Recentemente mi sono accorta di avere perdonato qualcuno. Mi sono ritrovata per la prima volta in anni e anni a pensare a una certa persona con un sorriso. Anzi per un istante ho provato addirittura gratitudine. E’ una cosa strana ma in fondo, anche se mi ci e’ voluto tanto ad accettarlo, ho capito che il dolore che quella persona ha provocato tanto tempo fa mi rende un essere umano piu’ completo oggi, mi rende piu’ vicina agli altri e mi ispira in un certo senso in tante cose che faccio e che vivo. Deve essere questo il senso del perdono. Qualcuno, infatti, dice che perdonare fa bene soprattutto a chi perdona e io mi convinco sempre di piu’ che sia proprio cosi’. Perdoni, se perdoni e quando perdoni, e quella cosa fa meno male, magari non ci pensi nemmeno piu’. Il problema e’ farlo. Soprattutto quando non ci sei abituato, un po’ per fortuna e un po’ perche’ hai sempre cercato di metterti nella posizione di non dover perdonare. Pero’ ogni tanto qualcosa va storto e, oltre che essere perdonato, ti tocca anche perdonare, a tutti tocca. Pensavo di esserne capace, perche’ e’ facile quando non si e’ coinvolti, ma forse mi sono sbagliata, cioe’ vorrei tanto, ma sotto sotto se sono veramente sincera con me stessa mi rendo conto che molte volte la ferita, se e’ profonda, e’ ancora li’ che brucia e forse non si rimarginera’ mai. E’ come quando ti si rompe qualcosa, puoi provare a rimettere insieme i pezzi, ma non sara’ mai esattamente come prima. Le persone che mi hanno fatto male davvero, soprattutto con l’indifferenza, con l’assenza di una posizione netta e chiara, quelle vigliacche, non riesco piu’ a guardarle negli occhi. Anzi, vorrei dimenticarle, tagliarle fuori dalla mia vita, ma chissa’ perche’ in un modo o nell’altro prima o poi mi si ripresentano sempre davanti. Delle scuse aiuterebbero in certi casi, addolciscono la pillola. Ma ovviamente se uno ti ferisce e tradisce nel momento del bisogno magari poi non si fa tanti scrupoli a chiederti perdono e soprattutto a cercare di capire come tu ti sia potuto sentire. Una persona saggia non se ne va mai sbattendo la porta e anch’io, che tanto saggia non sono, se sono costretta posso anche essere capace di fare finta di niente, ma certe porte mi piacerebbe tanto chiuderle ben bene e dimenticarmene una volta per tutte.
domenica 28 febbraio 2010
sabato 27 febbraio 2010
ma davvero?
venerdì 26 febbraio 2010
noie
L’altro giorno sono arrivata a scuola in anticipo, sono andata in classe e mi sono seduta alla mia scrivania a lavorare.
Distrattamente, ho notato l’assistente di Mr.Joe entrare.
Grande sorriso come sempre, buongiorno, come va? e torna a fare il suo lavoro.
Senza nessuna esitazione, afferra il cestino del riciclo, lo svuota tutto in quello dei rifiuti generici, butta tutto in un’unica grande busta di plastica e se ne va. Cosi’, come se fosse la cosa piu’ normale del mondo. Dopo che noi tutti i giorni dividiamo tutto, cioe' veramente solo la carta, ma e' una questione di principio.
E ora? Questa cosa e’ imbarazzantissima. Se c’e’ un insegnante in quella scuola che martella tutti con la storia riciclo e’ la sottoscritta, ma se c’e’ qualcuno in quella scuola che fa molto piu’ di tutti gli altri, quello e’ Mr. Joe insieme a tutta la sua squadra di acchiappafantasmi dello sporco. E’ stupido, ma sono due giorni che ci penso. Dovrei dirgli che il cestino del riciclo e’ di un colore diverso per un motivo, ma questo loro gia’ lo sanno. Quello che io so, invece, e’ che il container del riciclo e’ in fondo al parcheggio della scuola, una fregatura: troppo vicino per andarci in macchina, un bel pezzo per camminarci.
Li capisco anche se non hanno voglia di farsi queste minimaratone con tutti quei sacchi da riciclare ogni giorno.
Pero’ non e’ giusto.
