprato e lo abbiamo gia’ letto diverse volte. Credo che l’ultimo libro che mi ha fatto piangere cosi’ sia l’autobiografia di Johnny Cash, ma li’ piangevo per la storia, qui per la poesia.
Maurice Sendak non ha mai avuto figli, eppure era in grado di notare ed esprimere sentimenti estremamente sfuggevoli e difficili come questi, che gran dono l’empatia. Mi sarebbe tanto piaciuto chiedergli un paio di cose.
*E’ il titolo della versione italiana.