Una volta, tanto tempo fa, vi raccontavo della presunzione che riscontravo in certi italoamericani che pensano di avere in tasca chissa’ quale verita’ precostituita sull’Italia e guai a contraddirli. Si chiaccherava di una famosa attrice che, in nome delle origini italiane, non ha trovato di meglio che chiamare la figlia Luca Bella, ma anche fra la gente comune non e’ poi cosi’ raro incappare in nomi italiani piuttosto improbabili. Recentemente mi sono imbattuta in una La Donna e una La Tonia, per esempio. Ora forse, dopo anni, comincio a capire di chi e’ la colpa. Per motivi facilmente immaginabili mi sono trovata a gugolare, su consiglio di un’amica americana, le parole Italian baby names e ho capito subito a cosa deve essere andata incontro la povera Jennie Garth, era lei la madre di Luca Bella. Primo nome: Agosto. Non promette nulla di buono. Secondo nome Aldabella. Di bene in meglio. E scorrendo la lista, malignamente mischiati a nomi normalissimi, si trova perfino di meglio: Andria, Alonza, Conchetta, Bambalina (!!), Annata, Cameo, Caprice, Delanna, Esta, Luzio, Majella, Zanipolo, un vero delirio, per non parlare poi dei significati inventati che attribuiscono a un sacco di nomi. Sono sicura che se scrivessi al sito in questione che sono italiana e che si sono dimenticati il nome Lumaca, lo aggiungerebbero. Lumaca Bella, perche’ no?
mercoledì 30 giugno 2010
martedì 29 giugno 2010
donne del far west
E cosi’ racconti alla Nonna del Far West che hai trovato un serpentello in giardino e la risposta e’:
- Oh honey, ne trovo tre al giorno nel pollaio, vanno matti per le uova, ma io li afferro con il rastrello e gli taglio via la testa con la zappa. Non c’e’ da preoccuparsi.
La Nonna del Far West evidentemente ha un suo tortuoso modo per farti diventare simpatici i serpenti.
lunedì 28 giugno 2010
mai fare troppe domande
- Ma non hai mangiato nemmeno una pizza quand’eri in Italia?
- Come no! Ho mangiato una pizza buonissima quel giorno che sono andata in Svizzera!
- ...
domenica 27 giugno 2010
cortocircuito
Il giorno del mio compleanno avevo mille piani. All’inizio, diciamo fino alle due del pomeriggio, tutto e’ filato liscio, a un certo punto pero’ qualcosa e’ successo: una sorta di cortocircuito generale. Alle undici di sera, invece di trovarmi in un bel posto a festeggiare, ero in un parcheggio ad aspettare il carroattrezzi, anche un bel parcheggio, quasi panoramico se cosi’ si puo’ dire e in ottima compagnia, pero’ sempre un parcheggio. Si e’ rotto praticamente tutto quello che si poteva rompere, o quasi, e nel giro di un paio d’ore. Si e’ rotta anche la connessione internet e ci sono voluti ben tre giorni per fare arrivare un tecnico (un fenomeno tra l’altro: non voleva saperne di entrare in casa per terrore dei bracchetti chiusi in una stanza, dalla voce gli sembravano minacciosissimi). Devo dire che l’isolamento, anche se ci ho messo un attimo ad ammetterlo, alla fine non e’ stato per niente un male, anzi.
Tutto cio’ e molto altro, dicono, mi renderebbe sempre piu’ la candidata ideale ad avere ereditato la famigerata sventura del giorno del compleanno di T. Johnson che fin dall'eta' di sette anni ha visto funestato il giorno del suo compleanno dalle piu' indicibili catastrofi, compreso un tornado che ha spazzato via la sua casa nel 1976 e un incidente grave occorsogli mentre, rassegnato a non uscire quel giorno, si preparava una banale torta di compleanno. A me finora non e’ andata cosi’ male, pero’ insomma. Forse dovrei fare meno programmi l’anno prossimo, una bella dormita e per i festeggiamenti se ne riparla il giorno dopo che e’ meglio.