Per tanti motivi. Soprattutto perche’ stiamo prendendo in giro i ragazzini cosi’. Gli insegnamo una cosa e ne facciamo un’altra.
Non si dovrebbe dire, ma forse avrei preferito non aver visto e continuare a cullarmi nelle mie utopistiche illusioni ecologiste.
giovedì 25 febbraio 2010
confusione religiosa
Ecco...si fa cosi' anche in Italia? :)
Non l'ho mai sentito, pensavo fosse un periodo di penitenza in generale. E comunque io avevo capito che i cattolici quando rinunciano a qualcosa a cui tengono particolarmente, lo fanno per ottenere qualcosa. Tipo: se prendo l'aumento, non mangio i dolci per un mese oppure non fumo finche' non faccio l'esame, cose del genere. Invece qui si tratterebbe di una cosa completamente disinteressata.
Mi spiegate? Grazie.
mercoledì 24 febbraio 2010
lo spazio vitale texano
Che la concezione di spazio vitale differisca sostanzialmente in Texas e in Lombardia, non ci vuole tanto a capirlo, ma fino a che punto a volte ancora mi stupisce. Vado a nuotare mediamente due o tre volte alla settimana. La piscina della nuova palestra ha solo tre corsie, ma molto grandi. Spesso mi ritrovo da sola, ma ieri stranamente tutte le corsie erano occupate, cosi’ ho chiesto alla ragazza della prima corsia se potevo nuotare con lei. Indovinate un po’? Mi ha rimbalzato. Sono rimasta un secondo basita perche’ non me l’aspettavo. E dire che stavo quasi per non chiederglielo nemmeno. Forse sono stata arrogante, ma mi sembrava un po’ un mio diritto visto che, a mio parere, lo spazio era piu’ che sufficiente. Siccome non aveva la cuffia, aveva paura che le arrivassero i miei schizzi sui capelli. No comment. Al secondo tentativo mi e’ andata meglio: forse la persona si e’ vergognata di dirmi di no, cosi’ ho nuotato un po’ con lei, ma non mi sentivo particolarmente a mio agio.
Mr. Johnson dice che lui non avrebbe mai chiesto di condividere la corsia. Testualmente: sei pazza? c’e’ il rischio di toccarsi, you don’t go near people here.
Messaggio ricevuto.
Quando poi sono uscita, la signora senza cuffia mi ha gridato:
- Ehi, la prossima volta nuotiamo insieme, non hai fatto neanche uno schizzo!
Suppongo dovrei prenderlo come un complimento. Che’ sono gentili loro.
martedì 23 febbraio 2010
pensare confonde le idee
Una volta, qualche mese fa, ho fatto un bellissimo lavoro con i bambini di seconda elementare, cosi’ mi era sembrata una buona idea fare qualcosa di simile con quelli piu’ grandi. Ho pensato che se quelli piccoli avevano fatto delle splendide composizioni e si erano anche divertiti, quelli piu’ grandi magari avrebbero fatto ancora di meglio.
Niente di piu’ sbagliato.
I grandi si sono completamente persi. Hanno cercato di fare delle cose complicatissime con risultati per niente esaltanti. Hanno lavorato in uno stranissimo silenzio e non hanno fatto altro che avvilirsi nell’incapacita’ di applicare le proprie idee.
Sono rimasta molto sorpresa e non ho capito il perche’ di tutto questo. L’unica conclusione a cui sono arrivata e’ che Munari aveva proprio ragione: pensare confonde le idee.
lunedì 22 febbraio 2010
sabato 20 febbraio 2010
sanremo
In Italia in questi giorni si parla solo di Sanremo. Ed e’ li’, anche per me dall’altra parte del mondo, a portata di click. In un momento di curiosita’, entro nel sito della Rai e dopo cinque minuti decido che…no, e’ meglio di no. Non vorrei finire come lui.
venerdì 19 febbraio 2010
living large and thinking big
Esattamente sette giorni fa, come forse sapete, si e’ verificata un’insolita nevicata qui in Texas e ho appena scoperto che su Facebook sono nati diversi gruppi per celebrare l’avvenimento storico. Ce n’e’ uno in particolare che si chiama:
“Thursday, February 11th, 2010. The day it snowed 6+ inches in North Texas”
Per chi giustamente non fosse pratico con le conversioni, parliamo di circa 15 centimentri.
