In Italia da qualche anno avevo l'abitudine di trovarmi con un piccolo gruppo di meditazione, qui invece non ho mai fatto nulla di simile e un po' mi manca questa cosa. Cosi' quando l'altro giorno mi hanno dato un volantino per un seminario su una certa tecnica coreana, sono stata contentissima. Il problema e' che non ho capito bene. Mi presento li' sfatta dopo la palestra, perfino con i capelli bagnati -perche' banalmente penso non ci fara' caso nessuno, mica ci si guarda mentre si medita- e tutti gli altri invece sono vestiti decisamente bene. Vengo prontamente accolta da un gentile signore in giacca e cravatta che racconta un po' di questa loro scuola, mi fa accomodare in prima fila e mi invita pure a usufruire del ricco buffet. E cosi' faccio, stavo letteralmente morendo di fame visto che non si medita con la pancia piena.
Poi mi siedo e una signorina comincia il primo di una lunga serie di discorsi introduttivi. In coreano. Siamo in pochi a non avere gli occhi a mandorla. Mi danno degli auricolari, ma anche cosi' e' davvero difficile capirci qualcosa. A quel punto parte un video sempre in coreano dove si vede che tutti erano tristi, poi cominciano a meditare e sono felici. Messaggio chiarissimo. A quel punto, comincio a insospettirmi. Apro il plico che mi ha dato il signore e mi rendo conto dell'equivoco. Il corso si tiene dall'altra parte della citta' e a una cifra esorbitante per me. E menomale che e' un'associazione no-profit. E' tardi, sono stanchissima e voglio andarmene, ma come fare? Sono in prima fila! Allora resto, cerco di essere paziente. Finisce il video e arriva il vero esperto dalla Corea. Si scusa per dieci minuti di orologio perche' non parla inglese. Si scusa perfino in inglese, mandando in evidente stato confusionale la traduttrice. Poi comincia un'introduzione incredibile, in cui per venti minuti non fa altro che ripetere che sta per spiegare qualcosa, che la spieghera' tra poco, che dobbiamo avere la mente aperta, le orecchie aperte, che sta per introdurci all'introduzione del corso introduttivo. Ma io resisto. Decido che oramai voglio sapere questa cosa che ci vuole dire, pero' quando lui comincia finalmente a spiegare questa cosa mi sembra noiosissimo e strampalato, non ce la posso fare. Dopo un'ora, voglio solo andare via. Mi vergogno tantissimo di uscire nel mezzo del discorso, dopo avere anche scroccato una cena, ma non ne posso davvero piu'. Allora con un atto di coraggio che rasenta la temerarieta' mi alzo. Ho in mano il mio piatto vuoto, il plico, la borsa, la giacca, tutto. Cerco di buttare il piatto nel cestino della spazzatura, ma per qualche motivo e' bloccato. Vado in panico. Degli avanzi mi cadono per terra. Una signorina in tailleur grigio viene a aiutarmi. Silenzio. Voglio sprofondare. Il tipo ha smesso di parlare e tutti si sono girati a guardarmi. Nella loro cultura un gesto del genere deve essere terribile, me ne rendo conto, mi scuso, ma lasciatemi andare. Scappo e un'altra signorina cerca di recuperarmi e riportarmi dentro. Costa una cifra, e' a un'ora di strada, ma ne vale la pena, questo il suo argomento.
Svicolo, sorrido e finalmente sono fuori.
7 commenti:
oh mamma che brutta situazione, empatizzo. Io probabilmente sarei morta sulla sedia nell'attesa della fine del supplizio :-)
Aiuto! ...Potevi far finta di andare in bagno e scappare dalla finestra! ;)
Occhio agli apostrofi nei titoli ;)
io ti leggo da tanto ma dopo aver letto questo post non ho piu dubbi: tu sei una persona di una simpatia unica!!!
vedi quando non si rilegge....
grazie miko, come sempre :)
beh non sarà educato... sei uscita in modo un po'... ehm... come dire?... appariscente... sicuramente simpatico... ma hai fatto bene!!! :D
oddio, it can be awkward indeed!
ciao come va? tantissimo che non passo a scrivere sul muro, ma leggo sempre e volentieri.
leggerti mi ricorda anche un piacevole dovere di postare piu' spesso che una volta al mese sul mio blog!
take care!
marco, ecce.
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