Ma non sono superstiziosa, ci tengo a specificarlo, mi limito a prendere precauzioni.
mercoledì 23 giugno 2010
life is just what happens to you, while you’re busy making other plans*
Ogni compleanno a casa aveva i suoi riti. Oltre alla torta e magari la festa non si poteva sfuggire a:
- le visite degli zii
- le decine di telefonate dal Salento
- il racconto della nascita: corsa all’ospedale, momenti di panico, descrizione dettagliata del neonato, somiglianze, eventuali giudizi estetici e frasi storiche del dottore e di tutti i convenuti. Una per tutti: la profetica vicina di casa che vedendo mio padre che attaccava il fiocco rosa al portone borbotto’ in modo da essere sentita ecco, e’ nata un’altra rompiscatole
- il momento degli aneddoti imbarazzanti: inevitabile
- e quello delle frasi di rito, tipo sembra ieri o e’ incredibile che fai gia’ --- anni grazie comunque, ora si’ che mi sento meglio. Una delle frasi di rito di mia madre e’ sempre stata tornassi indietro rifarei tutto daccapo. E io non l’ho mai capita questa cosa. Ho sempre pensato che assolutamente no, se tornassi indietro rifarei tutto molto molto meglio, ma forse ora ci sono finalmente arrivata anch’io. Se non avessi fatto tutto quello che ho fatto, anche gli errori, non sarei qui e allora se per essere qui dovessi rifare tutto, lo rifarei perche’ e’ qui che voglio essere.
Strano come cambino i genitori ai nostri occhi quando stiamo diventando genitori a nostra volta. Che ci piaccia o no, ci riscopriamo simili a loro in tanti piccoli gesti e per la prima volta capiamo davvero quello che hanno fatto per noi. E io oggi, cosa rarissima, la penso proprio come lei.
E cosi’ possiamo dare la crisi dei trent’anni per ufficialmente superata. Fate un brindisi voi al posto mio.
(Qual e’ la prossima? Trentacinque? Quaranta? No, giusto per non farmi cogliere di nuovo alla sprovvista…)
*Questa e’ per me, per il mio compleanno, appurata la scientifica impossibilita’ di smetterla di commuoversi praticamente per qualunque cosa.
lunedì 21 giugno 2010
sulla squadra americana invece
Un’altra cosa curiosa dei mondiali riguarda la squadra degli Stati Uniti. Venerdi non ho guardato la partita, ma a quanto tutti dicono qui, c’e’ stata una grossa ingiustizia nei loro confronti del tipo che gli hanno annullato un gol regolare o qualcosa del genere. Ecco, sono tutti contentissimi. I commentatori dicono che quel gol annullato ha fatto piu’ per il calcio americano che qualunque altra cosa sia potuta accadere negli ultimi trent’anni dello sport. Dicono che grazie a questa presunta ingiustizia gli americani si sono accorti del calcio e hanno cominciato a appassionarsi. [E io che ero cosi’ contenta di non dover sentire piu’ discussioni sul calcio…]. E poi sono contenti anche perche’ essendo loro a subire un torto per una volta, hanno fatto simpatia a tanti in giro per il mondo, non accade spesso in effetti. Il solito ottimismo americano.
don’t buy the ‘gazzetta dello sport’ tomorrow
La partita qui e’ iniziata alle nove di mattina e questa volta, sperando di incontrare qualche italiano siamo andati a vederla in un ristorante italiano. Ideona. C’erano un egiziano, tre americani, tre italoamericani gasatissimi con maglietta della nazionale e due italiani, io e il cuoco che giustamente doveva preparare da mangiare. Allora, di calcio non ne capisco niente, lo dico subito, pero’ i telecronisti di ESPN, il canale su cui tutti di solito guardano la partita, erano assurdi. Un inglese e uno scozzese che non hanno fatto altro che elogiare la Nuova Zelanda e fare i sarcastici con noi. Avevano ragione? Mah, forse anche si, tanto e’ vero che il cuoco barese verso la fine della partita se n’e’ uscito dalla cucina gridando Dai Nuova Zelanda che te lo meriti, mannaggia a noi mannaggia. Va bene abbiamo fatto un po’ di scene sui falli, ma che bisogno c’era di definirci ‘profondamente patetici’? E che bisogno c’era di sottolineare venti volte l’impresa della squadra numero settantaepassa che tiene testa ai campioni del mondo con conseguente ‘imbarazzo monumentale’ di questi ultimi? ‘Imbarazzo monumentale’, ha detto proprio cosi’, per poi chiudere la telecronaca con un invito: ‘don’t buy the Gazzetta dello sport tomorrow’ come se noi ci giudicassimo sempre migliori di quello che siamo realmente (a me sembra piu’ che altro il contrario poi non so nel calcio). Menomale che ci sono i francesi a farci passare in secondo piano.