Ebbene, questo gruppo conta al momento 97,277 iscritti. Per la precisione 97,277 + 1 (appena mi riconnetto), in una settimana. Ma non e’ tantissimo? “Go Texas” dicono loro giustamente.
Oggi tornavo a casa dal lavoro dopo una giornata relativamente stancante e come sempre a quell’ora c’era un po’ di traffico e mi guardavo intorno. Ci sono dei giorni in cui e’ davvero un piacere immenso vivere in questo angolo di mondo. Non c’e’ bisogno che succeda nulla di particolare. Magari c’e’ stato qualche giorno di freddo e all’improvviso torna il sole, il calore e senti chiaramente che questo cielo smisurato ti sorride, e poi i prati, le staccionate bianche, il tipo con l’Harley Davidson caricata sul pick up degli anni Cinquanta, le luci di Natale ancora montate sulle case dei messicani... ti si apre il cuore. Hai questa incantevole sensazione che sia tutto in ordine, tutto al posto giusto, che anche tu sia al posto giusto in fondo. E poi la gente - tranne alla guida, eh- e’ gentile, sorridente, parla piano e ti chiede mille volte come va. Si vive bene.
E poi succedono queste cose. Che' tu dici, succedono dappertutto, e’ vero, ma non cosi’, non in maniera cosi’ ecclatante con questa fantasia e questa spettacolarita’, o almeno molto piu’ raramente.
Non so cos’e’, non l’ho ancora capito, ma evidentemente c’e’ qualcosa che non funziona.
giovedì 18 febbraio 2010
live and learn
Stamattina sono arrivata a scuola e ho notato subito che la mia amica bibliotecaria aveva una piccola macchia proprio al centro della fronte.
- Did yo…good morning!
Eh, no, non mi fregano piu’!
martedì 16 febbraio 2010
la verita’ e’ scomoda e la realta’ complessa
Oramai se mi seguite abbastanza spesso, vi sarete resi conto di quanto in questo periodo piu’ che mai, sia interessata a tutti i problemi relativi al razzismo e ai cambiamenti della societa’ in questo senso. Dunque, cos’e’ la cosa peggiore che a una persona come me, cosi’ idealista e presa da queste tematiche puo’ succedere?
Accorgersi che determinati luoghi comuni -che combatto e combattero’ sempre per principio- talvolta possono anche essere veri.
Un po’ di tempo fa ho organizzato una piccola festa e ho fatto per la prima volta qui una delle mie cose preferite in assoluto: fare conoscere i miei amici fra loro e vedere cosa succede. Da straniera qui, faccio in genere amicizia con gli stranieri. Non e’ una scelta deliberata, capita cosi’ tante volte e dicono sia piuttosto normale. Erano quasi tutti di paesi diversi e si sono trovati bene come prevedevo, un gruppo omogeneo all’apparenza. Tranne due. Lo hanno notato tutti: era come se non c’entrassero. Dentro di me, probabilmente mi ero accorta da un po’ che qualcosa non quadrava, ma non riuscivo proprio ad accettare l’evidenza. Questa coppia, che inizialmente mi aveva ispirato simpatia e con cui sulla carta si hanno mille cose in comune, dopo due anni di conoscenza anche piuttosto assidua, si e’ rivelata una macchietta perfetta di ogni vizio e leggenda legati al loro paese di origine. Non mi hanno fatto nulla di male, anzi. Mi hanno sempre spiegato tutte le loro tradizioni e fatto entrare abbastanza nella loro mentalita’ da farmi capire che – accidenti!- non mi piace neanche un po’. Ecco l’ho detto, che liberazione. C’e’ voluto un giudizio esterno per farmi aprire gli occhi: la verita’ e’ che non avrei mai fatto amicizia con persone cosi’, se non fossero state di quel paese li’. Non potevo mica mettermi a escluderli pure io come gran parte della societa’ in tutto il mondo fa da sempre. E invece alla lunga, devo ammettere che quei piccoli scogli iniziali sono diventati scogliere, precipizi, veri e propri abissi di incomprensione culturale e politica da cui e’ sempre piu’ complicato riemergere.
