Si prepara di corsa e esce di casa per andare al lavoro. Stranamente e’ in leggero in ritardo. Non deve essere semplice riposare accanto a qualcuno che non dorme e non fa altro che rigirarsi e andare su e giu’ per la casa tutta la notte. Dalla camera da letto dove cerco in vano di riposarmi ancora un po’, sento il garage aprirsi e la macchina mettersi in moto. Dopo un minuto, la porta di casa che si riapre e lui che corre dentro, lui che non dimentica mai niente e che soprattutto: non corre. Io comunque non sono mica tanto sveglia.
- Dimmi l’indirizzo di casa nostra!
- Cosa?
- Ripetimi l’indirizzo di casa nostra!
- Va bene…allora…45….4509…
Non riuscivo a dirlo in quel momento, ero troppo stanca. Poi, vedo che fa sul serio, lo dico e…
- No! Ma non ci siamo cosi’ si perde tempo prezioso! Quando chiami 911, devi dire l’indirizzo per prima cosa, ma cosi’ non ti capiscono, lo sapevo! Ripeti….
E mi fa ripetere l’indirizzo una decina di volte. Quando si fa troppo tardi oppure ritiene che sia in grado di chiamare un’ambulanza nei tempi e nei modi che ritiene opportuni, se ne va. Cosi’.
- E mi raccomando, eh. Tu riposati e basta, faccio tutto io e per qualunque cosa chiamami e tieni il telefono a portata di mano. E rispondi subito se ti chiamo che se no mi preoccupo.
E cosi’ ci siamo quasi. Fra un paio di settimane conosceremo finalmente Baby J Scorreva tutto tranquillo, finche’ un giorno all’improvviso abbiamo realizzato che manca davvero poco. Lo devono avere realizzato in contemporanea piu’ o meno tutti. Nonni, zie, zii, amici. Ricevo un sacco di chiamate ogni giorno. Se non rispondo all’istante perche’ magari banalmente sto parlando con qualcun altro, loro si chiamano fra di loro per sapere se e’ successo qualcosa. Per di piu’ l’altro giorno c’e’ stato una sorta di piccolo falso allarme e ho scoperto l’effetto bomba di una semplice parolina: contrazioni. Il dottore dice questa parolina, Mr. Johnson e’ seduto alle sue spalle e fa una faccia che non dimentichero’ mai, non capisce piu’ niente. Addirittura tocca a me spiegare a lui che cosa ha detto il dottore in inglese. Contrazioni, gia’. Non me ne sono nemmeno accorta e poi sono finite, ma a questo punto, tutto puo’ essere, due settimane, tre o anche molto meno. Quando ho detto questa parolina a mia madre, con tatto cercando di introdurla alla remota possibilita’ che non faccia in tempo essere presente, mi ha praticamente chiuso il telefono in faccia. Poi mi ha spiegato: era andata a chiamare l’agenzia per cercare di cambiare il biglietto di andata. L’idea che mia madre e Mr. Johnson reagiscano esattamente allo stesso modo in questa situazione mi fa una certa impressione.
E io? Tranquilla. Non me lo spiego nemmneno il motivo di questa presunta tranquillita’, io ad agitarmi ci sono sempre riuscita benissimo per molto meno. Forse e’ la stanchezza, la mancanza di sonno. O forse in certi casi e’ solo che a pensarci davvero, c’e’ troppo da preoccuparsi. Diventare genitori, non sentirsi pronti, essere sul serio a un punto di non ritorno. E allora si va cosi’, in automatico, seguendo le correnti di una realta’ in continuo movimento e cambiamento. Che’ poi, a me questa realta’, cosi’ com’e’, anche ora in questo preciso istante, comunque non dispiace. Continua a essere una dolce attesa.
Ancora per poco.