sabato 19 giugno 2010
storia di un bambino
Ci fu un dottore, un anno prima, che le disse che se avesse voluto un figlio avrebbe dovuto sottoporsi a un’inseminazione in vitro e chissa’ cos’altro. Decise di chiedere un secondo parere. Il secondo parere smenti’ completamente il primo. A quel punto avrebbe dovuto cercarsi una terza opinione e capire chi aveva ragione, non lo fece. Decise, cioe’ decisero, di adottare un bambino, di non pensarci piu’ e di tenersi le loro incertezze e speranze cosi’ com’erano, senza accanirsi, tanto nella vita poi alla fine non si sa mai. A quel punto, comincio’ la risalita. Dei mesi splendidi di ritorno alla vita, di amore, di soddisfazioni lavorative e soprattutto di preparazione all’adozione. Una cosa che le riempi’ completamente l’anima e la testa, che la fece crescere in cosi’ tanti modi che non riuscirebbe nemmeno a spiegarlo. Le sarebbe piaciuto molto raccontarvi quel viaggio, essere magari utile a qualcuno che ci stava ragionando, ma certe cose sono davvero troppo troppo grandi per essere guardate da vicino. Scrisse a un’amica che aveva problemi simili a quelli che aveva avuto lei, che non aveva ottenuto quello che voleva e che non era mai stata cosi’ felice, che c’e’ sempre speranza nella vita e lo affermava con la convinzione di chi lo ha scoperto da solo. Impiegarono un mese a compilare tutti i documenti necessari. Lo chiamarono il giudizio universale. Quando decidi di adottare, ogni minimo aspetto della tua vita viene passato al microscopio e devi dar conto di tutto, ogni piu’ insignificante dettaglio dall’infanzia in poi. Alla fine realizzarono che mancava un documento, uno stupido vecchio resoconto fiscale, indispensabile per far decollare l’adozione. Richiesero questo documento all’ufficio delle tasse. Ogni giorno per due settimane il primo pensiero era la cassetta della posta e quel maledetto foglio che non arrivava. Nel frattempo, lei comincio’ a sentirsi un po’ strana, ma era troppo impegnata con l’adozione e il lavoro per fermarsi, o forse gia’ aveva capito e stava solo prendendo tempo. Cosi’ arrivo’ il giorno della mostra, il lavoro era finito, non aveva piu’ scuse. La sera, dopo i festeggiamenti, fece il test, positivo per ben due volte. La mattina successiva arrivo’ quel foglio. Pianse tanto. Se solo quel maledetto foglio fosse arrivato un giorno prima, avrebbero spedito tutto e l’adozione sarebbe stata definitiva. Ma ora erano troppo scioccati, attanagliati da una paura paralizzante. Era come passare da un’esistenza scelta, pianificata e studiata nei dettagli a un’altra vagheggiata si’, ma completamente inaspettata e piena di rischi nel giro di cinque minuti. Misero da parte l’adozione per il momento, solo per il momento, e aspettarono che passasse il tempo. Un tempo lentissimo, i primi tre mesi, i piu’ rischiosi. Lei si chiedeva soprattutto quando sarebbe arrivata la gioia, avrebbe dovuto essere felice come dicevano tutti, ma la paura… la paura. Finalmente quei tre mesi sono passati. Il bimbo dovrebbe nascere, secondo i calcoli del dottore, il giorno di Natale. Le infermiere, conoscendo un po’ la storia, lo chiamano il bambino del miracolo, ma tutti i bambini sono miracoli, specialmente quando ti sei autoconvinta che quella non e’ una cosa per te, che quella e’ una cosa che le altre donne fanno. Oggi lo hanno visto dentro a un computer e per la prima volta non assomigliava a una nocciolina, ma a un bambino, con il suo testone, la panciotta, le gambette che si stiracchiavano in continuazione, il cuore che batteva forte. Non so perche’ mi sia venuto spontaneo raccontarvi tutto questo in terza persona, forse e’ solo che ho bisogno di raccontarlo anche a me stessa per crederci. Eppure, comincia a sembrare vero, comincia a sembrare che stia succedendo davvero. La felicita’, immensa, e’ tornata finalmente e in una forma completamente inedita, ma ho la sensazione che la paura forse non passera’ piu’.