Per favore, non cercate di indovinare il paese da cui provengono, sarebbe troppo sbagliato metterla su quel piano li’, anche perche’ sono ancora sicura che si tratti di un caso da non generalizzare assolutamente. Il punto a cui voglio arrivare e’ un altro: perche’ le cose devono essere sempre cosi’ problematiche? Uno dice: odio il razzismo, studio libri su libri, sono perfettamente al corrente dei pericoli e me ne guardo e poi –proprio io- mi imbatto in due che sono uno stereotipo fatto persona?!
Come se io fossi una mafiosa che mangia pizza e suona il mandolino tutto il giorno!
Questa cosa mi da’ un fastidio inimmaginabile. E’ cosi’ comodo ragionare per compartimenti stagni qualche volta, pensavo di poterlo fare almeno in questo caso, e invece no.
Non ci sono mai abbastanza etichette da appiccicare alla realta’.
lunedì 15 febbraio 2010
la lezione su arcimboldo
- Finito!
- Mah…sinceramente non ne sarei tanto sicura. Tanto per cominciare, dove sono gli occhi?
- [Un attimo di esitazione e poi…] Eccoli!
- Sei proprio sicuro?
- Ma certo! Non li vedi?! Sono la’, caspita, sul peperone!
- Va bene, forse comincio a vederli. E il naso?
- Il naso e’ quella cosa verde.
- Ok. E la bocca?
- [Ci pensa] Proprio qui, la vedi?
- Suppongo. E i capelli allora?
- E’ pelato!
- E…
- Le braccia sono dietro la schiena!
sabato 13 febbraio 2010
venerdì 12 febbraio 2010
good morning texas!
Pare che dai cieli di Dallas siano caduti nella giornata di ieri una trentina di centimetri di neve, praticamente un evento di portata storica, ma guardando fuori ne vedo si e’ no una decina. Eppure sono tutti cosi’ esaltati. Sento i bambini fuori che giocano e urlano da stamattina. Le scuole sono chiuse, ma dubito ce ne fosse davvero bisogno. Beh, come dice la simpatica Mrs. Tummyhake everybody needs a snow day.
E godiamocelo allora.
giovedì 11 febbraio 2010
con un tubo avrai molti piu’ baci
Forse ho guardato troppa tv italiana in questi giorni.
Ma perche' non riesco ad andare a dormire?
Sara' che domani danno 100% neve e queste certezze sbandierate con presunzione mi mettono sempre di cattivo umore. O forse sara’ il film che ho guardato stasera...?
Beh, buongiorno a voi, al di la’ dell’oceano.
mercoledì 10 febbraio 2010
ritrovato il piu’ antico dipinto di munch
E’ stato ritrovato in una scuola di Dallas in Texas, il piu’ antico dipinto del celebre autore dell’Urlo.
Si intitola “La signora superstiziosa” e pare sia stato dipinto quando l’artista aveva solo otto anni. I critici sono unanimemente esterrefatti: e’ un capolavoro.
martedì 9 febbraio 2010
it just feels right
Tante volte, vorrei dire qualcosa in inglese esattamente come la penso in italiano, ma non trovo il modo. Ultimamente pero’ mi sta succedento il contrario, con un’espressione che non si puo’ tradurre con precisione in italiano perche’ ho imparato tanto tempo fa che le lingue si traducono ma non si sovrappongono mai al cento per cento. Succede che in questo periodo mi vengano chieste delle spiegazioni e che io cerchi di fornirle, ci sono tanti motivi che ti portano a fare una scelta piuttosto che un’altra, ma alla fine mi viene da dire soprattutto una cosa: it just feels right. Significa che sento semplicemente che questa cosa e’ giusta, lo sento dentro di me, ed e’ l’unica cosa che conta davvero, ma non tutti lo capiscono, chissa’ come mai.
lunedì 8 febbraio 2010
merce rara
Mi e’ successa una cosa un po’ strana. Ero in giro per Dallas, lontano da casa mia, e ho notato che su una macchina c’era un adesivo con la bandiera italiana. Per curiosita’, ho dato un occhio per vedere se per caso conoscevo la persona e incredibilmente si’, la conoscevo. Di vista, molto superficialmente ma la conoscevo. Ho sempre saputo che ci sono pochi italiani da queste parti, ma non pensavo cosi’ pochi. A pensarci bene, in effetti, i pochi italiani che conosco anche se non si sono mai visti, in un modo o nell’altro hanno sempre qualche legame o qualche amicizia in comune. Piccolo il mondo davvero.
