L'identita'. Chi ci pensa all'identita'? Cosi' magari in coda nel traffico o al supermercato. Non io, almeno non prima di trasferirmi qui. Pensavo a tante altre cose, ma non all'identita', su quello non avevo nessun dubbio particolare. Dopo invece e' diventato un pensiero abbastanza costante, tutto sommato e, per quanto inutile possa forse apparire, fondamentale. Tutto e' cominciato con il nome. Il mio nome qui risulta difficile e lungo e cosi' mi sono abituata fin da subito a sentirlo storpiare in mille modi. Il problema non era tanto il fastidio della storpiatura, il problema era che non mi sentivo chiamata, cioe' non sentivo quei suoni come corrispondenti all'idea che avevo sempre avuto di me. Ancora adesso quando dico il mio nome mi ritrovo davanti facce piuttosto disorientate, cosi' ho imparato a partire in quarta con lo spelling appena prima che si corruccino nella suddetta inconfondibile espressione. Qualcuno mi ha suggerito di pronunciare il mio nome all'americana per evitare perdite di tempo. ImaniuEla. Ho risposto no way, quello non e' il mio nome. Allora ho cominciato a usare quasi sempre il diminutivo che prima era riservato solo agli amici, Ema, ed e' andata molto meglio, anche se tutti pensano mi chiami Emma e me ne accorgo a Natale. In fondo non sono ImaniuEla e non sono nemmeno Emma, non ho risolto molto, sto solo abituandomi ad essere quella cosa li' che loro pronunciano. Anche il mio cognome crea scompiglio con quelle due erre, cosi' per qualcuno sono Emma Johnson, e' un po' come avere un alter ego, l'inconveniente e' che non mi ricordo mai a chi ho detto cosa a seconda della fretta e della poca voglia di spiegare. Poi ci sono le abitudini che ti fanno pensare all'identita'. Potrei fare moltissimi esempi. Tutte le cose che prima di stabilirmi qui odiavo e che ora mi piacciono, tutte le cose che prima di venire qui facevo in un modo e ora faccio in un altro. Cose che magari sarebbero cambiate lo stesso senza che nemmeno ci facessi caso, ma che in questa situazione acquistano un valore particolare. Mi sono venute anche delle piccole fissazioni. A volte non importa se determinate cose impiego piu' tempo a portarle a termine, per me importa che siano fatte come le facevo in Italia e piu' precisamente come le fa la mia famiglia. Il venerdi prima di Pasqua ho deciso che non avrei mangiato carne, non perche' pensi sia un peccato, ma perche' a casa mia il venerdi si mangia pesce e mi piace mantenere un qualche contatto anche superficiale con quel mondo lontano. E' un modo per sentirlo vicino e anche per sentirmi ancora parte di quell'ideantita' che avevo e che ogni giorno mi sfugge piu' di mano in favore di una qualche altra che allo stesso modo mi sfugge. Se una cosa so della mia ideantita' e' di essere italiana, qui e dovunque. Per questo in casa si parla italiano e per questo in parte e' anche nato questo blog, per continuare a pensare sempre in italiano, appunto. E non e' una questione di patriotismo, e' solo che considerarmi italiana o europea rappresenta forse l'insieme piu' grande delle cose che fanno parte di me, della mia cultura e della mia sensibilita'. Pero' in Messico e' successa una cosa. Un giorno ho conosciuto fra le rovine Maya una signora orientale. Faceva un caldo indicibile ed entrambe preferivamo fare quattro chiacchere all'ombra a tutta quella cultura. Mi chiede where are you from? e io rispondo I'm from Italy ovviamente, allora anch'io le faccio la stessa domanda e lei mi risponde in un inglese stentato I'm from Whashngton e io rimango interdetta. Poi, come se non bastasse incontro quest'altro tipo che ancora una volta mi domanda where are you from? e io ancora una volta rispondo allo stesso modo. D'altronde sono italiana per la miseria, nata e cresciuta in Italia. E il tizio che fa? Si mette a ridere! Del tipo, si certo, allora io sono irlandese! Anche in quel caso sono rimasta a lungo perplessa. Cioe', anche io dovrei dire I'm from Texas a questo punto? Ma io non mi sento texana, io mi sento italiana, no anzi io sono italiana. O no? O non piu'? A volte ho la sensazione di non poter piu' dire la mia nemmeno su quello che succede in Italia -i vari problemi gravissimi e gli scandali quotidiani- o meglio di dare fastidio, di suscitare irritazione. Come se il mio fosse oramai un giudizio esterno e non una critica sofferta al mio stesso paese. Accidenti.