giovedì 17 giugno 2010
bene
Rumore molesto e insolito proveniente dal cellulare di Mr. Johnson.
- Cos’e’?
- Un reminder
- Di cosa?
- Niente, solo che fra una settimana e’ il tuo compleanno
Cioe’ lui ha bisogno di un reminder per ricordarsi il mio compleanno. Bene. Il lato positivo, se vogliamo trovarne uno e’ che si e’ dato ben sette giorni per trovarmi un regalo. Adesso voglio proprio vedere.
mercoledì 16 giugno 2010
il resto sono solo ‘stuff’
C’e’ una coppia di amici non lontani dal Texas, che in questi giorni ha avuto la casa completamente allagata. Una casa allagata qui e’ una casa distrutta. Dovranno buttare via quasi tutto quello che c’era dentro e smontare perfino i muri per capire fino a che punto il fango ha danneggiato il legno, sperando non sia gia’ marcito. Chiaramente non erano assicurati contro le alluvioni nello stato dei tornado. Hanno postato su Facebook delle foto sconvolgenti. In una c’e’ il loro cane sul divano, dove si capisce dover essere arrivato a nuoto. La foto scattata fuori dalla casa e’, se possibile ancora piu’ desolante: un intero quartiere ricoperto di fango, case sommerse e le case, si sa, non sanno nuotare. Dicono di stargli vicino con il pensiero, ma che stanno bene, e’ questo quello che conta, il resto sono solo stuff, roba.
Mi e’ venuta in mente la prima volta che sono stata qui d’estate, sul Golfo. Eravamo ospiti della sorella di Mr. Johnson che all’epoca stava facendo il suo apprendistato all’ospedale di Galveston come chirurgo plastico. Io non sapevo l’inglese, ma conoscevo la parola shark. Appena arrivati, in tutta tranquillita’, ci racconto’ la storia di una persona arrivata da lei dopo essere stata attaccata da uno squalo. Mr. Johnson non volle mai tradurmela quella storia e questo e’ tutto quello che percepii. Decisi che non mi sarei mai fatta il bagno in quel mare, mai e poi mai. Il giorno dopo ci portarono in spiaggia e dopo un quarto d’ora ero in acqua anch’io. Ho imparato che qua e’ cosi’, ci sono tanti pericoli, ma non si puo’ smettere di vivere per questo. Bisogna conoscere quello che c’e’, dare il giusto peso alle cose, e poi continuare a vivere. E non e’ follia o incoscienza, e’ semplicemente una di quelle cose che se non le vivi non le puoi capire davvero, ma che trovandoti nella situazione fai tue immediatamente perche’…solo perche’ non puo’ essere altrimenti.
Il distacco che gli americani mostrano rispetto a noi nei confronti delle proprie case ditrutte, deve essere un’altra di quelle cose che se non provi non capisci. Ora come ora, infatti, non riesco ancora a capirla fino in fondo. Ieri notte, dopo aver visto quelle foto, ho fatto sogni di fango. Mi guardo intorno e immagino quell’acqua qui, i miei libri, il computer, gli album di foto, i bracchetti sapranno nuotare?… Se devo essere sincera, e’ una di quelle cose che spero di non capire mai.