sabato 6 febbraio 2010
un futuro bianco come la neve
Ecco, a proposito del discorso dell’altro giorno, un altro esempio. Vanity Fair, che nell’edizione americana e’ una rivista storica e molto rispettata, dedica una copertina al futuro di Hollywood e questo futuro appare completamente e inequivocabilmente bianco. E il Guardian va giu’ pesante con le critiche a questo servizio fotografico ipotizzando incompetenza o malafede, ma e’ comprensibile. Di sicuro nessuno voleva scatenare polemiche raziali, ma una foto cosi’ con un titolo cosi’ su una rivista tanto importante, vale piu’ di mille discorsi sull’uguaglianza e qui c’e’ un messaggio fortissimo. Malgrado l’esistenza di tanti ottimi attori di ogni colore, secondo loro i migliori sono tutti bianchi.
I famosi esempi di cui si parlava l’altro giorno, quelli che servirebbero tanto e che di fatto quasi sempre mancano dai media.
venerdì 5 febbraio 2010
coco e rosetta
E’ da tre settimane che ho (ri)cominciato a studiare francese, era uno dei miei buoni propositi per il 2010. Sto usando Rosetta Stone, non so se ne avete mai sentito parlare. E’ un sistema basato sull’imparare le lingue straniere come abbiamo imparato la nostra da bambini. Si studia da soli al computer, niente spiegazioni, solo parole associate a immagini. La mia croce e’ come sempre la pronuncia, questo programma maledetto non me ne fa passare una. Mr. Johnson con grande simpatia, dice che non ho una pronuncia in francese o in nessun’altra lingua, applico semplicemente quella italiana a tutte le parole che imparo e Rosetta conferma, uffa.
In realta’, sto studiando abbastanza. Appena ho un minuto libero accendo il computer e mi porto avanti pero’ non so dire quanto funzioni. Lo trovo divertente e anche incoraggiante perche’ ti da’ davvero l’impressione di imparare molto e in maniera veloce. Infatti ne ho sempre sentito dire un gran bene dai miei studenti, pero’ per ora un po’ di dubbi mi rimangono. Prima di tutto perche’ in qualche cassetto perduto del cervello le cose che sto imparando ora dovrebbero gia’ esserci quindi non capisco quanto e’ ricordo e quanto apprendimento e poi perche’ domani vedo la mia amica francese e di fatto non potro’ ancora fare nessun tipo di conversazione, zero. Nemmeno ciao come stai, stando a Rosetta. A meno che non decida di spaventarla a morte raccontandole che le uova sono blu e il pesce e’ grande. Non si fa che ripetere gli stessi tre verbi e quattro parole assolutamente sconclusionate. Bah. Pero’ dice che funziona.
Mi stufero’, gia’ so che fra un po’ mi stufero’ e adieu anche a Rosetta e ai buoni propositi.
giovedì 4 febbraio 2010
crack!
Scusate ma a me questa storia di Morgan fa un po’ ridere. Lui avra’ sicuramente provato a fare il furbo, su questo non ci piove, ma si puo’ essere piu’ ipocriti? Allora cosa facciamo bandiamo anche le poesie di Baudelaire, i romanzi di Kerouac, i saggi di Freud, le canzoni di Jim Morrison, i quadri di Basquiat, di Degas, di Manet , Van Gogh, Picasso, Gauguin……………………………………..?
E anche quel Dante li’ con tutti quei viaggi non ci convince mica, ma si’ bandiamo anche lui.
mercoledì 3 febbraio 2010
the development of a racial consciousness
Un po’ di tempo fa, mi e’ stata fatta una domanda che in qualche maniera, mi ha sconvolto. Mi e’ stato chiesto a che eta’ mi sono resa conto del colore della mia pelle. Mentre altri potrebbero raccontare episodi risalenti all’infanzia, anche brutti ricordi in qualche caso, io che ho continuato a pensare a questa cosa spesso da quando mi e’ stata fatta la domanda, credo proprio di essermene accorta davvero quando sono venuta a vivere qui tre anni fa. Me ne sono accorta perche’ sentivo che il colore della mia pelle, come quello di tutti gli altri, veniva notato in qualche modo. Me ne sono accorta perche’ ho cominciato a compilare moduli, al college per esempio, che prevedevano il campo della “razza” (parola orribile in italiano)*. Me ne sono accorta perche’ non potevo tradurre nessuna espressione italiana, e ce ne sono diverse, che implicasse il colore della pelle.