Le cose si evolvono piu' in fretta di quanto io sia in grado di comprenderle.
22 commenti:
capisco tutto ma proprio il giorno in cui c'è Papi fai un post sull' identità e l'italianità?
un po' immagino lo "spaesamento". cmq sui casini (gravi) che ci sono qui... magari meglio guardarli da lontano. davvero.
baci
immagino sia questo, il problema connesso al legare la propria identita` ad una nazione: che, a ben guardare, si scopre che sono etichette alquanto arbitrarie (noi italiani dovremmo saprelo bene: uno di bolzano ed un palermitano sono entrambi italiani...): alla fine, c'e` sotto solo l'individuo, con la sua storia...
Ho una figlia che si chiama Emmanuela, con due emme e si incavola come un toro se lo scrivono in modo scorretto. Dagli amici ed in rete si fa chiamare Emmy e così sono tutti contenti.
Capisco la difficoltà a capire e scrivere correttamente il cognome, mia moglie è polacca e puoi immaginare la fatica non solo a fare lo spelling ma a pronunciarlo nel modo corretto... :)
È giusto, a mio parere, non rinnegare le proprie origini, pensa che molti qui in Italia vorrebbero andarsene e non fanno altro che lamentarsi invece di darsi da fare per migliorare un po' le cose.
Stammi bene, Pino
Ciao Emanuela Errico (pronunciamo bene noi italiani, vero?) :)
Condivido moltissimo il tuo post, perché mi ci rivedo praticamente su tutta la linea. Sai che sono due anni ormai che vivo all'estero (svezia, londra) e ora si parte per il terzo giro di giostra ancora in Svezia.
E il senso di spaesamento a causa della pronuncia del nome l'ho provato in maniera proprio identica. Non è difficile da pronunciare, Marco, eppure moltissimi anglofoni strascicano la parte finale come se ci mettessero altre sei "o" e tre "h" alla fine [Marcoooooohhh, how are ya?]
Come diceva Niccolò Fabi, "ho pensato al suono del suo nome / a come cambia in base alle persone". Un'altra cosa, che mi manca molto dell'identità italiana -ci hai mai pensato? Mi manca molto l'arte italiana. Sentire dalla finestra aperta, dalla radio di una casa, una canzone che è un pezzo della nostra storia, o semplicemente del nostro sentire comune. Quello sì, mi manca molto.
Mantenere e non dimenticare mai le proprie radici. Credo tu faccia bene, ma immagino non sia facile confrontarsi con realtà così diverse.
come mi ritrovo nelle cose che hai scritto... io mi sono solo spostata da una regiona all'altra dell'italia, eppure se mi chiedono di dove sono gli dico che sono veneta e non ligure. e guarda caso, mentre prima in casa nn dicevo nemmeno una parola in dialetto, ora al tel con mamme papà mi ritrovo a parlare in dialetto senza nemmeno rendersene conto.
credo sia un misto di "nostalgia" e affermazione di quel che si è. E quello che siamo è dovuto molto alle nostre origini. Tu sei italiana, non texana. stai serena.
dilaudid: a fagiolo proprio
dancin: quello forse si...
markino: si, sono solo etichette, pero' sono una tentazione, semplificano, chiariscono. a un livello completamente superficiale.
pino: e' vero, moltissimi vorrebbero andarsene e a volte il contatto con chi se ne e' andato davvero provoca un certo malessere, una tensione che non mi so spiegare piu' di tanto.
ecce: ci penso sempre. mia sorella fa un lavoro in parte simile al mio legato all'arte, ma su tutt'altro livello. in italia anche chi fa un mestiere completamente diverso ha delle basi e delle curiosita', qui e' raro. manca quella sensibilita' del bello come lo intendiamo noi.
maninaeffe: gia', piu' passa il tempo e meno e' semplice
verde: non mi stupisce perche' mi e' sempre sembrato che magari cambiano le distanze, ma l'esperienza del cambiamento e' sempre la stessa dentro di noi.