lunedì 14 giugno 2010
i mondiali sono l’apoteosi della nostalgia
Ecco l’ho detto. I mondiali sono una di quelle cose per noi italiani all’estero. Come quei cibi che in Italia non consideravamo nemmeno e invece qui paghiamo a peso d’oro, come quelle canzoni che non ci piacevano e che ora, se ci capita di entrare in un locale italiano e sentirle, ci fanno venire gli occhi lucidi (vedi alla voce “Sindrome di Toto Cutugno”). Noi emigranti cominciamo a parlare dei mondiali anni prima, preoccupatissimi di non rimanere da soli in quei momenti cruciali, per poi quasi dimenticarcene al momento. E io ci provavo l’altro giorno, mentre ci dirigevamo in un pub a vedere la partita degli Stati Uniti a fare capire com’e’ diverso da noi, ma non e’ tanto facile per qualcuno esterno capire quell’atmosfera. Mi colpiva il fatto che tutto fosse normalissimo qui. In Italia, invece quando gioca l’Italia c’e’ sempre piu’ calma, hai l’impressione che siano tutti chiusi dentro da qualche parte a guardarsi la partita. Mi e’ capitato piu’ volte di lavorare durante quelle partite e ogni volta qualcuno decideva che proprio non si poteva fare: tanto nessuno risponde al telefono, tanto nessuno viene o chiama ora. Non si sa da dove, sbucava una piccola televisione portatile ed eccoci tutti la’ a guardare la partita altro che lavorare. Vi dico solo che la partita Stati Uniti – Inghilterra l’ho passata a spiegare al cameriere da che parte dovevano fare goal e che i cartellini verdi non esistono (credo). Mi e’ anche piaciuto darmi arie da esperta perche’ io sono italiana e noi si sa il calcio lo conosciamo a memoria. Tze’.
sabato 12 giugno 2010
venerdì 11 giugno 2010
complicita’ fra stranieri
I momenti belli della vita.
Do you have any ‘Italian cooked ham’? chiedo al salumiere senza troppa convinzione.
Prosciutto cotto? mi risponde lui in perfetto italiano.
E mi si forma un sorriso da orecchio a orecchio.
Dopo di che’.
Affetta una fetta e me la fa provare, ed e’ proprio lui, il nostro prosciutto cotto, uguale uguale. E per un istante sono cosi’ felice, si’ felice, che offro un pezzo della mia fetta, che ho appena spezzato con le mani, alla signora tedesca che si sta godendo tutta la scena mentre aspetta il suo turno. Gentilmente declina, e lo farei anch’io, ma mi capisce, oh se mi capisce.
martedì 8 giugno 2010
un altro anno
La scuola e’ finita da un paio di settimane e gia’ mi mancano i miei piccoli artisti. E’ stato un anno splendido per me come insegnante e ora cerchero’ di usare l’estate per ricaricarmi e inventarmi qualcosa di nuovo per l’anno prossimo. Pensavo il secondo anno sarebbe stato molto meno impegnativo perche’ avrei potuto magari limitarmi a ripetere la maggior parte dei progetti del primo, ma non credo andra’ cosi’. Paradossalmente, la mostra e’ andata troppo bene perche’ questo succeda. La direttrice era cosi’ contenta che ha deciso di lasciare appeso quasi tutto il materiale da aprile, per cui, nonostante il successo iniziale, oramai sara’ venuto a noia a tutti, certamente alla sottoscritta, abituata ad avere una piccola esposizione diversa ogni settimana prima di questa grande. Poco male, si riparte. Le pulizie di fine anno, hanno portato alla luce un sacco di materiale sepolto che mi sara’ utile per immaginare nuove attivita’. Tante cose saranno da ripensare e inventare e tante, non riuscite al primo tentativo, potranno essere riproposte in una forma migliore, si spera. Verso la fine avevo un po’ perso lo slancio, non e’ facile cercare idee nuove ogni settimana, ogni giorno, e’ una grande fatica mentale. Spero questa pausa estiva mi faccia bene alla creativita’. Mi rimangono tanti disegni che mi sono stati regalati dai bambini e che non ho il coraggio di buttare via, ma che non so piu’ dove mettere. E anche qualche preoccupazione veramente. L’ultimo mese sono successe un paio di cose allucinanti. Un genitore suicida e una brutta storia di psicofarmaci e abusi. Non e’ stato semplice l’ultimo periodo a scuola, soprattutto sostenere lo sguardo di quei due bambini che conosco oramai da quando avevano solo tre anni e che non avrei mai immaginato dovessero affrontare tragedie simili a quest’eta’. Dovranno imparare a portarsi dietro una valigia pesantissima d’ora in poi, ma non so come. Mi chiedo come passeranno l’estate, spero non stiano troppo da soli perche’ mentre lavoravano sembravano piu' tranquilli. La settimana scorsa poi, dopo la fine delle lezioni, si sono susseguite le varie riunioni di fine anno. In una una collega ha chiesto, in modo un po’ provocatorio se ci fosse una spiegazione per l’aver festeggiato cosi’ in grande l’anniversario della nascita di Martin Luther King Jr. e non altre ricorrenze come ad esempio il giorno dei presidenti. E’ venuto fuori che la mia scuola non aveva mai festeggiato Martin Luther King Jr. prima. I genitori giustamente si sono lamentati e ora dobbiamo enfatizzare. Nella scuola privata si fa tutto quello che fa felici i clienti genitori, ma non importa, qualunque sia il motivo, meglio cosi’, meglio tardi che mai. La direttrice mi sembrava sinceramente dispiaciuta per la dimenticanza, e’ bello vedere qualcuno ammettere i propri errori e cambiare.