Da allora sto cercando in tutti i modi di capire. Sto leggendo tanto, e’ una questione che mi interessa per molti motivi. Tutti i giorni ho a che fare con bambini di tutti i colori e assisto a tante piccole situazioni diverse che non so sempre come affrontare o come spiegarmi. Vorrei capire anche come dare il mio contributo perche’ e’ nelle scuole che si costruisce il futuro della societa’, non bisognerebbe mai dimenticarselo. Mi sembra che ci sia bisogno di esempi. Mi sembra che non basti insegnare che siamo tutti uguali se poi i bambini guardandosi intorno vedono solo esempi di bianchi importanti, studiano la storia fatta dai bianchi e vivono in un mondo gestito dai bianchi. Per questo – insisto- l’elezione di Barak Obama e’ stata fondamentale e lo rimarra’ qualunque cosa riesca a portare a termine. Il fatto che ci sia un presidente nero in questo paese, pur non cambiando nulla a livello pratico, e’ una dimostrazione evidente del fatto che tutti in teoria possono fare tutto, cosa che in Italia puo’ avere un senso teorico e relativo, ma che qui per i nipoti e pronipoti degli schiavi (schiavi!) ce lo ha a livello di vita quotidiana e aspettative per il futuro. Nella mia scuola si fa tanto in questo senso e vorrei fare anch’io la mia parte attraverso la mia materia. Da quando ho cominciato a insegnare arte mai nessun bambino ha colorato una faccia di rosa, il colore che a me invece veniva a mio tempo insegnato a usare. E’ un’altra delle cose che mi fanno riflettere. Piuttosto usano il giallo o l’arancione, ma una faccia rosa, non me l’hanno mai fatta e siccome molte delle loro facce sono proprio rosa e non certo gialle o arancioni, immagino qualcuno gli abbia spiegato qualcosa in proposito, qualcosa che loro devono aver acquisito perfettamente. Non lo so, forse sono tutte cose irrilevanti, forse sono io che mi affanno a decodificare fatti che purtroppo non si possono chiedere a nessuno, cose che fanno semplicemente parte della societa’ in cui vivo e che ancora non conosco a fondo. Uno dei libri che sto leggendo in proposito parla di sette fasi dello “sviluppo di una consapevolezza raziale”. Non ve lo cito perche’ prima di tutto non l’ho ancora finito e poi perche’ non sono sicura della sua autorevolezza. Ad ogni modo, secondo questa schematizzazione sarei senza dubbio nella terza fase, quella in cui si riconosce che il razzismo esiste e lo si comincia a vedere ovunque. E’ per questo che mi fa cosi’ impressione a volte quello che vedo succedere in Italia, in tv ovviamente, ma anche nella mia famiglia stessa e fra i miei amici. Questo continuare a negare l’esistenza del razzismo come fosse un tabu’ e consequenzialmente questa estrema leggerezza nell’usare espressioni che sono comunissime da noi, ma che sono anche razziste c’e’ poco da fare. Internalized racism lo chiama il mio libro. Una volta un amico, mio coetaneo, nato e cresciuto in Germania da genitori italiani, mi diceva di sentirsi straniero in entrambi i paesi: da una parte era considerato italiano e dall’altra tedesco, ma sempre dalla pate sbagliata. Delle volte ho paura che sia proprio quello che sta cominciando a succedere anche a me.
* Ci sono delle agevolazioni fiscali e di altro genere per tutte le minorities
martedì 2 febbraio 2010
completamente LOST!
Sei mesi fa ho cominciato per la prima volta a guardare “Lost” e nel giro di due o tre mesi ho divorato le prime cinque stagioni come fossero un lunghissimo film. E’ una storia mozzafiato, complicata e misteriosa, da seguire con attenzione. Come in tanti altri casi e forse di piu’ devi fare una sorta di atto di fede nei confronti degli sceneggiatori, ma finora ne e’ valsa la pena.
Finalmente e’ arrivato il 2 febbraio, il giorno che milioni di persone stavano aspettando, quello in cui comincia la stagione finale. E da qui potrebbe nascere un capolavoro o la piu’ grande idiozia di tutti i tempi. Non vedo l’ora di scoprirlo.