Io onestamente quando mi chiedono da dove vengo (se sono in giro fuori Pittsburgh) dico che vengo da Pittsburgh. Non e' in repentaglio la tua italianita' o il tuo essere italiana dire che vieni dal Texas,da Dallas. Onestamente non lo vedo proprio.
Chi per una ragione chi per un altra abbiamo deciso di vivere all'estero...per un tempo breve, lungo o infinito. Chi puo' dirlo.
Ma in questo momento io "vengo da Pittsburgh". Se poi mi fammi notare che ho un accento strano spiego loro che sono italiano, nato in italia e che mi sono trasferito da qualche anno.
Boh...personale
e il passo successivo e' andare nei ristoranti "italiani" dove ti servono il pesto con la panna...
io sono d'accordo con Emanuele. la mia identita' italiana non e' a repentaglio se, quando sono in giro, dico di venire dalla California.
la mia identita' italiana trova sempre il suo modo di uscire, senza che impieghi particolare disciplina. apri la dispensa e ci trovi piu' o meno le stesse cose che ci sono a casa a Roma. bevo caffe' ristretto, capisco la meta' delle battute che richiedono comprensione della cultura americana, e ne faccio alcune che secondo me sono divertenti, ma vengono ignorate per troppa italianita' :)
il pesto con la panna non lo mangio, non perche' e' un'adulterazione americana di una ricetta tradizionale, ma perche' fa schifo.
ma lo so che avete ragione, e' che devo avere proprio un blocco rispetto a questa cosa. se ci pensi non e' solo una questione linguistica, ma ha tante implicazioni almeno per me...boh...
comuqnue la cosa peggiore e' che quel pesto li' non fa schifo, semplicemente non e' pesto, ma qualcuno se lo e' dimenticato il vero pesto
io sono come te ema.
e dico che sono italiana, ma vivo in germania/svizzera. non mi viene proprio da dire altro.
per quanto riguarda il nome, sono un pizzico più fortunata: il mio è un nome corto, abbastanza internazionale. ed in ogni caso per i tedeschi - come per noi - si legge come si scrive, quindi sia il mio nome che il mio cognome non sono mai stati scritti erroneamente.
ma dai, ma sei italiana! un'italiana che vive in texas.
l'identità ci viene attribuita dagli altri nel contesto in cui ci troviamo...
ma non sarò mica troppo seria e profonda??
:) ciao da maria grazia alessandria
I'm from California. :)
No way, Ema.
io so che qui sono di passaggio.
dovessi pure morirci, io sono di passaggio. mentalmente di passaggio.
mi sono arricchita, questo si, ma sono italiana.
valeriascrive
nel mio piccolo quando mi chiedono "di dove sei" io rispondo sempre di Genova, se dico di Milano preciso sempre che sono nata a Genova. Non so come mai non mi sono mai posta il problema, probabilmente è una questione di nostalgia.
se son fuori NY io dico che vivo a NY e sono italiana.
Sul nome, boh, io ci provo sempre, ma ormai ci ho fatto un po' la croce sopra:
Alissia
Aliccia
Alisa
Anita
Alice proprio 'gna fanno.
Al massimo riescono a dire Aliccie.
Io mi giro a qualsiasi cosa cominci per "Al", compreso Allah.
;)
Alice pazientatrice
Chissa` perche` (visto che il nostro Paese sta andando allo sfascio) io ancora con grande orgoglio metto sempre le mani avanti dicendo che sono italiana,anzi preciso, siciliana. Ad ogni modo , noi cittadini del mondo potremmo benissimo dire di avere identita` multiple ma intrise di quella unicita` tutta italiana ...meglio che non mi rileggo...ihihih
un saluto e Viva l`ITALIA :)))
comunque io vorrei precisare solo una cosa: che non e' che non mi piace dire che sono di qui perche' ho qualcosa contro la gente di qui o per una sorta di senso di superiorita' europeo (qui esiste, eccome se esiste!), ma semplicemente perche' mi manda in crisi. perche' so che prima o poi saro' davvero piu' di qui che di li' e non sono ancora pronta a farci i conti.
Se dico che sono Italiana mi dico "Really?"..quasi ci rinuncio..che ne dici?
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