lunedì 7 giugno 2010
autorizzati a tradire
E cosi’ sono andata a vedere Sex and the city 2. Mi spiace dirlo da fan della serie, ma e’ davvero pessimo. Proprio volgarotto, che’ se anche vedendolo in lingua originale e conoscendo il tipo di umorismo ti fa passare una serata simpatica fra amiche, ti chiedi che cosa caspita pensera’ una donna di Abu Dhabi vedendo uno spettacolo simile. Considerando che verra’ proiettato in tutto il mondo, da’ proprio una brutta immagine degli americani. Ce n’era bisogno?
Comunque, a un certo punto c’e’ un dialogo che fa piu’ o meno cosi’:
- Io sono autorizzato a tradire
- Sei autorizzato a tradire perche’ sei gay?
- No perche’ sono italiano!
Buono a sapersi.
domenica 6 giugno 2010
di pietro e il corriere della sera. e un grande punto di domanda
Questo non e’ per niente un post domenicale, ma mi va di scriverla questa cosa qui e sapere anche cosa ne pensate voi visto che sul Corriere online, non vedo nessuna possibilita’ di lasciare commenti agli articoli che citero’.
Ieri, ho letto un lunghissimo articolo intitolato “I silenzi e le ambiguita’ dell’onorevole Di Pietro”. E’ stato per tutto il giorno in homepage con grande evidenza, era impossibile non notarlo. Si faceva riferimento a un vero e proprio “caso di Pietro”. L’ho letto con interesse e voglia di farmi un’opinione sull’argomento, ma quello che mi e’ sembrato piu’ ambiguo in realta’ non e’ stato tanto quello che ho letto su Di Pietro, ma l’articolo stesso, carente nella documentazione e al contrario, pieno zeppo di illazioni e congetture. A un certo punto, ad esempio, si da’ chiaramente a intendere che il modo in cui Di Pietro si e’ laureato non e’ chiaro. Ma l’autore stesso dice che “l’istituto di presidenza della facoltà confermò a suo tempo che tutto era in regola” e allora di cosa si sta discutendo? L’accusa a Di Pietro e’ di non aver continuato a difendersi da chi continuava a mettere in giro queste voci. Non capisco proprio. Se ti calunniano rispondi una volta, chiarisci, e se le voci continuano fai causa (come ha fatto l’interessato in questo caso) e poi basta, e’ una questione di buon senso, altrimenti alimenti tu stesso le voci, no? Non e’ che uno deve continuare a ribadire di essersi laureato, e’ stupido. In ogni caso, si invita ripetutamente Di Pietro a chiarire le sue posizioni su varie vicende. Si dice che basterebbe poco a mettere i dubbi a tacere, ma che stranamente non viene fatto.
Ed ecco che oggi apro il Corriere e vedo una lunga lettera di Di Pietro che chiarisce punto per punto ogni accusa che gli viene mossa nell’articolo. Non solo, allegati ci sono tutti i documenti che confermano i fatti riportati.
Penso che bella cosa! Che cosa da paese normale! Un politico viene accusato da un giornalista e il giorno dopo risponde punto per punto chiarendo ogni controversia o perlomeno dimostrando di non avere nessuna paura del confronto.
Mi chiedo se ci sia una risposta del direttore del giornale o del giornalista che aveva scritto quell’articolo montando tutto il caso. E c’e’. Ma e’ piuttosto sconcertante. Dopo avere chiesto delle risposte e delle prove che gli sono state velocemente fornite, il giornalista in questione si mette a rivendicare che i documenti a volte non bastano, che bisogna spiegare. In certi casi ci vogliono le parole, non i fatti, teoria singolare per uno che per professione dovrebbe occuparsi dei fatti e non delle parole. Mi e’ rimasto un grande punto di domanda.
Il Corriere della Sera spende tutte queste energie a cercare (in modo patetico alla fine) di fare le pulci a Di Pietro, che puntualmente argomenta e chiarisce, mentre non si e’ mai preoccupato tanto di un politico come il presidente del consiglio sul quale pendono accuse e condanne vergognose, che mente praticamente ogni giorno sapendo di mentire e che non ha mai chiarito e documentato un bel niente. E questo sarebbe il primo quotidiano nazionale? Stiamo messi davvero male.
venerdì 4 giugno 2010
appello al mulino bianco
A questo punto, ne approfitto per raccontarvi di un problema simile, ma ben piu’ serio, per noi italiani a Dallas. Dovete sapere che i biscotti del Mulino Bianco qui, si trovano solo nell’unico supermercato italiano esistente nell’intero Metroplex. Ci sono quando ci sono. Ogni tanto si’, ogni tanto no, qualche tipo si, qualche tipo no, senza nessuna soluzione di continuita’ e spesso anche scaduti. Ho provato a chiedere spiegazioni (e conforto) al padrone del supermercato e mi ha detto che la situazione e’ tale perche’ i biscotti arrivano, indovinate da dove? Dall’Australia! Eppure io ho guardato sulla confezione, sono prodotti a Mantova! Che razza di senso ha far far il giro del mondo a un pacco di biscotti? Dice che ci sono dei blocchi burocratici dall’Italia o non so cosa, insomma, non riescono a mettersi d’accordo.
Dunque, io vorrei dire ai signori del Mulino Bianco, casomai prima o poi si trovassero a farsi un giro per blog, [in fondo non si sa mai…] che anche qui in Texas, vi amiamo! E non siamo poi cosi’ pochi, quindi mandateci questi biscotti come si deve o fateli qui direttamente che anche gli americani, una volta provati, non potranno piu’ farne a meno. Oh, l’ho detto finalmente.
giovedì 3 giugno 2010
l’acqua delle fiji
Qui, e anche in alcuni paesi europei, viene venduta quest’acqua, l’acqua delle Fiji.
Ecco, ho appena scoperto che viene davvero dalle isole Fiji, quelle vicino all’Australia, non e’ incredibile? Incredibilmente stupido dico? Perche’ spendere e inquinare in questo modo per un bene che abbiamo tutti dietro casa?
mercoledì 2 giugno 2010
cosa ti combina l’uragano
Estate 2008 -Prima dell’uragano Ike
Questo era uno dei posti dove piu’ avevo voglia di tornare a Galveston. Si tratta di un bar con un molo per pescare.
Era tutto colorato e pieno di musica. La cosa piu’ bella era l’altezza. Sara’ stato alto dieci o quindici metri ed era perfetto per avvistare i delfini o osservare l’incredibile tecnica di pesca dei pellicani. Un gelato, una birra, la brezza dell’oceano, niente di meglio per noi poveri dallassiani boccheggianti (siamo solo all’inizio dell’estate e abbiamo gia’ toccato i 38, cominciamo bene).
E questo e’ quello che ne e’ rimasto:
Estate 2010 - Dopo l’uragano Ike
Le autostrade nella zona di Houston hanno dei segnali appositi in modo che quando arriva l’uragano diventano a senso unico e il maggior numero possibile di gente puo’ scappare. Inchiodi un paio di assi alle finestre, metti la famiglia in macchina e si salvi chi puo’. C’e’ chi ha i tornado e chi gli uragani. Texas.